diario dal Kenya 6



Ciao a tutti!
Dopo un pò di silenzio torno a scrivervi. Probabilmente per l'ultima volta
prima di tornare...
Il 20 sarà di nuovo in Italia, ma solo per un mesetto... Giusto per
ricordarmi qual'è il mio mondo...
Qua la vita continua, camminando sempre più velocemente. Ormai mi sento ben
inserito nelle varie attività che faccio. Lavoro con i bambini di strada a
Kivuli, formazione di grassroots organization con Kards, l'aggiornamento del
catalogo dei workshops, le visite ai malati a Kibera con Hands of Love, la
valutazione dei progetti per lo Shelter Women of Kenya... Tanti lavori in
cui piano piano cerco di dare il mio contributo. Non è facile, a volte mi
sento davvero incompetente in alcuni campi. Ma le persone con cui lavoro
spesso mi accompagnano passo dopo passo...
In questi ultimi giorni nulla di particolare. Tanti nuovi incontri, persone
spesso straordinarie. Una su tutte: mama Anne. E' un'anziana donna Maasai
che vive qua a Riruta. L'ho conosciuta martedì pomeriggio. Lei fa parte di
uno dei gruppi di autofinanziamento dello Shelter Women of Kenya. Avrà sui
sessant'anni. Il viso consumato dal tempo, le orecchie forate col metodo
tradizionale maasai, le mani secche e dure, gli occhi lucidi e chiari... Ma
non ha ancora perduto le forze... Comunicare con lei non è facile, perché
parla solo uno swahili strettissimo che spesso mischia col kimaasai, la
lingua della sua tribù. Quando l'ho conosciuta era seduta su una panca, nel
cortiletto davanti alla sua baracca, che puliva un sacco di fagioli. Li
toglieva uno a uno dal baccello e li metteva in una cesta di foglie di
banana. Appena ha visto che si avvicinavano degli ospiti si è alzata ci è
venuta incontro per salutarci e poi ci ha offerto la panca. Siamo stati lì
con lei, poco, perché avevamo un meeting, e lei è rimasta parecchio delusa
del fatto che non ci siamo fermati a prendere un the da lei.
E' uno degli incontri che vi ho voluto raccontare perché mi ha stupito la
forza di questa donna che col suo povero e umile lavoro mantiene 3 nipoti, i
genitori sono morti. E poi sono stato contento di conoscere un anziano. In
città non è facile incontrare anziani. Spesso perché sono più attaccati alla
tradizione rispetto ai giovani e rinunciano di lasciare la campagna per
cercare fortuna nella moderna Nairobi. E' per questo che la popolazione di
questa immensa città è così giovane. Spesso sono solo i giovani che arrivano
fin qua. E andando in giro, soprattutto per gli slum, sembra di vagare per
un paese dove il più anziano ha 30 anni... E che la maggioranza della
popolazione è sotto i 10 anni... E non è solo un'impressione. In una ricerca
di qualche anno fa delle Nazioni Unite si indicava col 31% la popolazione
sotto i 18 anni a Nairobi  e col 49% quella tra i 19 e i 37 anni... Quasi
l'ottanta per cento degli abitanti di Nairobi non ha quindi 40 anni... E
probabilmente la percentuale cresce nelle aree a alta densità come gli
slum...

