Africa-Obama, AMREF: «Bene il riferimento del presidente degli Stati Uniti alla salute, ma gli slogan non bastano» (comunicato stampa)



AFRICA, AMREF: «BENE IL RIFERIMENTO DI OBAMA ALLA SALUTE, MA GLI SLOGAN NON BASTANO»

Roma, 12 luglio 2009 - Nel discorso pronunciato ad Accra, Barack Obama ha detto che «il futuro dell'Africa spetta agli africani». E’ il messaggio che AMREF ripete da sempre, per sottolineare la necessità di affrontare i grandi problemi con cui deve misurarsi il continente con soluzioni elaborate a livello locale – attraverso il pieno e diretto coinvolgimento della società civile e delle comunità africane – e non con ricette calate dall’alto. Non esistono, infatti, soluzioni valide per qualsiasi contesto, ma sono le caratteristiche di ciascun contesto a determinare quale sia la soluzione migliore da adottare. Questa regola vale soprattutto per i progetti di sviluppo sanitario in Africa, che sono destinati al fallimento se non tengono conto delle peculiarità dei territori in cui devono essere realizzati.

È significativo anche che il presidente degli Stati Uniti abbia dedicato un passaggio del suo discorso in Ghana proprio alla salute in Africa. Per Obama «negli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi. E' cresciuto molto il numero delle persone affette da Hiv/Aids che riescono a condurre una vita attiva e ricevono i farmaci di cui hanno bisogno. Ma troppi ancora muoiono per malattie che non dovrebbero essere mortali. E' necessario che i singoli africani facciano scelte responsabili per impedire il diffondersi della malattia. L'America sosterrà questi sforzi, perché quando un bambino ad Accra muore di una malattia che si poteva prevenire, tutti noi, in ogni parte del mondo, ne veniamo screditati».

Le scelte responsabili dei singoli africani, però, sono destinate al fallimento in assenza di scelte responsabili da parte dei governi, a partire da quelli dei Paesi più ricchi. Il tema della salute in Africa, invece, è stato sostanzialmente ignorato dal G8 dell’Aquila, rispetto al quale il presidente Obama e gli altri leader dei Paesi più industrializzati del mondo non sono andati oltre le consuete dichiarazioni di principio, evitando accuratamente di assumere impegni concreti e vincolanti. «Il vertice – commenta Giulia De Ponte, responsabile advocacy di AMREF Italia – non ha prestato adeguata attenzione all’enorme domanda di salute che viene dalle comunità africane. Il comunicato finale del G8 su Sviluppo e Africa ha toccato temi sanitari rilevanti, come la grave carenza di personale sanitario e la necessità di un rafforzamento dei sistemi sanitari, che sono tra i maggiori ostacoli alla realizzazione degli Obiettivi del Millennio relativi alla salute, sui quali il G8 si è più volte impegnato. Ma ancora una volta non si è passati dalle parole ai fatti. Non c’è traccia, per esempio, di un piano di esborso dei 60 miliardi di dollari che dovrebbero essere versati entro il 2011 per le principali malattie infettive e per il rafforzamento dei sistemi sanitari, come annunciato al G8 di Heilegendamm del 2007 e ribadito al summit di Tokyo l’anno scorso».

L’impatto della crisi economica globale nei paesi del Sud del mondo rischia di essere catastrofico se i governi dei Paesi ricchi non contribuiranno a rafforzare i sistemi sanitari, inclusi i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, e a combattere le pandemie. Per evitare una crisi sanitaria che minerebbe non solo il fondamentale diritto alla salute, ma anche la crescita economica dei Paesi più poveri, è assolutamente necessario sostenere i sistemi sanitari pubblici. L’indicatore di 2,3 operatori sanitari ogni mille abitanti incluso nel Comuniqué del G8 di un anno fa è ancora lontanissimo: per coprire l’attuale carenza di 1,5 milioni di operatori sanitari, nel prossimo decennio servirebbero altri 26,4 miliardi di dollari solo per la formazione di personale nell’Africa Sub-Sahariana.

