[Nonviolenza] Telegrammi. 5146



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5146 del 21 marzo 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Ancora un coro dei morti
2. Giuseppe Vacca: Antonio Gramsci (2002) (parte seconda)
3. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
4. Kairos per la liberazione di Leonard Peltier
5. Dall'America un appello urgente per Leonard Peltier, la cui salute e la cui stessa vita sono in grave pericolo
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. L'ORA. ANCORA UN CORO DEI MORTI

Loro parlano d'immancabile vittoria
noi veniamo uccisi

Loro salmodiano fiat iustitia pereat mundus
e noi siamo il mondo che perisce

Loro urlano Dio Patria Famiglia
e noi veniamo falciati dalle bombe

Loro concedono interviste alla televisione
e noi crepiamo nel fango e tra i detriti

Loro sermoneggiano di democrazia e diritti umani
e noi siamo massacrati senza scampo

Loro siedono sui piu' alti scranni
noi imputridiamo tra le macerie

*

A chi ancora e' in vita chiediamo
pace disarmo smilitarizzazione

A chi e' ancora in vita diciamo
che salvare le vite e' il primo dovere

A chi e' ancora in vita facciamo appello
affinche' insorga nonviolentemente
per scacciare tutti i governanti assassini
e abolire tutte le guerre

Chi e' ancora in vita esortiamo
a insorgere nonviolentemente
per la salvezza dell'umanita' intera
dell'intero mondo vivente