Mi sta scrivendo tanta gente dicendomi che andrà a Roma!! Sarà davvero una
gran manifestazione. Mi dispiace non esserci. Anche se credo che il governo
non verrà scalfito dalle centinaia di migliaia di persone in piazza. Ho
letto qualcosa sulle ultime dichiarazioni del "nostro primo ministro" sulla
sinistra e il movimento... Da nausea...
Qui sembra che qualcosa si stia movendo. Spesso esce qualche articolo sul
Daily Nation contro la guerra, anche se a volte sono un pò estremi...
L'ultimo che ho letto era mezza pagina che
disquisiva sul fatto che l'attacco all'Iraq equivalga a dichiarare guerra a
tutto il mondo arabo... Questo non crea certo pace...
Il governo sembra invece non schierarsi troppo apertamente, probabilmente
perché il Narc (il nuovo partito al potere), a sentire tante persone, è
stato aiutato, anche finanziariamente, dagli States e dai servizi segreti
israeliani...
Qualche settimana fa però durante il meeting dell'Unione Africana è stato
firmato un documento contro un possibile attacco in Iraq.
Stando qua per un lungo periodo mi rendo sempre più conto di quali siano le
cause di questo odio crescente verso gli Stati Uniti e l'Occidente. In
Sudan, ad esempio, gli USA hanno appoggiato in periodi alterni il governo o
l'esercito ribelle, a seconda dei loro interessi in politica estera. E ora
sono il paese straniero più coinvolto nei negoziati di pace che si stanno
svolgendo a Machakos, qui in Kenya. Un po' perché il Sudan potrebbe essere
un paese chiave nell'attuale "lotta al terrorismo", un po' perché da poco
sono stati scoperti ricchi giacimenti petroliferi e di gas naturale nel sud
del paese dove le guerra continua da 20 anni circa. Fossi un sudanese forse
anch'io proverei un po' di odio contro chi per anni ha finanziato la guerra
e ora viene a portare pace per propri interessi personali.
E quante volte reggimi dittatoriali sono stati appoggiati in Africa per
interessi internazionali. Quante volte l'autodeterminazione dei paesi
africani è stata soverchiata dagli interessi stranieri. Quante volte la
popolazione di uno stato africano non ha potuto scegliere per il proprio
paese perché era già tutto deciso in qualche ufficio estero. A parer mio è
proprio questo non lasciare liberi gli africani di scegliere che porta a una
completa divisione tra la popolazione e i governi. "Non c'è ancora una
coscienza politica seria in Kenya" avevo scritto durante le elezioni. Ma
forse è perché noi, paesi occidentali, continuiamo a decidere per loro,
continuiamo a pensare che non siano in grado di autogovernarsi. E da questo
che ora si sta diffondendo l'idea di un nuovo periodo coloniale, di un
controllo politico dei paesi africani (su quello economico non c'è mai stata fine!), magari anche per sfruttare meglio le ricchezze di questo continente.
Da quaggiù sembra tutto più chiaro. E' più facile notare, osservare, capire
come la politica estera occidentale e l'economia del nord agiscano in modi
subdoli in paesi come quello in cui sono. Non vi è modo di imporsi. Mi rendo
conto come a volte serva l'intervento della società civile al nord per
cambiare qualcosa al sud. Mi viene in mente il recente caso Nestlè in
Etiopia. Se non ci fosse stata pressione in Europa da parte della società
civile probabilmente il ricorso sarebbe stato vinto e milioni di dollari
sarebbero passati da uno dei paesi in questo momento più poveri del mondo (a
causa di una delle peggiori carestie degli ultimi decenni) a una delle
multinazionali più ricche e potenti. La fortuna è stata che tutti i mezzi di
informazione (anche i più grossi) hanno fatto per una volta il loro dovere.
Ma quanti episodi ogni giorni accadono nel silenzio più assoluto. Quanto la
popolazione statunitense veramente sa dei comportamenti internazionale del
loro paese. Quanto passa nelle nostre televisioni di ciò che accade nel
mondo. E di quel poco, quanto è verità e quanto è al servizio di qualcuno o
qualcosa. Il mese scorso ho letto un libro di Poe. Mi ha stupito una frase
che ha scritto in uno dei sui racconti: "Dobbiamo tenere a mente che, in
generale, fare sensazione, colpire le fantasie, per i nostri giornali, è più
importante che volere la verità. La verità è importante soltanto quando
coincide con la sensazione", o gli interessi di qualche potenza, aggiungerei
io. La cosa sorprendente è che il racconto è stato scritto da Poe nel 1841.
E oggi, 160 anni dopo, in questa nostra epoca di democrazia non è cambiato
nulla, anzi!
Non so. Queste sono le cose che mi sono passate per la testa pensando a
questo periodo di tensione che il mondo sta vivendo. Ora da quel che ne so
pare che anche la Corea si stia facendo avanti per aumentare la paura e,
così facendo, il potere di Bush e dei suoi seguaci.
Mi rendo conto come sia facile in paesi come questo fomentare l'odio e
cercare persone pronte a immolarsi per una propria guerra personale. Mi
rendo conto come sia facile trovare un nemico da combattere, un nemico che
rappresenti tutti i nemici di questo mondo "terzo". Gli Stati Uniti. Sono il

simbolo per eccellenza. E allora capisco quanto sia vero che finché non si
cercherà di combattere le cause del terrorismo ci saranno sempre giovani
pronti a farsi saltare in aria da qualche parte. Finché non ci sarà
chiarezza e parità nelle relazioni internazionali ci saranno sempre "stati
canaglia" che saranno pronti a utilizzare armi di distruzione di massa.
Finché si parlerà di giustizia internazionale per celare azioni volte a
interessi interni di una nazione e finché ci sarà qualcuno che si ungerà
come paladino della giustizia e della civiltà nel mondo, non ci sarà pace.

In questo momento di crisi per l'umanità intera non è sicuramente facile
trovare la strada giusta per un futuro più sereno. L'unica certezza è che
questa guerra non risolverà nulla. Come non ha risolto nulla quella in
Afganisthan dove continuano a esserci scontri e cresce il timore di
attentati alle forze di "pace" e dove il governo imposto dal Nord è
riconosciuto solo da una minoranza della popolazione.

Un po' mi viene voglia di cambiare cittadinanza. Magari divento tedesco... o
francese.
A presto
Un abbraccio a tutti
Tuko Pamoja
Carlo

----------------------------------------------------------------
Enrico Marcandalli (ramalkandy at iol.it) - http://www.peacelink.it
----------------------------------------------------------------