pacifisti in Kossovo e Cecenia



From: Servizio Obiezione e Pace <odcpace.apg23 at libero.it>
(Associazione Papa Giovanni XXIII)
Subject: comunicato da Mitrovica e dalla Cecenia della Operazione Colomba
21 febbraio 2000


CONTINUA LA PRESENZA DELLA OPERAZIONE COLOMBA - CORPO CIVILE DI PACE MENTRE
LA STAMPA MANTIENE IL SILENZIO SU QUANTO ACCADE IN KOSSOVO E CECENIA DOVE
LA GUERRA CONTINUA


CECENIA, 21 FEBBRAIO 2000

Andrea Pagliarani (Rimini) e Daniele Aronne (Viterbo) sono in procinto di
spostarsi da Mosca nella regione dell'Inguscezia per visitarei campi
profughi e valutare i bisogni umanitari e i possibili progetti della
Operazione Colomba. Un compito non facile per le difficoltà di accesso alle
vittime frapposte dalle autorità russe e per il rischio di rapimento del
personale umanitario. Ci trasmettono alcuni dati:

Alcuni dati dalle Nazioni Unite:
- Circa 185.000 sfollati in Inguscezia dalla Cecenia;
- Solo nell'area nord della Cecenia ci sono circa 35.000 sfollati di cui
solo 5.000 in campi profughi;
- Lavorano saltuariamente nell'area:  UNHCR (Commisariato Onu per i
rifugiati), ICRC (Croce Rossa Internazionale), WFP (Programma Alimentare
Mondiale) , DRC, UNICEF, UNDP, WHO, Islamic Relief,  CPCD,  Aid,  ACF,
Salvation Army, People in Need Foundation, CARITAS. 

Le grandi ONG  (Organizzazioni Non Governative) finanziate dai governi
occidentali (USA, Francia, Germani e Inghilterra)  non ricevono fondi
perchè dai propri stati viene considerata un'area a rischio troppo elevato
(1.800 rapiti negli ultimi 4 anni) o forse perche' e' meglio cosi'!
Su questa situazione in Italia è il silenzio assoluto e la Camera dei
Deputati italiana ha recentemente approvato il disegno di legge 397 e 398
attinenti alla cooperazione militare tra il nostro paese e la Federazione
russa. Denunciamo il silenzio su questo massacro di cui il nostro paese si
rende complice e ci chiediamo se non esistono popolazioni con diritti di
serie B e popolazioni con diritti di serie A.

