NIGRIZIA 4/2000 - CHIESE E MISSIONE



CHIESE E MISSIONE

Inculturazione / Uscire dalla schizofrenia
PER SENTIRSI A CASA
Francesco Pierli e Maria Teresa Ratti

PIU' PAROLE CHE FATTI.
SEMBRA QUASI IMPOSSIBILE PASSARE DAI PRINCIPI DELL’ INCULTURAZIONE
INSTANCABILMENTE RIBADITI DAI DOCUMENTI, COME IN OCCASIONE DEL SINODO
AFRICANO, A UNA PRASSI ADEGUATA.
SI NOTA LA PAURA DI LASCIARE ALLE COMUNITA' CRISTIANE LA LIBERTA' DI
SPERIMENTAZIONE PERCHE' VIVANO LA FEDE IN MODO CONTESTUALIZZATO.
MA QUALCOSA SI STA FORSE MUOVENDO.

Se guardiamo ai duemila anni della storia cristiana, possiamo trovare degli
elementi ispiratori. Prima di tutto, l’inculturazione nel passato e' dipesa
molto piu' dalle circostanze storiche favorevoli che da una decisa e chiara
strategia della chiesa. Per esempio il primo millennio cristiano e' stato
decisamente favorevole all’inculturazione. Perche'?

L’impero romano nel quale il cristianesimo e' cresciuto aveva trovato un
certo equilibrio tra l’unita' politica e il rispetto delle culture e delle
lingue locali. San Paolo, il grande fondatore del movimento missionario,
cittadino romano, ne aveva fatto l’esperienza. Come uomo di due culture
vedeva la possibilita' di una unita' e di un pluralismo che non possono non
aver influito sul suo modo di fare missione.

La chiesa, pur nelle continue tensioni delle varie eresie e dei movimenti
scismatici, ha tenuto in mano le due facce della medaglia: una comunione che
rispettava il locale. Anche i padri della chiesa che hanno avuto un peso
determinante nel configurarsi della chiesa e venivano dall’amministrazione
pubblica romana, conoscevano la tolleranza che permetteva ai singoli popoli
di mantenere la loro identita' culturale, che non minacciava la coesione
dell’impero. Altri, soprattutto scrittori ecclesiastici come Origene e
Clemente della grande scuola di Alessandria, venivano dalla cultura
ellenistica e trovavano spontaneo insistere su una continuita' culturale che
la novita' del messaggio cristiano non distruggeva ma affermava. In fondo
erano tutte persone di due o tre culture e di una unica fede.

MILLENNIO IMPERIALISTA

Nel secondo millennio le cose cambiano. La chiesa di Roma diventa sempre
piu' monoculturale con la separazione delle chiese orientali greco-ortodosse
nel 1054 e con la separazione del mondo anglosassone in seguito alla riforma
protestante di Lutero nel 1517. Abbiamo quindi una assolutizzazione del
mondo latino come l’unico mondo culturale e dell’esperienza ed espressione
romana della fede cristiana come l’unica possibile. Tutte le altre sono
viste come eretiche. Inoltre il livello intellettuale della leadership della
chiesa era cosi' mediocre che era facilmente vittima dei tipici pregiudizi
culturali che assolutizzano quel poco che hanno in testa e sono sospettosi
verso tutto cio' che e' diverso dalla loro visione ed esperienza. Inoltre il
secondo millennio inizia con la lotta per le investiture: lotta per il
potere fra sacerdozio e impero, fra preti e laici. Questo causa il sorgere e
l’affermarsi in misura crescente del fenomeno noto come clericalismo, quasi
assente nel primo millennio, e della centralizzazione del potere nelle mani
del papa e della sua curia. Fenomeno che e' andato crescendo e
sofisticandosi attraverso i secoli fino agli apici che ha raggiunto ai
nostri giorni.

Va poi ricordato come i grandi imperi del secondo millennio, da quelli
coloniali a quelli comunisti, abbiano tutti fatto una guerra spietata alle
culture locali. La storia di questo millennio e' una storia ricca di
genocidi, dove piu' che l’uccisione di questa o quella persona era il genio
culturale dei vari popoli che doveva essere annichilato.

