Jugoslavia: Danubio ultimo ponte



Da "Il Manifesto" del 17 novembre
DOPOGUERRA 
I FRUTTI VELENOSI DELL'EMBARGO

Danubio ultimo ponte

La principale via fluviale di comunicazione tra i Balcani e la Mitteleuropa 
paralizzata dalle macerie della guerra e dalle sanzioni. Ma il fronte filo-
Nato scricchiola 
- LORIS CAMPETTI - DI RITORNO DA BUCAREST 


Quando gli aerei della Nato centrarono ripetutamente il petrolchimico di 
Pancevo con le bombe umanitarie, gli abitanti di Timisoara e della regione 
del Banato non ebbero bisogno di leggere il giornale per sapere quel che 
era successo: una terrificante nube chimica portò in città la notizia dei 
bombardamenti e rimase nei cieli rumeni per giorni e giorni prima di essere 
spazzata via dal vento. Ci furono manifestazioni in città e nella regione 
dove i molti serbi che vivono nel Banato si mescolarono nei cortei ai 
rumeni preoccupati dall'effetto guerra sul loro paese. Quella nube e le 
acque del Danubio che in Serbia sono state violentate dai resti chimici dei 
missili intelligenti sulle fabbriche, hanno avvelenato le campagne della 
zona di confine tra la Romania e la mini-Jugoslavia.

E' difficile avere dati precisi sul disastro ambientale, nessuno ha 
interesse a parlarne per evitare tensioni sociali, tanto in Serbia quanto 
in Romania. Ma basta vedere lo stato della frutta e della verdura nelle 
campagne rumene bagnate dal Danubio per intuire una realtà nascosta 
persino 
dai contadini del Banato che temono di non riuscire più a vendere i miseri 
prodotti del loro lavoro. Solo dopo qualche bicchierino di grappa trovi 
qualcuno disposto a sfogarsi al mercato di Timisoara: "Li vedi quei cavoli? 
Dopo la guerra nascono di un colore giallastro mai visto e non diventano 
più grossi di una patata. Ti sembra normale?".

La guerra divide, è persino banale ricordarlo. Ma la guerra contro la mini-
Jugoslavia divide forse più di tutte le altre guerre. Il bombardamento dei 
ponti sul Danubio ha spezzato la circolazione delle merci - e degli uomini 
- tra la Bulgaria, la Romania, la Serbia, l'Ungheria, la Slovacchia e 
l'Austria. La via fluviale più importante del continente che lega economie, 
lingue, culture e storie dei Balcani a quelle dell'Europa centrale è stata 
ferita a morte e la circolazione è interdetta dalle macerie dei ponti. Una 
buona parte della flotta rumena, per esempio, è bloccata in Serbia, vicino 
al confine, non può salire né scendere. E il resto della flotta che è in 
Romania, naturalmente non può risalire il fiume per raggiungere la mittel-
Europa a causa degli stesso ostacoli. E così, in un paese che negli ultimi 
mesi ha visto scendere in piazza per le ragioni più diverse tutti gli 
strati sociali, ora tocca agli armatori l'onere di vestire i panni dei 
contestatori: chiedono al governo di centrodestra di Radu Vasile di fare 
pressione sull'Occidente e sulla Nato perché cessi, o comunque si 
ridimensioni l'embargo contro la Jugoslavia per consentire la liberazione 
del Danubio e la ricostruzione dei ponti. Soltanto così il Danubio potrà 
tornare a unire i paesi che la guerra ha diviso. E questo non è un problema 
che riguardi soltanto i serbi e i rumeni: è di pochi giorni fa il voto dei 
parlamenti di Praga e di Bratislava per chiedere ai rispettivi governi di 
battersi per la "liberazione" del Danubio.

I parlamenti premono ma i governi asserviti alla Nato fanno orecchie da 
mercante. Anche se, ultimamente, la pressione che arriva dalle direzioni 
più diverse comincia a scheggiare le subalterne certezze filo-atlantiche. 
Seppure con diplomazia e molti distinguo, persino il ministro rumeno 
dell'economia, Radu Berceanu, comincia a a vacillare. Quando gli abbiamo 
domandato come pensa di muoversi il suo governo rispetto alle 
rivendicazioni degli armatori, nonché degli operai portuali e dei 
naviganti, ci ha risposto: "La navigazione sul Danubio è stata bloccata dal 
bombardamento dei ponti, è vero. Ma in Jugoslavia esistono canali 
alternativi per la circolazione fluviale che aggirano gli ostacoli. Il 
fatto è che a decidere chi può passare e chi no attraverso quei corsi 
d'acqua navigabili è Milosevic e Milosevic le navi rumene non le lascia 
passare". Per quale ragione? "Perché Belgrado - risponde il ministro - ha 
deciso di farcela pagare per la nostra fedeltà atlantica: prima durante e 
dopo i bombardamenti il governo rumeno ha sempre rispettato le decisioni 
della Nato, noi l'embargo l'abbiamo fatto sul serio, mica come gli altri 
paesi confinanti con Belgrado. E ora, per ricatto, alle nostre navi è 
interdetta la circolazione in Jugoslavia, con gli effetti economici che si 
possono immaginare". Dunque, ministro, è tutta colpa di Milosevic e voi non 
farete alcun passo con l'occidente per sbloccare la circolazione sul 
Danubio? "Non dico questo, credo che i paesi occidentali debbano togliere 
ogni arma di ricatto dalle mani di Milosevic favorendo la liberazione del 
corso del Danubio".

C'è del vero nelle parole diplomatiche ma inequivocabili del ministro 
Berceanu: ormai è acquisito che l'embargo rafforza Slobodan Milosevic 
mentra piega il popolo serbo e lo riduce alla fame. L'odio contro un 
Occidente che continua a uccidere persone colpevoli solo di essere 
tiranneggiate da Milosevic, fa terra bruciata delle opposizioni. E l'uomo 
di Belgrado si fa applaudire tagliando il nastro con cui inaugura i primi 
ponti ricostruiti sulla Sava e sul Danubio.

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Davide Bertok 
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"Tutto quello che vi hanno detto è falso! Vi hanno sempre mentito. I
ricordi, le sensazioni, gli avvenimenti, la storia passata, presente e
futura... Tutta la vostra vita è una menzogna.
Dovete svegliarvi dal torpore ipnotico in cui giacete fin dalla nascita;
dovete conoscere e accettare la realtà. Farlo vi costerà, tutto ha un
prezzo, in questo caso è molto elevato. Siete disposti a pagarlo? Avete il
coraggio di ingoiare la vostra pillola rossa e di divenire finalmente
liberi?" Morpheus - Matrix