autonomia: un giochino da re



ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO SAHRAWI



Comunicato



AUTONOMIA: UN GIOCHINO DA RE



Roma, 27 marzo 2006



Il re del Marocco Mohammed VI è ritornato a proporre l'«autonomia» per il
Sahara Occidentale. Non è la prima volta che avanza questa proposta, e che
gioca con le parole. Lo ha fatto sabato 25 marzo a conclusione di una
visita nei territori occupati del Sahara Occidentale, durante la quale i
sahrawi hanno manifestato ancora una volta la loro contrarietà
all'occupazione, malgrado la consueta durissima repressione.



Il re conferma l'intenzione di non voler cedere un solo granello di sabbia
del Sahara Occidentale, facendo finta di dimenticare che la monarchia ha
concluso 30 anni fa un accordo con la Mauritania per la spartizione dell'ex
colonia spagnola. Per il re quello delle "province meridionali" è, con ogni
evidenza, un territorio "sacro" a geometria variabile.



Mohammed VI promette di presentare per la prossima riunione del Consiglio
di Sicurezza, che dovrà discutere fra l'altro della proroga della missione
dei caschi blu (Minurso), un piano di "autonomia".  Lo fa dopo anni di
immobilismo, a parte la repressione nei confronti  dei sahrawi.



Di questa autonomia non si conoscono molti dettagli ma di ciò che si sa
finora basta e avanza. In primo luogo il re conferma il rifiuto del
referendum di autodeterminazione, è la sua posizione fin dal 28 settembre
2000 a Berlino quando rigetta l'accordo col Fronte Polisario del 1988 e il
Piano di Pace formulato dall'Onu e arrivato ormai in dirittura d'arrivo con
l'identificazione degli aventi diritto al voto.



Poiché da sempre l'Onu riconosce ai sahrawi il diritto
all'autodeterminazione, vale a dire di pronunciarsi sul proprio futuro,
ecco che Mohammed VI escogita la consultazione dei partiti politici
marocchini, che come è noto hanno diritto di esistenza e di parola alla
sola condizione di non mettere in discussione le tre verità assolute del
regno: il re, l'islam e le "province meridionali".



In un eccesso di democrazia, il re propone di consultare se stesso, ovvero
di sentire il parere del Consiglio consultivo per gli Affari Sahariani, da
lui stesso nominato.



Concluso il gran consulto avremo quindi un bel "piano di autonomia", dove i
sahrawi non devono metter lingua. Il ragionamento del re del resto non fa
una grinza: la comunità internazionale vuole una "soluzione politica", ecco
quindi la proposta del re. Di che cos'altro si vuole rimproverarlo adesso?
Nulla poverino, si è solo dimenticato di un paio di  piccoli particolari.



Le Nazioni Unite hanno sempre reiterato il diritto all'autodeterminazione
del Sahara Occidentale, a partire dalla sentenza della Corte internazionale
dell'Aia che il 15 ottobre 1975 ha rigettato come infondate le pretese
storiche del Marocco, e della Mauritania, e ha stabilito che la colonia
spagnola è un territorio da decolonizzare. L'unica "soluzione politica" è
quindi quella di trovare gli strumenti concreti per arrivare
all'autodeterminazione, quella vera, non per girarle attorno.





Un piano di pace, con un periodo di autonomia, è stato presentato dall'Onu
nel 2003, accettato dal Polisario e rifiutato dal Marocco. Prevede che,
alla fine di cinque anni di autonomia, la popolazione del Sahara
Occidentale, 84.000 sahrawi e circa 200.000 coloni marocchini possano
votare, con precise garanzie internazionali, per scegliere tra
l'indipendenza, l'autonomia o l'integrazione pura e semplice nel Marocco.
Alcune associazioni democratiche marocchine spiegano il rifiuto
incomprensibile di Mohammed VI con il suo terrore di vedere i marocchini
poter votare per la prima volta nella storia del regno in modo del tutto
libero, e pertanto poter scegliere di costituire insieme ai sahrawi uno
Stato democratico.



Si capisce ora perché gli appelli al "dialogo" da parte del re sono pura
diversione. Il piatto della monarchia è, ancora una volta,  vuoto. Sono
invece ancora piene le carceri marocchine dei maggiori attivisti sahrawi,
malgrado la liberazione di alcuni di loro. Mancano ancora all'appello oltre
500 scomparsi e 150 prigionieri di guerra di cui il Marocco rifiuta di dare
notizie.



Luciano Ardesi

Presidente dell'ANSPS


ANSPS
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