La diversita' e' vista come crimine politico e la lotta agli eretici o ai
deviazionisti ha visto ergere in tante piazze roghi e patiboli. Dentro il
succedersi di tante situazioni di ingiustizia e oppressione dei deboli come
la schiavitu' di milioni di africani, massima espressione della dominante
mentalita' anticulturale, la chiesa non ha saputo essere profetica ed ha
assorbito profondamente la mentalita' dominante. Solo personalita' come
Matteo Ricci e Roberto De Nobili per l’Asia, come Antonio de Montesinos e
Bartolomeo de las Casas per l’America, hanno dissentito e proposto linee di
presenza missionaria in linea con l’inculturazione e i diritti umani, ma
sono stati emarginati e hanno dovuto aspettare fino al Vaticano II per
vedere le loro intuizioni diventare strategia della chiesa universale.

Durante il secondo millennio l’inculturazione e' stata ibernata, percio' non
sono nate chiese veramente locali, anche se il Vangelo, per la prima volta
nella storia della chiesa, e' arrivato in tutti i continenti e la chiesa e'
divenuta per la prima volta veramente mondiale. Il rito latino e' stato
imposto ovunque e continua ad essere lo stampo nel quale le giovani chiese
vengono colate.

Durante il secondo millennio sono state pure assenti le condizioni
teologiche e giuridiche per l’inculturazione. Non c’era una teologia della
chiesa locale, assente dalla chiesa cattolica e presente in qualche modo
nelle chiese ortodosse e, frammentariamente, in quelle protestanti. Non c’e'
stato poi un diritto ecclesiale che lasciasse spazio all’affermarsi di una
esperienza della fede contestualizzata.

SEGNO DEI TEMPI

E' vero. Il secondo millennio e' stato disastroso dal punto di vista del
rispetto delle culture e quindi dell’inculturazione. Non si puo' pero'
negare che durante l’ultimo secolo si sono poste le condizioni per un cambio
netto.

John Naisbitt e Patricia Aburdene nel loro best-seller Megatrends 2000,
scritto alla fine degli anni ‘80, prevedevano la globalizzazione degli stili
di vita e il nazionalismo culturale come una delle grandi tendenze del 2000.
La riscoperta delle culture e' vista dagli autori come un correttivo alla
globalizzazione che distrugge l’identita' locale. Se cio' era vero dieci
anni fa, oggi lo e' decisamente di piu'. Non soltanto la gente oggi vuole
riaffermare la propria cultura, ma e' disposta a fare la guerra per
difenderla. Tutte le guerre in corso nel mondo hanno una forte componente
culturale. E' un fenomeno che merita sempre piu' attenzione, come ha
dimostrato Samuel P. Huntington nel suo Lo scontro delle civilta'. Senza una
nuova e audace attenzione alle culture e un profondo rispetto e riverenza
per esse, la chiesa non potra' costruire quella civilta' dell’amore e quella
solidarieta' universale di cui Paolo VI e Giovanni Paolo II si sono fatti
alfieri.

L’affermazione dell’identita' culturale e' uno dei diritti fondamentali
della persona umana sancita dalla Dichiarazione dei diritti umani. La chiesa
ha ampiamente elaborato questo diritto nella Gaudium et spes. Giovanni Paolo
II ha continuato la riflessione nelle encicliche Slavorum Apostoli e
Centesimus annus, oltre che in numerosissimi discorsi. Ma alle parole non
seguono i fatti.

L’inculturazione della fede non e' prima di tutto un fattore interno della
chiesa, o semplicemente una sua libera opzione di metodologia missionaria.
E' una tendenza della storia odierna con tutte le caratteristiche di un
segno dei tempi, cioe' un chiaro messaggio di Dio alla sua chiesa e al
mondo. Se la chiesa non la prende in seria considerazione, si trovera' fuori
della storia, come si e' trovata fuori della storia quando non si accorse
della rivoluzione scientifica e democratica della modernita' e vi si oppose
strenuamente, emarginandosi dalla storia stessa fino alla seconda meta' del
‘900.

Quando Mao Tse Tung diceva che la chiesa cattolica era la presenza
colonialista dell’Occidente in Cina, tenuto conto che il metodo Ricci era
stato bocciato, e tenuto conto della massiccia strumentalizzazione della
religione da parte delle potenze coloniali come Francia e Inghilterra, non
era lontano dalla verita'.

