Rapporto di Amnesty International sul Kosovo/Kosova: "Minoranze prigioniere a casa propria"



Gent.mi tutti,

vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di
Amnesty International:


Rapporto di Amnesty International sul Kosovo/Kosova: "Minoranze
prigioniere a casa propria"



Grazie per la cortese attenzione

Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:

Ufficio Stampa
Amnesty International
Tel. 06 44.90.224
cell. 348-6974361
e-mail: press at amnesty.it




ALLA CORTESE ATTENZIONE DEL CAPO-REDATTORE ESTERI


COMUNICATO STAMPA
CS 67-2003


RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SUL KOSOVO/KOSOVA: "MINORANZE PRIGIONIERE
IN CASA PROPRIA"


A quasi quattro anni dalla fine della guerra, le minoranze del
Kosovo/Kosova (*) sono ancora a rischio di subire uccisioni ed attacchi a
sfondo etnico: è quanto ha denunciato oggi Amnesty International,
presentando un nuovo rapporto dal titolo "Prigionieri nelle nostre case".

Il rapporto descrive come le minoranze in Kosovo/Kosova non abbiano modo di
ottenere giustizia per gli atti di violenza e le minacce alla propria
integrità fisica e psicologica da loro subiti. L'impunità per questi abusi
dei diritti umani costituisce un effettivo impedimento alla libertà di
movimento e una limitazione al godimento dei diritti fondamentali, come
quelli al lavoro, alla salute e all'istruzione.

"Fino a quando questi diritti non potranno essere garantiti, i rifugiati e
i profughi interni che si trovano all'estero o in altre zone della
Serbia-Montenegro non saranno in grado di rientrare nelle proprie terre" -
ha osservato Amnesty International. "Ora che si sta discutendo sul futuro
dell'Iraq, la comunità internazionale deve tener presente le lezioni del
passato e assicurare l'adozione di misure efficaci per proteggere i diritti
umani dei gruppi vulnerabili e assicurare che non vi sarà alcuna impunità
per gli autori degli abusi dei diritti umani".

Nel suo rapporto, Amnesty International afferma che l'amministrazione
internazionale del Kosovo/Kosova si è trovata impreparata ai massicci abusi
dei diritti umani contro le minoranze, seguiti al rapido rientro della
comunità albanese. Sebbene gli atti di violenza contro le minoranze siano
sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi immediatamente successivi alla
fine della guerra, essi continuano tuttavia ad avere luogo.

Il fatto che in larga parte i reati a sfondo etnico restino impuniti
rafforza la sensazione che i loro autori rimarranno liberi di compiere
ulteriori attacchi e contribuisce ad alimentare un clima di paura.
L'impunità per gli abusi presenti e passati nega alle minoranze del
Kosovo/Kosova i diritti fondamentali garantiti dalle leggi nazionali e
dalle norme del diritto internazionale applicabili in questo territorio.

(*) Tutti i nomi di luogo contenuti in questo comunicato sono scritti in
lingua serba e in lingua albanese.

"Le quotidiane intimidazioni subite da serbi, bosniaci, gorani, rom,
ashkali ed egiziani (**) limitano la loro libertà di movimento. Il timore
di avventurarsi fuori dalle enclavi monoetniche rafforza la percezione di
prigionia e di esclusione e nega alle minoranze il godimento dei
fondamentali diritti umani" - ha aggiunto Amnesty International.
"L'impossibilità di avere accesso a cure mediche adeguate ha determinato un
aumento dei tassi di mortalità e delle malattie all'interno dei gruppi
minoritari. In alcune zone, questi non hanno accesso alle medicine di base".

Nei casi di emergenza, i pazienti devono rivolgersi alla Kfor (la forza
multinazionale a guida Nato presente in Kosovo/Kosova) o recarsi a un posto
di blocco della Kfor e attendere di essere scortati a un ospedale: spesso
questi ritardi hanno conseguenze fatali.

All'interno delle enclavi monoetniche vi è una grande difficoltà di
reperire insegnanti qualificati. Per i bambini che vivono al di fuori di
queste enclavi, andare a scuola spesso significa un viaggio di diversi
chilometri sotto scorta della Kfor. Ad esempio, venti bambini serbi di
Pristina/PrishtinÞ devono recarsi sotto scorta della Kfor a una scuola
elementare di Llapje Selo/LlaplasellÞ, a otto chilometri di distanza.
Un'insegnante delle elementari di Prizren viene presa ogni lunedì mattina
dalla Kfor e accompagnata nel villaggio in cui lavora, dove rimane fino al
venerdì, quando sempre sotto scorta viene riaccompagnata a casa.

L'impiego è a sua volta sottoposto a forti restrizioni. Si calcola che fino
al 90% dei serbi e dei rom siano ufficialmente disoccupati. Nel giugno 1999
tutti i serbi sono stati licenziati dalle industrie statali e dai servizi
pubblici.

In base alla risoluzione 1244/99 del Consiglio di Sicurezza, la Unmik (la
polizia civile delle Nazioni Unite) ha la responsabilità di proteggere e
promuovere i diritti umani. Amnesty International chiede alla Unmik e
all'Istituzione provvisoria di autogoverno di affrontare seriamente il
problema dell'impunità e prendere misure adeguate a proteggere i diritti
delle minoranze che già vivono in Kosovo/Kosova. Queste misure serviranno a
garantire alle minoranze che vivono all'estero o in altre zone della
Serbia-Montenegro l'esercizio del proprio diritto a tornare in
Kosovo/Kosova in condizioni di sicurezza e dignità.

Mentre la possibilità di rientrare continua a dipendere dalla presenza
della Kfor, Amnesty International chiede alla comunità internazionale di
assicurare che nessun membro dei gruppi minoritari sia fatto rientrare con
la forza in Kosovo/Kosova.

(**) I gorani sono slavi musulmani. Gli ashkari e gli egiziani sono
albanofoni musulmani e si considerano gruppi distinti dai rom

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 29 aprile 2003


Il rapporto in lingua inglese, Kosovo/Kosova - "Prisoners on our own
homes", è reperibile sul sito www.amnesty.org

Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
Amnesty International - Ufficio stampa
Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it