Notizie Est #289 - Francia/Serbia



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NOTIZIE EST #289 - FRANCIA/SERBIA
10 dicembre 1999
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ANCORA SULL'OPERAZIONE "RAGNO"

[Seguono altri pezzi sull'operazione "Ragno". Il 
primo e' del corrispondente da Belgrado 
dell'agenzia AIM, il secondo e' stato pubblicato 
dal settimanale francese "Rouge" - entrambi gli 
articoli prendono in considerazione i riflessi 
delle rivelazioni nei due rispettivi paesi. 
L'ultimo pezzo contiene brani di un'intervista 
concessa dall'ex dirigente dei servizi segreti 
Spasic al settimanale serbo-bosniaco "Reporter", 
poco prima di essere arrestato ]

SCHELETRI NELL'ARMADIO
di Filip Svarm - (AIM Belgrado, 7 dicembre 1999)

Dopo che e' stata resa pubblica la notizia 
dell'arresto di due poliziotti della Repubblica 
Serba di Bosnia (RS), presunti contrabbandieri 
di denaro con il fine di arrecare danno alla 
moneta jugoslava, il dinaro, Goran Matic, il 
segretario federale per l'informazione e alto 
esponente della JUL, ha reso pubblico 
recentemente un nuovo scandalo spionistico.

Agenti della Sicurezza di Stato del Ministero 
degli interni della Serbia hanno arrestato 
cinque "membri di un gruppo spionistico-
terroristico, facenti parte dei servizi segreti 
francesi, che dopo avere compiuto una serie di 
crimini sul territorio della ex Jugoslavia, dei 
quali e' stato incolpato il popolo serbo, 
avevano in preparazione un attentato contro il 
presidente della Jugoslavia, Slobodan 
Milosevic". All'organizzazione incaricata di 
questo e di altri misfatti, i membri hanno dato 
il nome di "Ragno".

Nella Federazione jugoslava gia' in passato ci 
sono stati grandi scandali spionistici. Il piu' 
noto e' il caso "Opera" del 1992, quando alcuni 
membri della Direzione per la sicurezza 
dell'Esercito Popolare Jugoslavo (JNA) sono 
stati accusati di avere minato il cimitero ebreo 
di Zagabria nel 1991, di preparare un putsch a 
Belgrado e di svolgere attivita' sovversive di 
ogni tipo. Un gran polverone e' stato sollevato 
anche dallo scandalo "Labrador" dello stesso 
anno - ex agenti del controspionaggio infiltrati 
nella polizia croata, scoperti e arrestati per 
poi, dopo uno scambio, essere sospettati a 
Belgrado di essere doppiogiochisti.

Il dossier "Ragno", tuttavia, differisce fin dal 
primo sguardo da tali casi. In primo luogo, e' 
chiaro che "Opera" e "Labrador" avevano come 
fine quello di smontare i Servizi militari nella 
forma in cui erano attivi fino a quel momento, a 
vantaggio della Sicurezza di stato del Ministero 
degli interni della Serbia. L'altra differenza 
consiste nel fatto che nei due casi precedenti 
sono state prima di tutto avanzate delle accuse 
e solo successivamente a esse (e quindi dopo 
l'accettazone o il rifiuto, da parte delle 
persone coinvolte, di collaborare) sono state 
arrestate persone. Con l'operazione "Ragno" le 
cose sono andate in altro modo: sono state 
arrestate delle persone prima che fossero 
avanzate delle accuse in pubblico e l'effettivo 
obiettivo dell'intero scandalo non e' ancora 
chiaro.

Quello che e' chiaro, invece, e' che il 
segretario federale per l'informazione ha aperto 
un armadio pieno di scheletri. Tutto quello di 
cui viene accusato il gruppo "Ragno" - con 
abbondanza di dati imprecisi - e', almeno per 
quanto riguarda l'ex Jugoslavia, effettivamente 
accaduto in un modo o nell'altro: il noto 
criminale di Sarajevo e comandante di forze 
paramilitari Juka Prazina e' stato 
effettivamente ucciso in Belgio; membri 
dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia, 
e piu' in concreto la sua 10a unita' di 
sabotaggio della quale facevano parte i cinque 
accusati, hanno davvero compiuto crimini di 
guerra a Srebrenica; veterani serbi, tra i quali 
i "ragni" arrestati, hanno davvero partecipato 
come mercenari nella guerra civile nello Zaire; 
il Tribunale dell'Aja, da parte sua, ha accusato 
il vertice politico-militare-di polizia della 
Serbia e della Federazione jugoslava di crimini 
di guerra in Kosovo dove, effettivamente, nel 
corso dell'ultima guerra si trovavano anche il 
quintetto della "Ragno"... Tutti i fatti citati 
sono anche ben noti all'opinione pubblica. Il 
segretario Matic si attende evidentemente che 
sulla base di cio' venga creduta sulla parola 
anche la tesi dell'attentato preparato contro 
Milosevic, cosi' come il fatto che gli arrestati 
abbiano fatto tutto questo seguendo i piani 
della DST (Difesa Territoriale francese).