DOVE SI ARENA IL VANGELO

Il successo missionario del cristianesimo e' per cosi' dire limitato alle
regioni dove ci sono le cosiddette religioni tradizionali, come in Africa,
Oceania e limitatissime aree dell’Asia. La missione resta invece bloccata
la' dove ci sono religioni e culture mondiali seriamente organizzate, con
propria letteratura e documenti, come l’islam e l’induismo. Perche'?
Probabilmente e' dovuto in gran parte al rapporto religione-cultura. Il
cristianesimo "romano" percio' non puo' essere visto che come elemento
straniero. Se la romanita' resta un elemento essenziale di esportazione, la
vera inculturazione restera' un principio astratto. Al prezzo di una
crescente irrilevanza del messaggio cristiano a livello locale e di nuove
lacerazioni come avvenne nel 1054 e nel 1517.

In un’era di nazioni indipendenti e di continenti che si organizzano sempre
piu' come tali per affermare il protagonismo locale, dover costantemente
dipendere da Roma da' alle diocesi cattoliche la fisionomia di una reliquia
di colonialismo, quando le decisioni venivano prese nelle metropoli europee
e localmente era lasciata alla gente solo la scelta di obbedire.

OLTRE IL DISAGIO

Il terzo millennio si apre nel segno del disagio. I sintomi di una crescente
disaffezione verso una chiesa sono numerosi e pesanti in tutti i continenti.
Tanta gente migra verso nuove religioni o semplicemente inventa la propria
chiesa. Non basta scomunicare o biasimare le sette. Se il disagio c’e', e
nessuno lo puo' negare, ci devono essere cause anche all’interno della
chiesa stessa. Noi crediamo che l’inculturazione nella globalita' del cambio
ecclesiale che comporta aiutera' in misura rilevante a rifare una chiesa
dove l’uomo e la donna del 2000 si troveranno a casa loro. Non si tratta di
piccole aggiunte o sottrazioni ma di un vero cambio epocale, di cui ancora
nessuno puo' prevedere il risultato. Ma lo Spirito Santo, il primo agente
dell’evangelizzazione e quindi anche dell’inculturazione, che e' infinita
creativita', immaginazione e audacia, ci puo' liberare da paralizzanti paure
e incertezze.

Il giubileo del 2000 sara' vero nella misura in cui la chiesa si rende casa
di tutti, offrendo a piene mani la novita' del Vangelo. Non solo dare ma
anche ricevere! La chiesa e' chiamata ad accogliere e ad affermare i doni e
la caratteristiche di tutti i suoi figli e figlie che abitano in  ogni
angolo della terra. Di fronte a tanta diversita' dovra' condividere l’
estasiata meraviglia di Dio di fronte al Creato: "E vide che era buono e
bello". Solo allora gli uomini e le donne del 2000 si troveranno di nuovo a
casa nella chiesa.
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SEGNI POSITIVI

NONOSTANTE LE DIFFICOLTA', L’INCULTURAZIONE CRESCE.
ECCO UN BREVE ELENCO DI SEGNI DI QUESTO CAMMINO.

· Uso delle lingue locali nella liturgia e catechesi.

· Moltiplicarsi delle preghiere eucaristiche.

· Tentativi di arricchire con elementi simbolici locali la celebrazione dei
vari sacramenti.

· Affermarsi di calendari liturgici e civili locali.

· Affermarsi di teologie locali in tutti i continenti.

· Leadership locale nelle comunita' cristiane.

· Progressiva inculturazione dei carismi negli istituti religiosi.

· Progressivo affermarsi di un magistero dei vescovi locali, soprattutto
riguardo ai problemi sociali, politici e culturali.

· Sinodi continentali, soprattutto se saranno modificati secondo l’idea
originaria da cui era nato il sinodo africano, cioe' concili continentali
celebrati in loco.

