(Fwd) A proposito di moratorie, ruolo internazionale e uranio.



Mi pare che questa mail sia più adatta questa lista.
Ciao,
Davide

------- Forwarded message follows -------
Date forwarded: 	Tue, 28 Aug 2001 18:36:41 +0200
From:           	"Tiziana Boari" <tboari at iol.it>
To:             	<pck-armamenti at peacelink.it>
Subject:        	A proposito di moratorie, ruolo internazionale e uranio...lo dicevo nel luglio 1999 !
Date sent:      	Wed, 10 Jan 2001 21:23:33 +0100
Forwarded by:   	pck-armamenti at peacelink.it
Send reply to:  	pck-armamenti at peacelink.it

Vi invio un testo inedito, scritto nel luglio 1999 per l'esame di
abilitazione professionale. E' agli atti ufficiali presso l'Ordine
NAzionale dei Giornalisti. Cosa ne pensate voi ?

Tiziana Boari
giornalista , Roma


TESINA SCRITTA PRESENTATA ALL'ORDINE NAZIONALE DEI 
GIORNALISTI NEL
LUGLIO 1999, PER L'ESAME DI ABILITAZIONE 
PROFESSIONALE,


L'assetto e la ricostruzione della martoriata regione balcanica è in
procinto di essere discusso all'interno di una Conferenza ad hoc che
aprirà i lavori a Sarajevo alla fine di luglio. Il futuro della
Jugoslavia è alquanto incerto, la comunità internazionale (eccetto
l'Italia) appare restia a concedere fondi alla Serbia di Milosevic,
utilizzando lo strumento dell'aiuto umanitario e alla ricostruzione
come uno strumento di pressione politica. Di fatto questa guerra -
niente affatto "umanitaria" e che poteva essere evitata se si fosse
voluto - ha riportato indietro di molti decenni lo sviluppo di un
paese già segnato da molti anni di sanzioni economiche, e sta creando
paradossalmente emergenze umanitarie a catena. In primis, grazie ai
danni provocati all'ambiente che avranno sicure ripercussioni sulla
salute dei rifugiati che tornano, su quella dei militari della Kfor e
del personale civile, governativo e non governativo, operante
nell'area. Il Centro Ambientale Regionale per l'Europa Centrale ed
Orientale (REC), per conto dell'Ufficio XI della Commissione Europea,
ha recentemente pubblicato in un rapporto di "Valutazione dell'impatto
ambientale delle attività militari nel corso del Conflitto in
Jugoslavia" i risultati di una ricerca preliminare eseguita nel mese
di giugno nell'area affetta dalla guerra (Jugoslavia, Macedonia,
Albania, Romania, Bulgaria). Lo studio, reso noto in Italia dal
Ministero dell'Ambiente, tuttavia non fornisce i dati relativi alla
sola provincia del Kosovo. Dati che tuttavia sarebbe importante
conoscere proprio per valutare e affrontare meglio la fase di rientro
dei profughi e di ricostruzione complessiva della regione. A chi
scrive non risulta nemmeno che ci sia stata a tutt'oggi un'iniziativa
in questo senso da parte delle FFAA, solite ad inviare apposite unità
di verifica nucleare-batteriologica e chimica (NBC) nelle aree
destinate ai nostri contingenti militari. Dopo 17.000 attacchi aerei
contro un centinaio di obiettivi industriali nel corso di 78 giorni di
guerra, se i dati relativi al Kosovo fossero analoghi a quelli forniti
sul resto della regione dallo studio della Commissione Europea, ci
sarebbe di che preoccuparsi . Non v'è dubbio che i missili a
perforazione (anticarro) e alcune bombe, in dotazione agli aerei
americani, contenessero uranio impoverito  che, rilasciandosi in forma
di aerosol, si diffonde facilmente nell'ambiente, è radioattivo ed
altamente tossico. Questo, come molti altri composti chimici tossici e
cancerogeni liberati dopo i bombardamenti, potrebbero causare aborti e
menomazioni dei nascituri, affezioni mortali al fegato e al sistema
nervoso . La "sindrome del Golfo" si convertirebbe in "sindrome dei
Balcani" : il problema è chi poi dovrà accollarsene i costi sociali,
dentro e fuori la regione. Da non sottovalutare è anche il massiccio
inquinamento del suolo e delle acque, contaminate - soprattutto quelle
del Danubio in Romania - da metalli pesanti come piombo, stagno,
cadmio. E relativa contaminazione delle colture e dei capi di bestiame
rimasti, in una regione, se i dati dovessero essere confermati anche