«L'Africa deve sostenere il peso del 24 per cento delle malattie globali, ma ha solo il 3 per cento del personale sanitario mondiale, pagato con meno dell'un per cento del budget globale per la salute – precisa De Ponte – E ogni anno il continente perde ventimila tra medici e infermieri specializzati che decidono di emigrare nei Paesi ricchi del nord, attratti dalla prospettiva di migliori condizioni di vita e di lavoro. Per frenare questa emorragia di risorse umane qualificate, che comporta un costo altissimo per il continente dal punto di vista economico e ancora di più in termini di mancata assistenza sanitaria alla popolazione, sarebbe necessario investire nella formazione di personale sanitario nei Paesi di destinazione. Il G8, invece, ha riproposto l'idea di codici di condotta volontari per regolare le assunzioni nel personale sanitario. Nessun impegno concreto per frenare davvero la fuga dei cervelli dall'Africa».

Altrettanto sbalorditivo è il trattamento riservato al Fondo Globale contro Aids, tubercolosi e malaria, un meccanismo di finanziamento della lotta contro le tre pandemie lanciato proprio dal precedente G8 italiano – quello di Genova del 2001 – che fino a oggi ha salvato la vita a tre milioni e mezzo di persone. «Il comunicato su Sviluppo e Africa del G8 – spiega Victoria Kimotho, coordinatrice internazionale advocacy di AMREF – riconosce il ruolo fondamentale che il Fondo Globale ha assunto in questi otto anni di vita, diventando il primo strumento di finanziamento di programmi contro l’Aids, e invita il Fondo a continuare a sostenere i sistemi sanitari nei Paesi in via di sviluppo. In nessun punto, però, si fa riferimento al gap di risorse, pari a circa tre miliardi di dollari, cui il Fondo deve fare fronte per finanziare programmi per il 2009 e il 2010. Ci sono programmi già approvati e in attesa di essere avviati che, senza un esborso aggiuntivo da parte dei donatori, rischiano di rimanere solo sulla carta. L’unica nota positiva è la dichiarazione con cui il presidente Berlusconi all'Aquila ha annunciato il versamento al Fondo dei 130 milioni di euro di quota italiana per il 2009, con l’aggiunta di 30 milioni di dollari per fare fronte all’attuale gap dei finanziamenti».

A dispetto degli «enormi progressi» in campo sanitario di cui ha parlato in Ghana il presidente degli Stati Uniti, resta enorme anche il divario tra i Paesi del Nord e quelli dell’Africa Sub-Sahariana, dove 1,9 milioni di persone sono state infettate dal virus dell’Hiv nel solo 2007, portando a 22 milioni il numero dei malati della regione. Qui il virus ha reso orfani quasi 12 milioni di bambini di età inferiore ai 18 anni e il tasso di mortalità infantile è pari al 49% di tutti i decessi registrati nel mondo: in media un bambino su sei muore prima di aver compiuto cinque anni. Nell’Africa Sub-Sahariana una donna su 22 muore a causa dei problemi legati direttamente alla gravidanza o al parto e in Niger la probabilità sale a una donna su sette, mentre nei paesi industrializzati perde la vita per complicanze ostetriche una donna su 7.300 e in Svezia una su 17.400.

Nel novembre scorso AMREF ha accolto con entusiasmo l'elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, simbolo di speranza e di riscatto per milioni di giovani africani, che per la prima volta hanno creduto davvero di potersi costruire un futuro migliore. L’esito deludente del G8 conferma, però, che i simboli e gli slogan non bastano se non sono supportati da politiche di sviluppo e finanziamenti all’altezza della situazione.

AMREF, fondazione africana per la medicina e la ricerca, è stata fondata a Nairobi nel 1957. Oggi impiega in Africa oltre 800 persone, per il 97% africani, e gestisce circa 140 progetti di sviluppo sanitario in sei paesi (Etiopia, Kenya, Sudafrica, Sudan, Tanzania e Uganda). Il network internazionale di AMREF è composto da 12 sedi in Europa, Stati Uniti e Canada. AMREF Italia ha due sedi a Roma e a Milano. 

Ufficio stampa AMREF Italia – Simone Ramella
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