Per ulteriori informazioni 03357056512

MITROVICA 21.02.2000


Dopo gli ultimi drammatici avvenimenti di giovedì 3 febbraio 2000, in cui
11 persone hanno  perso la vita e circa 40 persone sono rimaste ferite, la
situazione ed la tensione è rimasta molto tesa. Lo stesso coprifuoco
imposto dal Kfor  per circa dieci giorni, dalle 10 alle 5 del mattino,
stava a testimoniarlo.
Domenica 13 febbraio, verso le 10.30 abbiamo attraversato il ponte piccolo
vicino a Bosniaacka  Mahala, per andare a messa;  per questa domenica
avevamo scelto di non portare gente dalla parte nord per la messa nella
chiesa cattolica  a sud, vista la situazione.
Dopo circa 15 minuti, mentre eravamo a messa, sono cominciati gli scontri a
fuoco in bosniacka mahala, numerosissime le raffiche di mitra e le forti
detonazioni che si sentivano. Qualcosa di grosso era nuovamente scoppiato
nel quartiere.
Appena finita la messa abbiamo cercato di avvicinarci al ponte piccolo,
ovviamente bloccato dalla Kfor, si continuava a sparare, tutta la zona era
assediata dal kfor che rispondeva al fuoco.
Siamo riusciti ad entrare nella zona nord attraverso il ponte principale il
quale non era stato ancora bloccato, più  tardi abbiamo saputo  dai
carabinieri che sui tetti vi erano appostati  numerosi cecchini.
Rientrati nel quartiere abbiamo incontrato la gente che era in una  forte
situazione di panico ci chiedeva cosa sapevamo, cosa avevamo visto;  la
radio e la tv locale dava la notizia che due militari francesi erano stati
feriti gravemente , probabilmente da alcuni albanesi del quartiere di
Bosniacka Mahala.   
Intorno alle due del pomeriggio la città era completamente assediata dal
Kfor e dalla polizia dell'Unmik (missione ONU in Kossovo), che perquisivano
ogni persona che entrava ed usciva dalla città. La tensione era ormai
altissima. La gente albanese era estremamente impaurita. Dicevano che ormai
era arrivato il momento che le ultime famiglie albanesi rimaste a  nord
sarebbero state cacciate con la violenza come era avvenuto circa dieci
giorni prima.
Intorno all'una  del pomeriggio è scattato il piano di evacuazione per le
organizzazioni internazionali residenti a nord.
I nostri padroni di casa hanno cominciato a piangere, la gente per strada
ci chiedeva dove andavamo, cosa gli sarebbe successo.  Nel frattempo
attorno al quartiere si vedevano delle persone armate con le pistole in mano.
E' stato molto difficile scegliere cosa fare: da una parte la gente del
quartiere rimaneva sola, dall'altra non si sapeva che reazioni si sarebbero
potute avere nei nostri confronti. In genere come abbiamo molte volte
sperimentato un presenza internazionale ostacola e impedisce delle azioni
violente, ma chi può prevedere la reazione  di alcune schegge impazzite ed
armate fuori di senno?
Intorno alle quattro è stato diffuso il comunicato del coprifuoco: dalle
sei del pomeriggio alle sei del mattino successivo per per 7 giorni.
Noi tre eravamo convinti che era importante stare affianco alla gente in
questo momento, altrimenti è riduttivo vivere con la gente solo quando
regna la calma.
Scegliendo di rimanere bisognava compiere alcuni passi importanti: far
sapere a quante più persone possibili che noi quella notte saremmo restati
in quel quartiere misto in una casa albanese. Ciò significava comunicarlo
alla kfor ed alla  polizia, ma innanzitutto bisognava comunicarlo a
qualcuno della parte serba.
Appena la gente del quartiere si è resa conto che non andavamo via per
quella notte, ha cominciato a telefonare a casa della Francisca chiedendo
conferma: la Francisca ci ha raccontato che tutti quanti hanno tirato un
sospiro di solievo.
La paura comunque ha fatto da padrona in quella notte, ma la consapevolezza
dell'importanza di restare vicino  a quella gente ci faceva credere che non
sbagliavamo, non eravamo incoscienti nel farlo.  Grazie al coprifuoco ed al
serrato assedio la notte è passata tranquilla, sicuramente qualcuno in alto
ha anche deciso che sarebbe dovuta andare così!

L'indomani la città si svuotava ulteriormente, prevalentemente rimanevano
uomini ed anziani albanesi.  Dal tre febbraio ad oggi circa 1500 persone
albanesi hanno abbandonato la parte nord di Mitrovica. In teoria dovrebbero
esserci ancora 1000 persone di etnia albanese. La pulizia etnica continua.

Sempre  lunedì 14 Febbraio,abbiamo tentato di entrare nel quartiere di
Bosniacka Mahala, ma tutti gli ingressi erano bloccati dai militari
francesi che facevano perquisizioni nelle case alla ricerca di armi, per
noi era assolutamente vietato entrare: probabilmente non dovevamo vedere
alcune cose e parlare con la gente.  Siamo però riusciti ad incontrare
alcune famiglie serbe ed albanesi attorno al quartiere che ci hanno
raccontato i momenti drammatici del giorno precedente: per circa quattro
ore si è sparato, non solo gli albanesi  ed il Kfor ma anche i serbi
appostati con dei cecchini sugli alti palazzi; circa 45 persone albanesi
del  quartiere d B.M. sono state arrestate.


