Yusuf, un islamico contro gli integralisti



      Yusuf, un islamico contro gli integralisti

      Non sono tutti come i talebani. Ci sono anche musulmani che hanno
guidato una resistenza armata contro un regime fondamentalista. Come Yusuf
Kuwa, studente delle scuole coraniche di etnia nuba che si è ribellato
contro chi voleva cancellare l'identità del suo popolo
      di Rodolfo Casadei

      Chissà quante volte si è morso la lingua il suo insegnante di dottrina
islamica. Perché Yusuf Kuwa, sudanese di origine nuba, sarebbe potuto
diventare un imam devoto e politicamente allineato, un predicatore radicale
di quelli che piacciono tanto ad Hassan al Turabi, il leader integralista
sudanese ora un po' in ombra. E invece il suo destino è stato di guidare,
lui musulmano, una ribellione regionale contro il regime
militar-fondamentalista di Khartum sui monti Nuba, nel cuore del paese. Da
15 anni a questa parte l'esercito sudanese, abituato a combattere contro i
guerriglieri cristiani e animisti del sud ribelle, si trova a fare i conti
con una resistenza che riunisce nelle sue file musulmani, cristiani e
praticanti delle religioni tradizionali, grazie al carisma del comandante
Kuwa. Il quale nel marzo scorso si è dovuto arrendere, ma non alle armi del
regime, bensì al Grande Nemico: malato di cancro, si è spento in un ospedale
inglese.

      Angeli neri come schiavi

      Kuwa raccontava così la sua presa di coscienza: «Quando ero alle
elementari, quasi propendevo per il fondamentalismo islamico. Ero un
appassionato dell'insegnamento della religione, uno dei migliori in dottrina
islamica. Ma una delle prime esperienze che mi ha fatto cambiare parere è
stata una storia che ci raccontò il nostro insegnante di dottrina islamica.
L'argomento riguardava ciò che succede agli esseri umani una volta deceduti.
In quella storia si diceva che, se il morto è musulmano, un angelo luminoso
lo conduce in Paradiso, mentre se è un infedele un angelo-schiavo nero lo
porta dritto all'Inferno. Mi sono domandato se mai potesse esistere un
angelo schiavo, e perché mai dovesse essere nero. Cominciai a scrivere
poesie di protesta nelle quali domandavo a Dio qual era il destino della
gente nera: "Schiavi, schiavi perché neri. Ci hai forse creato dei padroni
solo perché siamo neri?"». Altri incidenti e umiliazioni spingono il giovane
Kuwa sulla via della riscoperta della sua identità culturale. Aderisce all'
Unione generale dei Nuba, poi fonda Komolo, un'organizzazione
semiclandestina per la valorizzazione dell'identità nuba e per la sua
promozione politica. Diventa insegnante e viene eletto nel Consiglio
regionale del Kordofan nel 1981. Ma in entrambe le vesti è fortemente
osteggiato, accusato di "razzismo" per la sua resistenza ai progetti di
arabizzazione integrale della scuola e della politica regionale. Così nel
1984 entra nell'Spla di John Garang, l'esercito di liberazione del sud Sudan
che da un anno aveva preso a combattere il governo di Khartum. Nel 1987
diventa comandante militare e governatore del territorio liberato dei monti
Nuba, totalmente isolato dagli altri territori liberati dall'Spla e
circondato dalle truppe governative. E' da questo momento in poi che Kuwa dà
il meglio di sé, non tanto sul piano militare quanto su quello civile.

      Yusuf Kuwa governatore modello

      Di formazione ideologica marxista e minato da dissidi tribali, l'Spla
è tristemente noto per i suoi abusi sui civili. L'amministrazione di Kuwa ha
rappresentato una luminosa e inattesa eccezione. Il governatore dapprima
ristabilì la fiducia dei civili nei confronti dei militari mandando davanti
al plotone d'esecuzione qualche decina di soldati. Furti, razzie e stupri di
donne da parte dei guerriglieri, fino a quel momento comuni come presso
altri reparti dell'Spla, cessarono immediatamente. Quindi tenne un
referendum per lasciar decidere alla popolazione se si doveva resistere o
arrendersi al governo. Nonostante l'assedio dei governativi e la
proclamazione del jihad contro i nuba nel 1991, la vita civile di questa
popolazione ha avuto una vera fioritura: le corti di giustizia tradizionali
hanno ripreso a funzionare, così come i festival musicali e di lotta, le due
principali espressioni culturali nuba. Ed è stato ammesso il principio di
libertà religiosa, al punto che il musulmano Kuwa, marito di tre mogli e
padre di 9 figli, si ritrovò con alcuni figli cristiani. «Che c'è di
strano? -diceva- sui monti Nuba vige questo spirito di tolleranza, in una
stessa famiglia possono coesistere religioni diverse. Ho sempre creduto che
la religione è un rapporto personale fra Dio e un essere umano. Perciò Dio
non ti chiederà conto della religione di tuo figlio, ma di te stesso».


      di Casadei Rodolfo

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