[Pace] Il drammatico racconto del tritacarne digitale nella guerra in Ucraina



Il giornalista Gian Micalessin è andato a vedere l'addestramento militare dei riservisti russi richiamati e in fase di addestramento. Una piccola parte di quei 300 mila mobilitati per la guerra in Ucraina. Il racconto è crudo e non lascia adito a dubbi: se fossero mandati al fronte per una controffensiva sarebbero carne da cannone.

La carne da cannone russa si addestra

“Questi soldati – spiega l’istruttore con il passamontagna calato sul volto che coordina le manovre –   hanno già servito nelle nostre forze armate, ma dobbiamo riabituarli al più presto alla battaglia. Anche perché fra poco ci finiranno in mezzo".

"In questo campo d’addestramento - racconta Micalessin - l’arma scelta per fronteggiare blindati e tank resta il vecchio, e ormai in larga parte inefficace, Rpg. Un’arretratezza che gli addestratori cercano di minimizzare. Immaginare a quale fronte siano destinati queste reclute non è difficile. A poche decine di chilometri da qui passano le linee di Lysichansk e di Kremenoy. Lì i russi, i loro alleati ceceni e delle Repubbliche indipendentiste di Lugansk e Donetsk hanno stabilito una nuova linea di difesa dopo la ritirata da Lyman di fine settembre. Da lì indietreggiare ulteriormente non si può, pena la perdita dei territori conquistati durante l’offensiva d’inizio estate".

I riservisti russi: forza di sfondamento o di consolidamento?

I dubbi di Micalessin sono questi: "La prima domanda che ci si pone è se questi soldati possano rappresentare un’autentica forza di sfondamento. Nessuno di loro è più molto giovane. Anzi sotto divise e giubbotti anti proiettile s’indovinano le curve arrotondate di chi s’è lasciato alle spalle da tempo le prime venti primavere". E ancora: "Anche armi, attrezzature e protezioni hanno valicato l’arco del ventennio e contrastano non solo con gli equipaggiamenti esibiti dai reparti ucraini riforniti dalla NATO ma anche con quelli ben più moderni di molti reparti russi schierati in prima linea. Quindi mobilitati e riservisti difficilmente potranno contribuire ad un efficace controffensiva. Almeno nel breve periodo la maggioranza di loro andrà a ricompattare le seconde e le terze linee o a garantire parziali rimpiazzi alle unità di combattimento provate dalle perdite e dalle battaglie degli ultimi mesi".

A che serviranno questi riservisti? A contrattaccare o a difendere le posizioni acquisite e a consolidarle?

Micalessin dubita che possano diventare una forza di sfondamento per una controffensiva. Questo è il suo racconto - di una drammatica crudezza - di come è finita l'avventura in prima linea di 570 riservisti, individuati con precisione digitale dai droni e dall'artiglieria che gli Stati Uniti hanno fornito alle forze armate ucraine. Soltanto 130 sono sopravvissuti al fuoco di precisione che ha fatto a pezzi tutti gli altri. E' la guerra moderna, un tritacarne di precisione. In blu e in corsivo - in fondo a questa pagina web - c'è una parte dell'articolo apparso su https://www.analisidifesa.it/2022/11/reportage-laddestramento-dei-riservisti-russi-e-dei-volontari-del-donbass/

Tutto spianato verso la vittoria finale come auspica Zelensky quindi? I russi verranno buttati fuori anche dalla Crimea con questo tritacarne digitale? Non è proprio così, perché l'altra metà della guerra, ossia il campo militare degli ucraini, è segnato da stragi diverse ma simili per crudezza - ripetute con disperata regolarità - per conquistare Kherson

La strage dei soldati ucraini negli attacchi a Kherson

Le ondate di carne da cannone assomigliavano - prima del ritiro dei russi da Kherson - agli assalti italiani della prima guerra mondiale. Secondo l’analisi pubblicata dal Wall Street Journal la controffensiva di Kherson ha comportato per gli ucraini un prezzo elevato di uomini e mezzi a prescindere dall’esito conclusivo. "Hanno usato tutto su di noi", ha detto Denys al Washington Post, un soldato ucraino di 33 anni la cui unità era rientrata da un villaggio controllato dai russi dopo una lunga raffica di bombe a grappolo, munizioni al fosforo e mortai. "Chi può sopravvivere a un attacco per cinque ore del genere?"

Di fronte a questa cruda realtà il generale Milley, capo del Pentagono, invita i politici alla trattativa con la Russia perché la prospettiva più probabile non è quella della vittoria ma è quella del 1915. Mlley conosce la situazione sul campo meglio della von der Leyen e dei vari Borrell e compagnia bella che hanno parlato di appoggio all'Ucraina fino alla vittoria finale.

Alessandro Marescotti


La strage dei riservisti russi a Makiivka


Il tentativo di impiegare questi rincalzi in primissima linea ha già mostrato tutti i suoi drammatici limiti proprio lungo le prime linee della Repubblica del Lugansk. Qui il primo novembre, secondo quanto rivelato dal sito d’inchiesta russo Verstka, è stata trasferita un’unità di 570 tra riservisti e coscritti reduce da appena due settimane di addestramento iniziate il 16 ottobre in un campo vicino alla città di Voronezh, nel sud ovest della Russia.

Subito dopo aver ricevuto l’ordine di scavarsi delle trincee gli oltre 500 riservisti sarebbero stati individuati dai droni nemici e bersagliati per ore dal fuoco dei mortai. “E’ stato un inferno. Un drone ci ha sorvolato e poco dopo è iniziato il fuoco dell’artiglieria che è durato per ore senza mai interrompersi".

Secondo il disperato racconto di Aleksei Agafonov l’intera unità sarebbe stata dispiegata – nonostante la promessa di non venir mandata in prima linea – in una zona del Lugansk non lontano dalla città di Makiivka battuta dai droni ucraini ed esposta al fuoco dei mortai.

"Ho visto uomini fatti a pezzi davanti a me. La maggior parte dell’unità non c’è più, siamo stati distrutti” – ha raccontato Aganov in un’intervista spiegando che soltanto 130 soldati dell’unità sarebbero sopravvissuti mentre lui e una dozzina di quest’ultimi avrebbero abbandonato Makiivka per raggiungere le linee tenute da altre unità russe intorno alla cittadina di Svatovo.

Gian Micalessin



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