Eterni dannati della terra



Vi presento Hamid, che vorrebbe collaborare con noi! Questo è un articolo che mi ha inviato.


Eterni dannati della terra

I profughi che fuggono dalla violenza e dalla fame sulla scia della guerra costituiscono una delle peggiori tragedie collettive. Molti di questi profughi sono persone indigenti provenienti da paesi poveri che viaggiano all’interno o verso altri paesi impoveriti. Questi spostamenti possono destabilizzare i paesi ospiti, aggravare tensioni locali ed aumentare i tassi di degrado ambientale. Il degrado delle condizioni di vita in diverse regioni può molto verosimilmente costringere la gente a spostarsi verso regioni più ricche in cerca di lavoro, cibo, terra e casa. Insieme al costante flusso di profughi politici, molti di questi “profughi dell’ambiente” saranno esposti al rischio di sfruttamento economico, di condizioni di vita scadenti, di isolamenti sociali e di disagio psicologico. Già Lenin interpretò la povertà dell’Africa come la contropartita delle prosperità dei paesi industrializzati. Le popolazioni dei paesi industrializzati hanno cavalcato sulle spalle delle masse impoverite del mondo coloniale o dipendente, anche se ciò non viene affatto riconosciuto nelle teorie economiche ufficiali e negli atteggiamenti e nel tipo di educazione che ne derivano. E’ pura fantasia immaginare che stadi della crescita economica debbano seguire lo stesso processo di sviluppo in tutti gli stati. Che l’Africa per innalzarsi ai cieli beati dell’”alto consumo di massa” dovesse accettare il modello dello stato borghese si dimostra utopistico ma soprattutto sbagliato e ciò trova conferma nella realtà africana post-coloniale, bisogna dimenticare la vecchia presunzione eurocentrica di essere alle prese con dei “selvaggi” che è sommo dovere di “civilizzare”. La scoperta della storia dell’Africa può essere utile agli africani, e in ogni caso, deve essere utile agli europei; altrimenti come potrebbe, l’Europa, superare il proprio provincialismo continentale, il proprio razzismo? Anche per gli africani, come per tutta l’umanità, è scontato il fatto che la libertà deve essere un beneficio sovrano. Gli africani non possono nemmeno cominciare ad affrontarsi con tali problemi dell’unità e del progresso finché non sono liberi di confrontarsi con tali problemi. E non possono essere liberi di farlo, finché non hanno acquistato la libertà dalle catene culturali, e perciò politiche, del colonialismo e successivamente del neocolonialismo. Nascere donna nei paesi del sud del mondo non è certo una bella prospettiva. Una figlia femmina è solo un peso finanziario, un gravame per le risorse della famiglia, un investimento a fondo perduto, esse sono infatti per lo più condannate a una vita di stenti e di emarginazione. Non hanno accesso nemmeno all'istruzione elementare; il numero dei bambini maschi vaccinati è superiore a quello delle bambine e per quanto riguarda l'aspetto nutrizionale, si è visto che i bambini sono nutriti prima e meglio delle loro sorelle. Obbligata a sposarsi giovanissima, costretta a gravidanze ravvicinate, la donna va presto incontro a quella che viene chiamata "sindrome di esaurimento psico-fisico materno". Le donne lavorano più degli uomini, sebbene una parte di questo lavoro non compaia nelle statistiche economiche ufficiali, come il lavoro domestico, la ricerca dell'acqua, della legna, la preparazione del cibo, la cura dei bambini, che non sono considerati lavori produttivi. Tutto può essere definito un assassinio simbolico dell'identità femminile. L’identità culturale africana, sopravvissuta nei secoli a razzie, deportazioni ed ogni genere di umiliazioni, è ancora oggi viva e operante, sebbene spesso nascosta nel profondo della realtà popolare. I valori prettamente africani di ospitalità, religiosità, rispetto, com’unitarietà, il senso della famiglia e del vivere insieme, così radicati nell’animo della gente dei villaggi, sono la forza latente in grado di dar vita ad un’Africa nuova che non dovrà essere né umiliazione della società tradizionale né una copia dell’Occidente, ma sintesi armonica degli aspetti migliori dell’una e dell’altra.

Se è agli africani in primo luogo che è affidato attraverso un gravoso e più profondo compito di fondere questi due differenti universi e di ritrovare le radici della propria identità, agli europei spetta d’altro canto il compito di rivedere completamente il proprio modello di sviluppo, basato sull’ineguaglianza e sullo sfruttamento delle risorse altrui.

Camminare insieme, in un clima di dialogo e di amicizia, ecco l’impegno al quale sono chiamati tutti coloro ai quali sta a cuore il bene dell’Africa e, con essa, del mondo intero.

Hamid Barole <hamid.baroleabdu at tin.it>