Germania: niente scuse per l'Auschwitz africana



Germania: niente scuse per l'Auschwitz africana
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Il primo genocidio del secolo merita parole di pentimento, ma non le scuse ufficiali di Berlino o alcun indennizzo ai familiari dei sopravvissuti.

A cent'anni dalla campagnia di sterminio dell'etnia "ribelle" Herero (100mila persone uccise, circa l'80 per cento della popolazione), la Germania affida al suo ambasciatore in Namibia Wolfgang Massing un messaggio di "rammarico per lo sventurato passato, che però come ogni episodio storico non può essere cambiato".

Il diplomatico tedesco, partecipando alla giornata di commemorazione della ribellione Herero sedata nel sangue dall'ex colonia (1904 - 1907), ha poi escluso ogni sorta di ricompensazione per i tragici eventi ai discendenti dei sopravvissuti.

"Ogni riparazione verso un gruppo etnico - ha detto Massing - sarebbe ingiustificata nei confronti di altri che hanno ugualmente sofferto durante il colonialismo."

La Germania è il primo paese donatore della Namibia, con 500milioni di euro versati in aiuto allo sviluppo del paese dall'indipendenza (1990).

Ma gli Herero non ci stanno e hanno ribadito di volere impugnare una causa da 4 miliardi di dollari(fonte: Deutsche Welle), affidata a un tribunale statunitense, contro il governo tedesco per poter essere risarciti e riacquistare le terre estorte con la forza cento anno fa.

"Non vogliamo finire come in Zimbabwe dove i contadini hanno ripreso la terra ai bianchi con la forza". Così si è espresso l'attuale capo Herero Kuaima Riruako richiamando Berlino a riconoscere le responsabilità del genocidio.

Auschwitz africana

I nazisti questa volta non c'entrano. Ma l'ordine di sterminio dettato dal comandante militare tedesco in Africa Sud Occidentale, Lothar von Throtta, ha la stessa ferocia della soluzione finale che il Terzo Reich mise in atto contro gli ebrei.

Così scrisse il Generale von Trotha in risposta al massacro di 100 tedeschi (1904) per mano degli Herero in rivolta: " Tutti gli Herero devono lasciare questa terra. Chi verrà trovato all'interno dei confini tedeschi verrà ucciso: armato o disarmato. Non riceverò più a lungo donne o bambini, che dovranno andarsene via".

Le promesse furono mantenute. Più di 100mila persone morirono sotto i colpi di fucili e mitragliatrici tedeschi, per l'avvelenamento delle sorgenti d'acqua oppure di stenti perché ricacciati nelle zone desertiche di Omaheke.

Berlino inviò 14mila soldati e dopo poche battaglie la vittoria sul terreno fu assicurata.

Ma chi si arrese e cercò di fuggire dall'arido confino di Omaheke fu ucciso o messo in catene nei campi coloniali tedeschi.

Secondo Larissa Foster, esperta di Namibia al museo etnologico di Colonia, quei campi possono essere paragonati a Dachau o Auschwitz.

Nel 1908 quando i centri di detenzione e lavoro forzato furono aperti il 60 per cento dei reclusi erano morti di malattie, di stenti o per esecuzioni sommarie. La Germania governò con il pugno di ferro la Namibia, conosciuta come Africa Sud occidentale, dal 1885 al 1915, quando passò sotto il mandato del Sud Africa.

Christian Benna