Ma qui si nasconde il maggiore problema 
dell'intero scandalo. Jugoslav Petrusic, Milorad 
Pelemis, Slobodan Orasanin, Rade Petrovic e 
Branko Vlaco, anche se si trovano dietro le 
sbarre, non sono personaggi qualunque. Hanno 
preso parte alle guerre in Croazia, in Bosnia, 
nello Zaire e in Kosovo. Petrusic e' un ex 
membro della Legione straniera, capitano di 
riserva di 1a classe dell'Esercito jugoslavo, a 
quanto pare per propria ammissione legato alla 
DST, un esponente molto importante di Palma 1992 
e come tale esperto internazionale nel campo 
della guerra e delle armi, come dimostrato anche 
dal "caso" Zaire. Pelemis e' ancora piu' noto: 
ex caporal maggiore del JNA, come membro 
dell'unita' antiterrorismo della brigata di 
Guardia del JNA ha combattuto a Vukovar, e' 
stato comandante della 10a unita' di sabotaggio 
dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia 
(VRS) e come tale e' stato accusato da Drazen 
Erdemovic, che ora e' in prigione dopo una 
sentenza del Tribunale dell'Aja, di avere 
partecipato a crimini contro la popolazione 
civile musulmana nel villaggio di Pilica nel 
1995. Orasanin, da parte sua, si e' dimostrato 
come ingegnere un ottimo esperto in armi 
(specialita': silenziatori), e' stato presidente 
della sezione locale del Partito Socialista 
Serbo a Cerak, capo della riserva dell'Esercito, 
membro dell'Associazione dei combattenti 
dell'ultima guerra. Petrovic da ragazzo e' 
diventato combattente nel VRS, e' stato ferito e 
decorato cinque volte, mentre Vlaco durante la 
guerra in Bosnia era direttore della prigione di 
Vogosca.

Dal fango della Slavonia, attraverso le gole 
bosniache e l'ambiente malarico del fiume Congo, 
fino ai polverosi altopiani del Kosovo, il 
percorso di guerra, l'identita' e le azioni di 
queste persone non possono essere passati 
inosservati. E, quel che e' ancora piu' 
importante, quello di cui Matic le accusa non e' 
che hanno lavorato semplicemente per iniziativa 
privata e seguendo il libero arbitrio. Se 
Petrusic ha fornito la propria assistenza 
nell'uccisione di Prazina per conto della DST, 
nel corso delle indagini sara' importante sapere 
con chi egli ha lavorato dalla parte serba 
quando da Sarajevo assediata faceva fuggire 
serbi contro il pagamento di denario e forniva 
servizi di tutti i generi ai "comandanti" della 
Repubblica Serba di Bosnia (RS) e alla Serbia.

Ovvero: Matic, dice che la 10a unita' di 
sabotaggio era fuori dal controllo del VRS; 
durante il periodo della sua esistenza, era come 
formazione sotto il comando diretto del settore 
informazioni dello Stato maggiore del VRS. Ora 
sarebbe interessante potere confermare come e 
chi e' responsabile del fatto che delle azioni 
dei sabotatori non abbiano deciso il generale 
Tolimir e il colonnello Salapura insieme ai 
colleghi da questa parte della Drina (i contatti 
non sono mai stati interrotti), bensi' qualche 
loro collega francese. Anche in Zaire non e' 
andata proprio come si vuole fare credere: i 
mercenari (sia quelli dalla RS che quelli dalla 
Serbia) si riunivano nell'albergo "Turist" di 
Belgrado, si sono messi in viaggio con 
passaporti della federazione jugoslava partendo 
dall'aeroporto di Surcin; cosa dire poi del 
fatto che nell'esercito di Mobutu sono state 
viste numerose dotazioni militari serbe - dalle 
uniforme, agli AK-47, ai mortai, fino agli aerei 
"Jastreb"? I responsabili delle indagini si 
interesseranno anche di questo?

Infine, tutti e cinque gli arrestati sono stati 
in Kosovo, come volontari, durante l'ultima 
guerra, secondo le parole di Matic per 
venticinque giorni e solo quando hanno visto che 
di quello che volevano fare non riuscivano a 
ottenere nulla - dalla liquidazione del 
comandante dell'UCK Remi fino ai saccheggi 
incontrollati - hanno abbandonato il teatro di 
guerra e sono tornati tranquilli a casa. Per il 
tribunale si tratta di un fatto davvero 
interessante: volontari che vanno e vengono 
quando piu' fa loro piacere, oltretutto spie, e 
i comandi responsabili, chissa' perche', se ne 
stanno benevolmente a guardare il tutto.