Il martedì successivo (15 Febbraio 2000) abbiamo riprovato ad entrare nel
quartiere, dopo circa un  ora di interrogatorio e di perquisizioni siamo
riusciti ad entrare, ma sempre controllati a vista dai militari che
pensavano fossimo delle spie filo albanesi.
Nel quartiere poca gente era rimasta, la gente ci ha subito accolto bene,
ed ha cominciato a raccontarci la loro versione dei fatti.
Gli spari sono cominciati attorno alle dieci alcuni cecchini serbi hanno
sparato addosso agli albanesi,  alcuni di loro hanno risposto al fuoco,
nel frattempo due militari francesi sono stati feriti, così il Kfor ha
perso la calma ed ha cominciato a sparare ed  a lanciare alcune granate.
Gli stessi serbi si affollavano attorno al quartiere,  gli albanesi
raccontano di avere visto i serbi sparare assieme ai francesi (fatto
gravissimo se fosse vero), questo per più di quattro ore. Negli scontri a
fuoco sono rimasti feriti circa sette persone albanesi  rimaste diverse ore
senza soccorsi.
Verso le sei del pomeriggio il Kfor ha ordinato alla gente del quartiere di
uscire dalle proprie case donne e bambini compresi. Tutta la gente è stata
disposta contro un muro per le perquisizioni personali e per permettere che
i militari entrassero nelle singole case a perquisire. La gente racconta di
essere stata immobile per strada per circa tre ore contro il muro al freddo
con le armi puntate contro mentre i bambini piangevano. Diverse persone
raccontano di un capitano francese che abbia detto: vorrei uccidervi tutti
per quello che avete fatto ( si riferiva ai due militari feriti).
Verso le nove di sera circa 45 persone sono state arrestate, durante questi
giorni sono state rilasciate a piccoli gruppi dopo estenuanti interrogatori.
Tutti raccontano di  soldati inferociti, quasi avessero perso il controllo.
Noi stessi siamo entrati in alcune delle case perquisite dai soldati,
alcune sono state distrutte a colpi di ascia,  rese inpraticabili,
impossibile per la gente poter tornare a vivere se non vengono riparate.

Mercoledi 16 febbraio, nella mattina siamo andati a denunciare quanto
abbiamo visto nel quartiere e quanto ci è stato raccontato ad ECMM (la
missione di monitoraggio della Unione Europea), i quali ci hanno chiesto di
recarci con loro nel quartiere per verificare.
Io (Gianpiero Cofano) sono riuscito ad entrare con la loro auto, mentre
agli altri volontari un militare ha risposto che per la nostra
organizzazione è vietato entrare senza dare alcuna spiegazione.
Gli stessi monitor ECMM coperti di immunità diplomatica e libertà di
accesso in qualsiasi luogo sono stati bloccati per un breve tempo.
Assieme gli agenti dell'ECMM abbiamo dialogato per circa due ore con la
gente; sono state perlustrate le case distrutte nelle perquisizioni e si
sono raccolte le testimonianze di come sono accaduti i fatti, secondo il
punto vista della gente. Questo lavoro è stato fatto incontrando sia gli
albanesi sia i serbi.
Il pomeriggio stesso l'ECMM ha chiesto spiegazioni al Kfor ed invitato il
comandante a recarsi nella zona, nelle case distrutte dai loro uomini per
verificare e riaggiustare le case. Nel frattempo è stato fatto rapporto a
Bruxelles.
Gli stessi ECMM ci hanno chiesto di continuare a collaborare con loro ogni
qual volta vi fossero casi simili. 

Qui la situazione precipita proprio nei momenti più tranquilli. Quando però
la situazione esplode non si limita ad atti di violenza circoscritti bensì
atti di notevole rilevanza e violenza. Per esempio non solo un morto per
volta bensì 10, non una casa  ma dieci da bruciare.

Nella casa dove abitiamo è possibile vedere la televisione italiana ed
anche quella di altri paesi europei. Mentre in altri telegiornali si parla
della situazione del Kossovo sulle emitenti italiane è il silenzio
assoluto. Ci chiediamo perché. Sarebbe importante mantenere una forte
attenzione e presenza civile, diplomatica oltre che militare in questa
area. Non basta inviare missioni militari per avere la pace. La situazione
di Mitrovica ormai lo dimostra.