Fermiamo lalobby delle armi



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23 gennaio 2003

AZIONI

Il 28 GENNAIO sarà in discussione al Senato il disegno di legge 1547 che -
se approvato - ridurrà sensibilmente i controlli sulle esportazioni di
armi. Si tratta di un disegno di legge già approvato prima dell'estate
dalla Camera ed è l'ultima occasione per fermarlo, prima che diventi legge.
In occasione del dibattito alla Camera un vastissimo fronte di associazioni
(Rete Lilliput, Emergency, Amnesty International, Medici Senza Frontiere,
Vita, Missione Oggi, Nigrizia, Pax Christi, solo per citarne alcune) ha
dato vita ad una campagna di pressione che ha visto il sostegno di
parecchie decine di migliaia di persone. Un risultato lo si è già ottenuto,
ossia un leggero miglioramento del disegno di legge. Nella prima versione
prevedeva la cancellazione di qualsiasi misura di controllo, ora "si
limita" a ridurle sensibilmente.
Ad esempio non sarà più possibile conoscere:
a) Dati sul valore delle esportazioni di armi effettuate.
b) Il certificato di uso finale dell'arma (ossia sapere non solo a chi
viene venduta, ma qual è la reale destinazione dell'arma).
c) Le informazioni sulle transazioni bancarie relative all'esportazione (e
si sa, la via più semplice per capire dove vanno a finire le armi, spesso è
quella di seguire i soldi).
Scrivi ai senatori eletti nel tuo collegio, per chiedergli di non
ratificare questo disegno di legge.Per farlo basta che ti colleghi al sito
di Rete Lilliput (http://www.retelilliput.org) dove troverai l'appello da
inviare.

Abbiamo solo pochi giorni di tempo per fermare questo disegno di legge.
Si sta organizzando una conferenza stampa nazionale per il 27 gennaio in
cui verranno illustrate alcune azioni di sit-in che si stanno predisponendo
per il 28 (giorno della votazione) davanti a Palazzo Madama.
L'invito che facciamo è quindi quello di partecipare numerosi (per chi si
trova in zona!) all'azione di Roma oppure ad organizzare iniziative
analoghe (conferenza stampa il 27 con mobilitazioni il 28) nei vari
territori locali, dimostrando così in tutta Italia quanto sia alta la
volontà di difendere una legislazione avanzata ed importante come la legge
185/90.

Trovi tutte le informazioni sul sito: <www.banchearmate.it> Banche Armate

Il 27 gennaio, lo stesso giorno della conferenza stampa di Roma, numerose
associazioni e Ong internazionali lanceranno la "Campagna europea per la
regolamentazione dei trasferimenti d'armi" (http://www.arms-control.org)
per ottenere il rafforzamento del Codice di Condotta Europeo
sull'esportazione di armi e affinchè esso sia reso giuridicamente
vincolante negli stati membri.
L'Unione Europea (UE) assicura un quarto delle esportazioni mondiali di
armi. Alcuni Stati sono particolarmente coinvolti: la Francia e la Gran
Bretagna si disputano da anni la terza posizione a livello mondiale dietro
la Russia e gli Stati Uniti; altri paesi, tra cui la Germania, la Spagna e
l'Italia occupano a loro volta una collocazione rilevante in questo
commercio. I membri dell'Unione Europea giustificano questa attività con il
diritto di ogni Stato a provvedere alla propria difesa. Essi affermano,
inoltre, di rispettare regolamenti rigorosi oltre ai criteri sanciti nel
Codice di Condotta Europeo.
Come spiegare, quindi, che i nostri Stati continuano a rifornire di armi
numerosi Paesi che non rispettano i diritti umani? Tutto questo a dispetto
delle conseguenze che ciò comporta per le popolazioni civili! Gli effetti
dei trasferimenti di armi leggere o di piccolo calibro sono particolarmente
terribili. Nel mondo ne circolano oltre 639 milioni, con le conseguenze che
si conoscono (dall'appello della campagna europea)

Anche dal Movimento contro le armi leggere in Africa Occidentale (Malao),
dall'Open Society West Africa (Osiwa) e dalla Commissione senegalese per la
lotta contro la proliferazione delle armi leggere viene un grido d'allarme:
"Circa 500 milioni di armi leggere di tipo militare circolano in maniera
illecita nel mondo, di queste 8 milioni alimentano i conflitti a ovest del
continente africano, dove si rischia di trasformare in catastrofi sociali
ed economiche delle divergenze d'opinione che potrebbero trovare ben altra
soluzione."
Questa denuncia, oltre a richiamare le coscienze e le istituzioni nazionali
e internazionali sull'impatto devastante che la proliferazone degli
armamenti ha nella risoluzione dei conflitti e nel perseguimento della
pace, mette in evidenza la gravità della crisi ivoriana che, scoppiata il
19 settembre dello scorso anno, è ancora lontana da una soluzione, e anzi
rischia di innescare tensioni in tutta l'area. Ancora non si sono placati i
reciproci sospetti tra Abidjan e il vicino Burkina Faso, mentre lo stato
maggiore ivoriano accusa la vicina Liberia di impiegare proprie truppe
regolari al fianco dei ribelli in Costa d'Avorio.
Il paese, finora considerato una gemma politica ed economica di tutta
l'area sta precipitando in un collasso economico che finirà per coinvolgere
inevitabilmente anche i paesi confinanti. Inoltre rischiano in questo
momento di esplodere tutte le tensioni politiche e sociali interne al
paese, compresa quella nei confronti dei tantissimi lavoratori immigrati,
impiegati nelle piantagioni di caffè, cacao e cotone.
Per Approfondire vedi Che cosa sta succedendo in Costa d'Avorio?
http://www.cipsi.it/africa/dettagli.asp?ID=355&tipo=2



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