CS DALLE ONG ITALIANE UNA LETTERA A PRODI PER LA RIPRESA DEL DIALOGO TRA ITALIA E SOMALIA



COMUNICATO STAMPA
Una lettera a PRODI dalle ONG italiane
per la ripresa del dialogo tra Italia e Somalia



Roma, 19 gennaio 2007. E' stata inviata oggi da Sergio Marelli, presidente
dell'Associazione ONG italiane una lettera al Presidente del Consiglio
Romano Prodi e al Ministro degli Esteri Massimo D'Alema sull'attuale
situazione della Somalia in previsione dell'annunciata visita ufficiale del
presidente del consiglio che si recherà ad Addis Abeba dal 28 al 30 gennaio
2007.
Marelli a nome delle Ong impegnate da molti anni nella regione del Corno
d'Africa avanza una richiesta chiara d'impegno da parte del Governo
Italiano per la ripresa del dialogo e dei negoziati con il Governo Somalo.

Cinzia Giudici, Vice Presidente dell'associazione Ong italiane afferma: "Le
Ong italiane che operano in Somalia da decenni e hanno stabilito con le
comunità un rapporto fraterno e di fiducia, chiedono al Governo italiano e
alla Commissione europea di riaprire il dialogo con le autorità somale per
verificare - con l'Igad, l'Unione africana, le Organizzazioni
internazionali e i paesi e organizzazioni del Gruppo di contatto - la
possibilità di riprendere il percorso costituzionale al fine di realizzarlo
compiutamente e di rispettare la Risoluzione 1725 votata all'unanimità dal
Consiglio di Sicurezza il 6 dicembre 2006, che prevedeva l'invio di una
forza internazionale africana per mantenere la sicurezza in Somalia e
proteggere le istituzioni federali".

L'invito viene rivolto anche alla comunità internazionale, che ha già
commesso una volta l'errore di abbandonare questo paese al suo destino, con
un territorio senza stato e senza istituzioni alla mercè delle prepotenze
dei signori della guerra e delle rivalità tribali, lasciando che si creasse
una situazione di grande instabilità e di rischio per l'intera area e per
la sicurezza globale. L'Italia ora non può permettere che si commetta lo
stesso errore.

La lettera conclude quindi: "Le Ong auspicano un incontro chiarificatore
tra il Presidente Prodi, il presidente Abdullahi Yusuf e il primo ministro
Mohamed Ali Gedi, con il coinvolgimento del Consiglio e della Commissione
europea. L'Italia ha un ruolo di responsabilità sulla Somalia da cui non
può esimersi. Ed è solo attraverso un dialogo politico franco e
costruttivo, basato sullo storico legame e sulla profonda conoscenza tra i
due paesi, che possono essere messe le basi per ridare speranza alla
Somalia e attenuare le tensioni nell'area e a livello internazionale".

in allegato la lettera inviata al Presidente del Consiglio Romano Prodi



Alla cortese attenzione
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Romano Prodi

Roma, 19 gennaio 2007

Signor Presidente

Mi rivolgo a Lei a nome delle ONG italiane che lavorano in Somalia, paese
che versa in condizioni che rischiano ancora una volta di essere senza vie
di uscita. La comunità internazionale ha già commesso una volta l'errore di
abbandonare questo paese al suo destino, con un territorio senza stato e
senza istituzioni alla mercè delle prepotenze dei signori della guerra e
delle rivalità tribali, lasciando che si creasse una situazione di grande
instabilità e di rischio per l'intera area e per la sicurezza globale. Non
può ora permettersi di commettere nuovi errori.

La decisione adottata dalle deboli istituzioni transitorie somale, in
accordo con Usa e Etiopia, di imporre la stabilizzazione del paese con la
forza militare etiopica non è stata, salvo che per gli stessi promotori, la
giusta soluzione. Si è trattato di una decisione che ha ignorato la
Risoluzione 1725 votata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza solo pochi
giorni prima, il 6 dicembre 2006, la quale confermava e riprendeva
precedenti decisioni dell'organizzazione regionale Igad e della stessa
Unione africana.

