Intervista a Beppe Grillo



Intervista a: Beppe Grillo

a cura di
Andrea Guermandi

 SIENA Dovremmo davvero essere tutti africani per capire il dramma, il sangue,
le lacrime, la fame e la disperazione che si vivono quotidianamente, da
decenni e da secoli in quello straordinario, enorme e dimenticato continente.
E invece, da secoli e da decenni, di ciò che succede in Africa, in quella
profonda e tribale, ma anche in quella che si affaccia sulla cosiddetta
civiltà occidentale, non importa granché. L'Africa si «s»comunica. E quasi
non esiste. Lo dicono, con una sintonia significativa, uno studio realizzato
dall'università di Siena e le parole e l'impegno di un «comunicatore» singolare
come Beppe Grillo che, questa sera, nell'aula Franco Romani di piazza San
Francesco, dialogherà - ma monologherà anche - con gli studenti e con i
docenti che nel pomeriggio discuteranno di quanta e di quale Africa viene
raccontata dai media.
«L'idea di discutere di Africa - racconta Beppe Grillo - mi sembra rappresenti
esattamente quello che è il nostro futuro come persone. Non possiamo non
dirci coinvolti da ciò che succede là. La mia, ovviamente, sarà una
testimonianza
personale. Ascolterò con attenzione gli esiti della ricerca e cercherò di
interagire con gli studenti. Credo che sia necessario interpretare certi
segnali che ci arrivano. Siamo nel pieno della terza guerra mondiale e io
faccio il partigiano».
L'osservatorio del dipartimento di scienze della comunicazione dell'università
di Siena ha svolto un'anlisi quantitativa e qualitativa di due mesi di
informazione
italiana per capire quanto pesi sui mezzi di comunicazione un continente
che conta 900 milioni di persone e oltre 50 nazioni. A illustrarla saranno
i docenti Maurizio Boldrini, Giovanni Gozzini e Marcello Flores, assieme
a Giulio Cederna della onlus Amref, organizzazione sanitaria in Africa,
ai giornalisti Jean Leonard Touadi e Pietro Veronese e il poeta Fuzum Brham
Tesfai.
Fra un paio di settimane, Beppe Grillo inizierà la tournée con il nuovo
spettacolo Beppegrillo.it. Da casa sua, al telefono, Grillo accetta di
rispondere
a qualche domanda.
Allora Beppe, cominci dall'Africa per parlare del nostro futuro...
Diciamo che comincio dall'Africa perché è il nostro futuro, il futuro dei
nostri figli, ciò che saremo. Se non capiamo certi segnali che ci arrivano,
non sapremo dove andare. L'Africa non sta bene, ma nessuno sa ciò che succede
nel Darfur, nel Ruanda, nessuno ha capito che è in atto la terza guerra
mondiale. Nessuno lo sa per eccesso di informazione. Che è disinformazione.
E di disinformazione si muore. Dobbiamo smetterla di pensare ai prodotti
interni lordi, alla beneficenza ?dopo?, ai messaggini sempre ?dopo? e mai
?prima?. Dobbiamo arrivare prima.
Ma le informazioni arrivano. Poche, ma arrivano. I media hanno raccontato
i genocidi, ci sono campagne di solidarietà. La storia registra gli eventi.
In realtà credo che, riguardo al Ruanda, siamo mediati dagli hutu e dai
tutsi. I media creano la sommersione di idee. E la storia non ci ha insegnato
nulla. Tutto il male si ripete da secoli. E la solidarietà che facciamo
a suon di spiccioli o di milioni francamente mi sembra patetica e falsa.
E allora?
E allora occorre che le gente cerchi le informazioni attraverso un altro
modo, attraverso un altro mediatore. Lo sta già facendo, per fortuna, e
mi sento abbastanza ottimista. Credo che il nuovo modo sia la rete. Ovviamente
ci sono pericoli anche qui: le multinazionali, le spa, le finestre globali
che qualcuno gestisce e determina, ma ho fiducia. Diciamo che ho più fiducia
di prima perché nella rete io agisco con qualcun altro. E mi sento di dare
un consiglio ai politici: fate un programma in rete.
Parli dei politici perché forse li ritieni una categoria di intermediazione
tra la gente e i problemi?
Dovrebbe essere così. Ma non è così. Il politico sguazza e saltella, ma
non esce dal laghetto. Invece, dovrebbe osservarsi e capire che la rete
lo sta by-passando. Pensa a quell'immagine del ministro degli esteri Fini
al banchetto dei dispersi dello tsunami. Ha raccontato cose che la gente
sapeva già da tempo da internet. La gente si era mossa già prima.
Quindi se la politica non si adegua ai nuovi strumenti è fuori gioco?
In un certo senso sì. Non siamo ancora a quel punto cruciale. Ma con la
rete, gli sms, i blog, le riunioni interattive e quando la tecnologia sarà
un po' più semplice ancora, ecco, la gente avrà un motore straordinario
di civiltà.
E i politici non avranno più senso?
Avranno senso se riusciranno a capire cosa significa pluralismo e democrazia.
Adesso sono dei pubblicitari, ingannano con la parola come Goebbels, che
diceva che il lavoro rendeva liberi e lo faceva scrivere sui campi di
concentramento...
Tieni conto che io penso che la parola pubblicità sia buona perché evoca
il pubblico. Ma ora è l'opposto: è «privatità». Uno che si fa le leggi per
se stesso e per gli amici, eccetera eccetera. Già negli anni Trenta i nazisti
fecero la campagna contro il fumo e contro l'amianto e i tumori già si
conoscevano
e c'era già il mito dello stare in forma. E poi il guarire, e l'ebreo come
tumore da estirpare... No, ragazzi, non conosciamo la storia e la storia
si può ripetere. Per questo io faccio il partigiano. Riceviamo un?overdose
di informazioni, ma siamo abbastanza incapaci di intendere e di volere.
Stiamo nel comma 22 e siamo sempre allo stesso punto: chi è pazzo può essere
esonerato dalle missioni, ma chi chiede di essere esonerato dalle missioni
non può essere pazzo....
Sei, però, più ottimista: l'hai detto prima.
Decisamente più ottimista. Ho scovato quella che può essere una soluzione:
le reti, nella produzione energetica e nell'informazione. Piccole
microproduzioni,
che generano scambi, così nell'energia, come nei blog. È ovvio che sia
necessario
stare molto attenti. Perché il nostro governo di marketing è basato sulle
parole. Se, in una legge sui diritti d'autore e internet, cambiano la parola
lucro con profitto posso rischiare quattro anni di carcere quando scambio
un file con un altro. Ma la strada è questa, non esiste altra possibilità.
I media non informano, passano ciò che passa il convento, lo spirito critico
non esiste, ci resta solo la rete. Usiamola bene. La democrazia è essere
in due, uno di là e uno di qua, per scambiarsi le idee.