[...] Il vero significato dell'operazione 
"Ragno" deve essere cercato sulla scena interna. 
Abbondano infatti i dettagli e i fatti che 
possono coinvolgere personalmente - molto, molto 
personalmente - alcune persone dei Servizi e 
della vita politica serba. Per esempio coloro 
che hanno formato svariate unita' paramilitari 
serbe, che le hanno sponsorizzate e le hanno 
inviate a svolgere missioni che ufficialmente 
non sono mai esistite. Cosi' come coloro che 
attraverso persone simili a quelle del gruppo 
"Ragno" hanno svolto per conto della 
nomenklatura al potere ogni tipo di lavoro che 
in nessun modo poteva rientrare nell'ambito 
delle istituzioni e del normale diritto.

La vita politica in Serbia sembra in preda alla 
letargia, se la si guarda superficialmente. 
All'interno non vi sono forti agitazioni. Ma una 
parte del regime, come la forte Direzione della 
Sinistra Jugoslava (JUL) e tutti gli altri che 
sono fortemente legati alla Famiglia al potere, 
prepara una "rinascita" alla propria maniera. 
Per conseguire tale obiettivo, e' necessario 
fare pulizia; prima di tutto tra le proprie 
fila, in modo da potere passare con efficacia a 
tutti gli altri. In un tale contesto, bisogna 
liberarsi sia delle proprie zavorre incapaci e 
pusillanimi che di tutti coloro che in varie 
istituzioni e Servizi, ma anche al di fuori di 
essi, minacciano di rendere impossibile o di 
sabotare l'operazione. I motivi sono nelle 
divergenze con i massimi vertici in merito a 
tutta una serie di importanti decisioni 
politiche, come quelle riguardanti le modalita' 
di risoluzione della crisi del Kosovo o i 
conflitti di interesse causati dall'aumento del 
potere e dal modo di agire dei partner di 
coalizione nel governo e altro ancora.

Se per arrivarci e' necessario aprire un armadio 
pieno di scheletri, verra' aperto - naturalmente 
facendo bene attenzione e con grande prudenza. 
Dopo di che, nuove persone che non sono 
collegate direttamente a questi scheletri, e che 
sono giovani, ambiziose e obbedienti, 
prenderanno il controllo dei Servizi e delle 
istituzioni ormai ripuliti e faranno le stesse 
cose che facevano i loro predecessori. Per 
ottenere tutto questo difficilmente si puo' 
trovare qualcosa di meglio di un buon complotto 
spionistico che arriva fino alla preparazione di 
un attentato al presidente della Repubblica, del 
maggiore Partito e Comandante supremo 
dell'Esercito.


LA FRANCIA DALL'AFRICA AI BALCANI

Il settimanale francese "Rouge" del 2 dicembre riprende le notizie riportate 
dalla stampa francese e internazionale sull'utilizzo da parte della Francia dei 
servizi dei criminali di guerra serbi, in Bosnia come nello Zaire, individuando 
nei massimi vertici francesi i responsabili di questi fatti: "Per stabilire le 
responsabilita' bisogna condurre inchieste presso gli ufficiali francesi che 
sono passati dalla Bosnia, al Rwanda, dallo Zaire al Kosovo, abituati a 
utilizzare questo tipo di supplettivi e i loro commando per operazioni 
'speciali'. [...] Bisogna indagare anche presso gli habitue' delle reti che si 
trovano ai crocevia dei servizi speciali, degli affari mafiosi, dei servizi per 
la Elf e simili, del mondo politico. I piu' conosciuti: Pasqua, capo dei 
gorilla del Sac, diventato ministro dell'interno e quindi della DST; il suo 
amico Mobutu gli ha chiesto di reclutare dei mercenari e il suo fedele alleato 
Marchiani, ex prefetto del Var, ha attivato la sua filiera serbo-bosniaca per 
rafforzare, nello Zaire, altri mercenari della banda di Bob Denard, sempre "al 
servizio della Francia", e delle reclute del DPS del Fronte Nazionale, il tutto 
inquadrato da militari francesi. [...] Ma la responsabilita' prima e' 
dell'Eliseo. Questo inverosimile intreccio serbo-zairese, organizzato dalla 
cellula africana dove regnano Foccart e il suo vice Wibaux, non puo' essere 
stato concepito senza il semaforo verde del presidente Chirac. Jospin ha 
evidentemente messo fine alle sue velleita' di cambiare la politica estera dei 
suoi predecessori. C'e' ancora, all'interno della "sinistra plurale", un numero 
sufficiente di deputati che abbiano il coraggio di esigere una vera commissione 
di inchiesta e la fine dell'impiego, da parte dello Stato francese, dei servizi 
dei criminali di guerra?"