· Emergere di un laicato cristiano locale fortemente impegnato nel sociale,
sia a livello di pensiero che a livello di azione, come Albert Luthuli,
Julius Nyerere, Steve Biko, Tom Mboya ed altri; i loro scritti e riflessioni
costituiscono un patrimonio notevole di inculturazione della fede nel
sociale, materiale ancora poco sfruttato e spesso ignorato, dato che l’
inculturazione e' vista ancora, sfortunatamente, come campo riservato alla
gerarchia e ai teologi.

· Crescente protagonismo delle donne nella chiesa viste non solo come
esecutrici degli ordini impartiti dai preti, ma come veri ministri, con
ruoli decisionali e di azione.

· Crescere e affermarsi di una inculturazione informale a livello delle
comunita' cristiane di base.

· Crescita di un’arte cristiana locale espressa in musica, architettura,
scultura, pittura…

· Moltiplicarsi di universita' cattoliche e altri centri di ricerca per
tutta l’Africa.

· Case editrici locali che stimolano la ricerca sul posto, promuovendo l’
identita' culturale e lo sviluppo integrale centrato sulla persona e la sua
dignita', e incoraggiando la produzione pastorale e spirituale in lingue
locali a prezzi accessibili al popolo.


STRATEGIE PER IL NUOVO MILLENNIO

NEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI, PER LA PRIMA VOLTA IN UN CONTESTO STORICO
FAVOREVOLE ALLE CULTURE DOVUTO ALLA FINE DEL COLONIALISMO E ALLA CORSA VERSO
L’INDIPENDENZA DEI POPOLI, LA CHIESA E' SOLLECITA NEL DEFINIRE SEMPRE MEGLIO
LA SUA POSIZIONE. PER LA PRIMA VOLTA, NEL TERZO MILLENNIO POTRA'
AVERE UNA SUA LINEA SUL TEMA IN QUESTIONE.
E' PERCIO' IMPORTANTE PORSI IL PROBLEMA DI QUALI STRATEGIE SEGUIRE.
DIAMO ALCUNE PISTE.

· Pista dell’esperienza di Dio e del dialogo interreligioso, dando piu'
attenzione al simbolismo e al linguaggio dell’esperienza di Dio delle
religioni locali.

· Pista dell’impegno nel mondo per la giustizia, la pace e l’integrita' del
creato: crescita dell’apostolato sociale e politico avendo i laici come i
grandi protagonisti dell’inculturazione. La chiesa e' chiamata ad essere
strumento di riconciliazione usando categorie e rituali familiari ai gruppi
umani coinvolti.

· Pista ecumenica: recupero e condivisione dell’esperienza di fede e di
inculturazione delle chiese ortodosse e protestanti, sia quelle tradizionali
sia quelle nuove.

· Pista ministeriale: superamento del clericalismo in una visione pluralista
del ministero cristiano con uomini e donne, laici e religiosi, ordinati o
no, organizzati in e'quipe pastorali e mai piu' in isolamento; inoltre tali
ministri devono essere formati per promuovere l’inculturazione e non per
impedirla; l’attuale formazione in tanti seminari e' altamente rubricistica,
l’opposto del cammino per l’inculturazione.

· Pista dell’inculturazione informale: promuovere gli spazi per la
religiosita' popolare.

· Pista artistica: in tutti i settori dell’arte tradizionale e moderna,
dalla poesia al teatro, alla prosa, pittura, musica, scultura…

· Pista dell’autorita' nella chiesa: non ci sara' inculturazione senza
decentralizzazione e senza possibilita' per le chiese locali di essere
protagoniste della loro vita, evitando l’attuale dipendenza da Roma; un’
autorita', inoltre, meno maschile e meno legata al sacramento dell’ordine.

· Pista economica: prima di tutto evangelizzazione dell’economia attraverso
i laici; inoltre non ci puo' essere vera inculturazione fintantoche' le
giovani chiese dipenderanno massicciamente da Roma per il loro
sostentamento.

· Pista umanitaria: dove vengono rafforzati gli strumenti locali per far
fronte a tragedie quali l’aids, la crescente disoccupazione, l’
analfabetismo… Il cristianesimo deve dare una speranza e una risposta
comprensibile alla gente che vive tanta sofferenza, senza dimenticare il
dovere della solidarieta' cristiana cui sono tenute le chiese sorelle.

· Pista della comunicazione di massa, come l’areopago dove si formano nuove
culture e si espande la cultura globale.



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