Dopo le quattordici conferenze nazionali di riconciliazione rimaste
infruttuose, quella di Eldoret è riuscita nel 2004 a garantire il consenso
necessario per la nascita di istituzioni transitorie con una carta
costituzionale federale a cui riferirsi. Le nuove istituzioni hanno
ricevuto il mandato di realizzare un percorso, nel periodo transitorio di
cinque anni, per rimettere insieme la società somala, ricucire le ferite,
superare il tribalismo, con il coinvolgimento e la partecipazione attiva
della società civile nelle sua variegata articolazione. Non limitandosi
quindi all'identità clanica ma valorizzando la pluralità identitaria
sociale, culturale, professionale, economica, produttiva, di genere e
lavorando con pazienza e diplomazia politica, nel rispetto della carta
fondamentale e dei diritti umani.

Il percorso è chiaramente disegnato nella costituzione federale transitoria
ed è assegnato al governo federale transitorio. Esso deve in particolare
provvedere a costituire il sistema amministrativo decentrato con le
amministrazioni regionali e distrettuali, completare il sistema federativo,
assicurare la sicurezza, governare, garantire le libertà e i diritti di
cittadinanza, compresa la libertà di espressione, di associazione e di
organizzazione politica, ricomponendo la società somala.

Chiamare un esercito straniero, disdegnando la risoluzione Onu che prevede
l'invio di una forza internazionale africana imparziale per mantenere la
sicurezza e proteggere le istituzioni transitorie, rappresenta un trauma in
questo percorso costituzionale, quasi si volesse seguire un percorso
opposto, non finalizzato all'inclusione di tutti i somali nel dialogo
politico e negoziale. Anche di fronte a ragioni che, sicuramente, saranno
state soppesate e ritenute valide, tale decisione continua a rimanere una
frattura e una ferita che ha colpito una consistente parte della
popolazione e del parlamento somali e ha posto interrogativi seri a quella
parte di comunità internazionale che ha da sempre sostenuto le istituzioni
federali.

La realtà è questa e da qui, comunque, occorre ripartire. Se il giudizio su
di essa vede posizioni contrapposte e inconciliabili, queste non devono
però comportare l'interruzione del percorso fissato dalla carta
costituzionale transitoria e sostenuto dalla comunità internazionale che,
se ripreso, può portare al superamento rapido anche se graduale
dell'attuale stallo, a beneficio della popolazione somala, stanca di
divisioni, conflitti, prepotenze e abusi.

Ritornare alla carta costituzionale, unico riferimento formale condiviso e
vincolante, significa anche assicurare libertà e sovranità al parlamento in
cui risiede la rappresentanza del popolo somalo e garantire le libertà e i
diritti civili che lo stato di emergenza ha invece malauguratamente
limitato.

Le Ong italiane che operano in Somalia da decenni e hanno stabilito con le
comunità un rapporto fraterno e di fiducia chiedono al Governo italiano e
alla Commissione europea di riaprire il dialogo con le autorità somale per
verificare - con l'Igad, l'Unione africana, le Organizzazioni
internazionali e i paesi e organizzazioni del Gruppo di contatto - la
possibilità di riprendere il percorso costituzionale al fine di
realizzarlo, gradualmente ma decisamente, con l'impegno di giungere ad una
rapida soluzione dei problemi sopra evidenziati. Il dialogo è
indispensabile perché tale percorso richiede impegni precisi da parte
somala insieme ad un deciso e concreto supporto internazionale per poterlo
realizzare. Va ricordato in proposito che una delle cause del rallentamento
e dell'insuccesso dell'azione delle istituzioni transitorie nei due anni
passati è stata lo scarso sostegno concreto ricevuto dalla comunità
internazionale per potere agire, assicurando il decentramento
amministrativo, garantendo la sicurezza e governando il paese. Alle parole
e alle promesse non è seguito che un limitato ed insufficiente sostegno
reale. Anche questo errore, a nostro avviso, non va assolutamente ripetuto.

Le Ong auspicano quindi un incontro chiarificatore tra il Lei e il ministro
D'Alema e il presidente Abdullahi Yusuf e il primo ministro Mohamed Ali
Gedi, con il coinvolgimento del Consiglio e della Commissione europea.
L'Italia ha un ruolo di responsabilità sulla Somalia da cui non può
esimersi. Ed è solo attraverso un dialogo politico franco e costruttivo,
basato sullo storico legame e sulla profonda conoscenza tra i due paesi,
che possono essere messe le basi per ridare speranza alla Somalia e
attenuare le tensioni nell'area e a livello internazionale.

RingraziandoLa per l'attenzione, le invio i miei migliori saluti.

									Dr.
Sergio Marelli

	presidente