IL CANTO DEL CIGNO DEI SERVIZI SEGRETI
intervista a Bozidar Spasic, a cura di Milan Radonjic ("Reporter", 1 dicembre 
1999)

[Il settimanale serbo-bosniaco "Reporter" ha pubblicato, nell'ambito del suo 
servizio sull'operazione "Ragno", una breve intervista a Bozidar Spasic, ex 
dirigente dei servizi segreti serbi (SDB) e successivamente detective privato. 
Il 30 novembre (evidentemente dopo l'intervista concessa a "Reporter"), Spasic 
e' stato arrestato per "diffusione di notizie false" in seguito alla 
partecipazione a una trasmissione della televisione privata di Belgrado "Studio 
B", controllata dal partito di Draskovic, nella quale egli ha denunciato i fini 
propagandistici interni della teoria del complotto costruita intorno al gruppo 
"Ragno". Riportiamo qui sotto, a titolo documentativo, alcuni brani di tale 
intervista]

"Il ministro dell'informazione Matic afferma che ai nostri servizi di sicurezza 
e' riuscito qualcosa che da 50 anni non riescono a fare i servizi segreti 
inglesi, tedeschi e americani. Il Mossad israeliano da anni da' la caccia a 
tali gruppi organizzati e quando riesce a catturare anche solo un pesce piccolo 
lo considera come un enorme successo", afferma Bozidar Spasic, ex dirigente dei 
Servizi segreti serbi. "Reporter": Perche' e' difficile arrestare in un solo 
colpo un tale gruppo di professionisti? Spasic: Secondo le norme di lavoro dei 
servizi, e loro a quanto si dice lavoravano come membri di servizi, e' 
assolutamente impossibile, perche' un gruppo di attentatori non e' mai compatto 
su un terreno circoscritto. Quando si organizza un attentato, in particolare a 
un capo di stato, che e' un passo enorme per qualunque servizio segreto, si 
scelgono dei professionisti che fino a quel momento non hanno mai lavorato 
insieme e non si conoscono. Tanto meno conoscono l'uno dell'altro, tanto piu' 
si e' sicuri. Li si tiene a disposizione in appartamenti sicuri e li si 
mobilita immediatamente prima dell'inizio dell'azione. [...] L'arresto 
dell'intero gruppo sarebbe possibile solo nel caso in cui venissero presi tutti 
al momento dell'azione, con i fucili e gli esplosivi in mano, di fronte allo 
stesso presidente. Ci troviamo di fronte a un'enorme montatura che serve a 
spiegare tutto, il Montenegro, la Repubblica Serba di Bosnia, la Francia e 
quasi l'intero mondo. "Reporter": Quando un grande servizio segreto vuole 
uccidere qualcuno, come organizza la cosa? Spasic: La pianificazione di un 
attentato sottintende un approccio all'azione del tutto diverso da quello che 
ci viene raccontato, e nei fatti non e' mai possibile arrivare a informazioni 
del tipo di quelle che Matic cosi' spensieratamente ci serve. Ogni uomo 
coinvolto nell'azione viene separato con una barriera informativa dagli altri, 
e' una regola fondamentale. [...] Ogni servizio si sforzerebbe di ridurre al 
minimo il numero delle persone a conoscenza dei dettagli dell'azione. [...] 
"Reporter": Ci si puo' attendere qualche reazione della polizia segreta 
francese, se si tiene conto che i servizi segreti serbi hanno ai tempi avuto 
buoni rapporti con i francesi? Spasic: E' una cosa non seria e nei confronti 
della polizia francese piu' che dannosa. Vuol dire letteralmente tagliare gli 
ultimi ponti con il resto del mondo. Andra Savic, funzionario dei servizi 
segreti, e addirittura lo stesso Jovica Stanisic [per lungo tempo capo dei 
servizi segreti, rimosso con le "purghe" 
dell'autunno 1998 - N.d.T.] hanno viaggiato alla 
fine degli anni '80 in Francia, dove sono stati 
accolti con tutti gli onori. Lo stesso Milosevic 
ha chiesto che il nostro nuovo servizio di 
sicurezza, dopo la dissoluzione di quello 
federale, venisse formato sul modello francese. 
I nostri uomini sono rimasti quasi quattro mesi 
presso la polizia francese, dalla quale sono 
tornati con documenti e istruzioni sulle 
modalita' operative dei servizi di informazione 
e di sicurezza pubblica. Se osservate la nostra 
polizia, vedrete che e' ricalcata sul modello 
francese, anche se in versione balcanica. [...]


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