Il peso delle parole



Il peso delle parole

La parola ha un peso. Non è mai leggera, non è mai un arredo. Una volta detta, una parola si fa strada nella mente, produce un pensiero, diventa azione. Le parole pronunciate non tornano indietro. Mai vista una parola ritornare nella gola di chi l’ha pronunciata o nelle dita di chi l’ha scritta. La forza delle parole è innegabile. Sta a noi non mettere la parola a servizio di quello che in Guerre Stellari era il lato oscuro della forza.

Purtroppo in Italia il lato oscuro è alimentato fino all’ingrasso. Un esempio? Le sconsiderate reazioni dell’esponente della Lega Salvini dopo i fatti di Via Padova a Milano. Dopo la rissa tra maghrebini e latinoamericani (a seguito dell’omicidio di un ragazzo egiziano) la dichiarazione del Salvini è stata «rastrelleremo casa per casa» riferito agli immigrati. In una situazione delicata in cui serviva il buonsenso, si è invece usata la parola «rastrellamento». Poi è stata smentita. Ma il guaio è stato fatto lo stesso. Nessuno potrà cancellare quella parola. È stata pronunciata, sentita, sdoganata. E il passo dalla parola alla tragedia, dalla parola al campo di concentramento è breve.

Questo genere di dichiarazioni non devono essere mai prese alla leggera, nascondono un abisso. Gli italiani dovrebbero essere i primi a indignarsi e a pretendere il rispetto per chi è morto a causa di quella parola. Vi faccio un esempio. Roma un sabato mattina di Ottobre, per gli ebrei è una doppia celebrazione il tradizionale Shabbat e il Succot, la festa del Pellegrinaggio. Siamo nel 1943. Alle 5.30 però gli abitanti del ghetto e non solo loro vengono arrestati. Molti saranno caricati sui treni per Auschwitz. Dovremmo rispettare i morti, dovremmo ricordare il passato, dovremmo non blaterare più parole a vanvera, mai più parlare di rastrellamenti.

 
17 febbraio 2010