per il Kosovo, a prevalente economia agricola. Di cosa dovrebbe vivere
quei 640.000 profughi kosovari tornati a casa negli ultimi giorni ?
Questo si aggiungerebbe ai dati catastrofici forniti recentemente
dall'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, secondo i
quali, su un campione di 141 villaggi su 2000 delle regioni a
maggioranza albanese (perché non esaminare anche quelle a maggioranza
serba ?) risulta distrutto il 64% delle case e inquinato da calcinacci
e chissà cos'altro il 40% delle risorse idriche. Il 76% della gente
ritrova una casa inabitabile o distrutta ed è costretta ad alloggiare
altrove, mentre il 31% denuncia la mancanza di cibo a sufficienza. Di
certo, come sostiene anche il nostro Ministro all'Ambiente Ronchi, la
ricostruzione vera e propria non sarà possibile senza operare prima
una bonifica ambientale, a meno che non si voglia ricadere nell'errore
commesso in Bosnia dove, secondo il ministro, ci sarebbe stata <<una
ricostruzione di facciata e non un risanamento>>. Si allarga così il
nuovo Mezzogiorno di un'Europa che dalla "lezione" balcanica dovrebbe
cominciare ad imparare qualcosa per garantirsi un futuro dignitoso a
livello economico e soprattutto politico. L'Italia poi è la prima a
doversi risvegliare da un sonno non profondissimo, ma pur sempre
micidiale a livello internazionale e in particolare in un'area che,
oltre a essere vicinissima, la vede anche sempre protagonista in prima
linea negli sforzi umanitari tesi a contenere il flusso di profughi
dalle nostre coste, ma mai nelle strategie politiche a medio-lungo
termine. E sono quelle che, a conti fatti, pagano di più, in termini
economici come di credibilità politica internazionale. La
disponibilità del Ministero dell'Ambiente e di enti quali l'Enea nel
fronteggiare l'emergenza ambientale nei Balcani è già stata
ufficialmente dichiarata : vedremo cosa il Governo saprà far arrivare
in porto sul piano internazionale, dopo la clamorosa esclusione dai
due livelli di vertice della missione di governatorato ONU in Kosovo.
Uno smacco che risulta difficile da digerire, dato che lo scotto più
alto in questa guerra è stato pagato dal nostro paese : non
dimentichiamo le bombe scaricate dagli aerei NATO in Adriatico e
scoperte quasi per caso e a loro danno dai nostri pescatori. Eppure in
qualche modo questo trattamento giunge anche meritato : in una
situazione grave come quella verificatasi, non abbiamo avuto il
coraggio di alzare per tempo la testa, affetti come siamo da un
complesso d'inferiorità internazionale, assolutamente fuori luogo per
l'importanza strategica che invece riveste il nostro Paese. Lo scoglio
è forse proprio quello del personale civile e militare da inviare
nelle missioni internazionali : la politica estera comincia anche da
questi livelli.  Cruciale a tale riguardo è la formazione,
l'addestramento, la conoscenza di lingue straniere (ancora molto
carente tra i militari). I civili purtroppo - e la recente e
fallimentare missione di verifica dell' OSCE in Kosovo lo dimostra -
non godono appieno del sostegno della Farnesina, apparentemente
incapace di dare direttive strategiche seppur minime al personale
esterno che invia all'estero e ancora poco trasparente e farraginosa
in tutto ciò che concerne gli strumenti contrattuali da applicare.  A
livello alto, vitale è l'identificazione di interessi nazionali
specifici da perseguire come prioritari senza falsi pudori, con
coerenza e competenza può restituirci un barlume di credibilità
internazionale e negoziale.  E' solo definendo chiaramente i propri
interessi nazionali, con un'identità dai contorni chiari e netti, che
si riesce a far pesare il proprio ruolo e dunque a produrre strategie.
Se non capiremo questo e non lo perseguiremo con coraggio e coerenza,
alla resa dei conti finale neanche la più grande operazione di
solidarietà italica potrà esimerci dall'ingrato ruolo di ultima ruota
del carrozzone internazionale.



------- End of forwarded message -------