Zona rossa, cella numero 2



Era da dieci giorni nel centro di permanenza Brunelleschi
Il prefetto: "È deceduto per malattia, aveva la polmonite"
Immigrato muore nel cpt di Torino
I compagni: "Non è stato soccorso"
di NICCOLÒ ZANCAN

Il nuovo Cpt di Torino
TORINO - Per indicare il punto esatto in cui è successo, i ragazzi
magrebini dietro alle sbarre, passandosi un telefonino di mano in mano,
spiegano: "Zona rossa, cella numero 2". Lì, ieri mattina alle 8, è stato
trovato morto Hassan Nejl, nato Casablanca il 27 marzo 1970, trattenuto da
dieci giorni al Cpt con un decreto di espulsione firmato dal questore di
Padova. "Era nel suo letto con la schiuma alla bocca - raccontano -
abbiamo urlato tutta la notte per chiamare i soccorsi, ma non è venuto
nessuno. L'hanno trattato come un cane".

Di sicuro non poteva esserci inaugurazione più tragica per il nuovo Centro
di permanenza temporanea di Torino. Stessa area, ma ingresso diverso su
via Mazzarello. Costato 12 milioni di euro per la prima metà dei lavori,
in muratura, più civile e più sicuro, nelle intenzioni della Prefettura,
era entrato in funzione in gran segreto lunedì mattina. Doveva essere un
periodo di rodaggio. Sessanta persone trattenute, che diventeranno 130 a
lavori ultimati. Ma dopo cinque giorni è successo quello che non era mai
capitato nei nove anni di gestione precedente.

Il prefetto Paolo Padoin è stato avvisato quasi subito: "I primi riscontri
hanno stabilito che quel ragazzo è morto per una malattia - spiega - forse
una polmonite. So che era stato visitato da un medico della Croce Rossa
nel primo pomeriggio di venerdì. Se ci fossero state davvero delle
omissioni di soccorso durante la notte, ma è un fatto ancora tutto da
accertare, toccherà alla magistratura chiarire eventuali responsabilità".
E' già stata disposta l'autopsia.

Ora al Cpt non ci sono più i vecchi container di lamiera. Le gabbie che
delimitano le varie zone sono nuove ma altrettanto alte. Hassan Nejl è
morto in una camerata da sei posti, appena dipinta di giallo, con due
bagni e una doccia. Vicino a lui, fino all'ultimo, è rimasto Mohammed
Alhuiri, 25 anni, iracheno: "Per tutta la giornata di venerdì stava
malissimo. Si lamentava. Non si reggeva in piedi. Aveva la febbre alta, mi
ha persino chiesto di toccargli la fronte perché sentissi anch'io". Alle 3
è stato visitato dal medico di guardia, nell'infermeria della Croce Rossa.
"Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto -
racconta Alhuiri - perché gli hanno dato una medicina, se ho capito bene
un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse essere allergico.
Hassan era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava
ancora male. Eppure non hanno voluto più saperne di lui. L'hanno lasciato
solo. L'hanno trattato come un animale".

A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata. "Ho perso la voce a
furia di urlare - spiega Alhuiri - a mezzanotte e quarantacinque gridavamo
tutti. Dopo un po' è arrivato un addetto della Croce Rossa. "Fino a domani
mattina non c'è il medico", ha spiegato. Poi se n'è andato. Hassan si è
steso sul suo letto, era caldo, stava malissimo...".

Ieri mattina suo fratello voleva parlargli. Visto che Hassan Nejl non ha
il telefono, ha chiamato al numero di cellulare di un altro immigrato
marocchino trattenuto nel Cpt. "Sono andato per passargli la chiamata e
l'ho visto - racconta - aveva gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Non
respirava più". L'hanno portato di nuovo in infermeria. Ma era troppo
tardi. Alle 8 di mattina il medico di guardia ha constatato il decesso.

Ora gli agenti dell'ufficio immigrazioni della questura sorvegliano le
case gialle. Tutti gli immigrati hanno annunciato lo sciopero della fame:
"Fate qualcosa per noi - urlano - dite la verità. Venite a vedere come
siamo trattati. Qui siamo come in un canile, dove se abbai nessuno
risponde".

(25 maggio 2008)