2. REPETITA IUVANT. GIUSEPPE VACCA: ANTONIO GRAMSCI (2002) (PARTE SECONDA)
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Egli diresse L'Ordine nuovo quotidiano fino al maggio 1922 quando fu inviato a Mosca per rappresentare il partito presso l'Internazionale. Ma anche a Mosca, dove trascorse lunghi mesi in sanatorio, fino alla meta' del 1923 non si distacco' da Bordiga. L'opposizione del G. alla nuova tattica del Komintern era condizionata dalla visione del processo rivoluzionario maturata nel biennio 1919-20; il documento piu' significativo in tal senso e' l'intervento all'esecutivo allargato del Komintern del giugno 1923, nel quale il G. si opponeva alla fusione con i "terzini" voluta dall'Internazionale comunista dopo la scissione dei riformisti.
Intanto, nell'agosto 1922, conclusi i lavori della II Conferenza dell'esecutivo allargato dell'Internazionale comunista, il G., nel sanatorio di Serebrjanyj Bor nelle vicinanze di Mosca, aveva incontrato Julija (Giulia, Jul'ka, Iulca) Schucht, sua futura moglie, da cui ebbe i due figli Delio e Giuliano.
Figlia di Apollon A. Schucht (un "nobile senza patrimonio", oppositore antizarista, funzionario bolscevico e amico personale di Lenin), Giulia era nata nel 1896 a Ginevra e aveva studiato a Roma dove, nel 1915, si era diplomata in violino presso l'Accademia di S. Cecilia. Iscritta dal settembre 1917 al partito bolscevico, aveva partecipato, insieme con la famiglia, alla Rivoluzione d'ottobre e dal 1920 si era trasferita a Ivanovo-Voznesenk dove, al momento dell'incontro con il G., lavorava come segretaria di sezione della direzione del Sindacato dei lavoratori delle arti.
La relazione con la Schucht e' uno dei capitoli piu' importanti della biografia gramsciana: tra il G. e la famiglia di lei si sviluppo' nel tempo un legame destinato a essere parte rilevante del complesso intreccio di rapporti e di conflitti con il PCd'I, con il partito russo e con il Komintern che segnarono la vita del dirigente italiano nel carcere di Turi.
La "scelta larghissima" dei testi gramsciani raccolti nella prima edizione delle Lettere dal carcere, preparata da Togliatti con F. Platone, lasciava appena intuire i contorni di un rapporto matrimoniale e familiare che, anche a causa delle omissioni decise da Togliatti, appariva scandito e dolorosamente segnato dalla malattia e dalla lontananza di Giulia, mitigata dalla presenza assidua e affettuosa della sorella di lei Tatiana (Tania). Le successive edizioni delle lettere (Milano 1964; Torino 1965) restituivano il versante affettivo del rapporto con Giulia ma suscitavano interrogativi senza risposta sulle cause dei lunghi silenzi di lei negli anni del carcere che, come scrisse il G. nel 1931, avevano "contribuito ad aggravare il mio isolamento, facendomelo sentire piu' amaramente". L'epistolario del G., i carteggi a esso correlati, le fonti testuali conservate negli archivi ex sovietici permettono oggi di documentare quell'intreccio indissolubile tra dimensione privata e dimensione politica che caratterizzo' l'intera vicenda sentimentale e coniugale del Gramsci. Le differenze di carattere, di sensibilita', di modelli educativi e comportamentali - che si acuirono drammaticamente negli anni del carcere - sono evidenti fin dai primi tempi del rapporto e sono testimoniate dalle lettere del periodo 1922-26. Il nodo attorno al quale si complico' fin dall'inizio il dialogo con Giulia era determinato dall'incapacita' del G. di tenere separate la sfera affettiva e quella intellettiva, e dalla scelta di individuare il punto di forza del rapporto affettivo con la moglie nella condivisione del lavoro intellettuale e politico. Da Giulia, invece, questo atteggiamento era sofferto come una intollerabile coercizione alla sua volonta', un impedimento allo sviluppo libero e autonomo della sua personalita'.
Ma furono gli incarichi di lei nelle strutture del partito russo, in particolare il lavoro svolto in quelle della polizia politica dal 1924, a determinare quei condizionamenti al rapporto sentimentale - per esempio l'impossibilita' di vivere insieme a Vienna - dei quali, fino al novembre 1926, il G. e Giulia ebbero piena consapevolezza, considerandoli limitazioni imposte dal lavoro politico alla vita privata che comunque venivano accettate. Solo nel 1930 - dopo che erano intervenuti il fallimento di alcuni tentativi di liberazione attraverso uno scambio di prigionieri fra il governo sovietico e quello italiano e la svolta imposta alla linea del partito italiano dal VI congresso e dal X plenum dell'Internazionale comunista - i primi sospetti del G. sul comportamento del partito italiano si saldarono all'intuizione dell'esistenza di difficolta' diverse dalla malattia nella corrispondenza della moglie. Nel maggio, egli affrontava apertamente l'argomento in una lettera a Tatiana. Le rassicurazioni contenute nelle lettere della cognata saranno una conferma indiretta dei sospetti del G.; da Tatiana soprattutto arrivo' la rivelazione dell'ostilita' violenta manifestata dalla maggiore delle sorelle Schucht, Eugenia, nei confronti del legame coniugale di Giulia. Il G. scopri' cosi' uno scenario insospettato dei rapporti familiari a Mosca, determinato - come suggeriscono le nuove fonti documentarie - non tanto dalla acritica condivisione delle accuse politiche contro di lui che circolavano negli ambienti del Komintern e del partito russo, quanto dal timore degli Schucht di vedere accresciute le difficolta' che si trovavano ad affrontare nella Russia staliniana a causa dei rapporti politici e di amicizia che li avevano legati a Lenin e alla sua famiglia. Pur a conoscenza delle difficolta' e dei pesanti condizionamenti ai quali erano sottoposti Giulia e i suoi familiari a Mosca, solo dal febbraio 1933 il G. collego' apertamente lo stato dei rapporti con Giulia alla coscienza di essere ormai ai margini del partito ed espresse i sospetti sul legame strettissimo tra questo stato di cose e l'agire della moglie. Nonostante la lontananza, i silenzi, i sospetti, il G. non manifesto' la volonta' di distaccarsi da Giulia: tra le carte che riguardano l'ultimo anno della sua vita e' presente la minuta, manoscritta da P. Sraffa, datata 18 aprile 1937, della domanda che, una volta libero, egli avrebbe indirizzato alle autorita' italiane, chiedendo di poter espatriare in Unione Sovietica per ricongiungersi con Giulia e con i figli.
Nel maggio 1923, da Mosca, il G. avviava un carteggio con Togliatti, Terracini e Scoccimarro con l'intento di formare, intorno al vecchio nucleo "ordinovista", un nuovo gruppo dirigente del partito. Cominciava cosi' il suo impegno di direzione politica, interrotto dall'arresto l'8 novembre 1926.
Ai partiti comunisti nazionali, nella nuova congiuntura di relativa stabilita', era assegnato il compito di inquadrare nazionalmente la classe operaia e di raccogliere le forze in attesa di una nuova ondata rivoluzionaria. Era maturata la consapevolezza che, quand'anche questa avesse assunto l'irruenza e la simultaneita' del dopoguerra, avrebbe presentato problemi nuovi e diversi in ciascun paese, e cio' domandava ai partiti comunisti la capacita' di divenire un fattore attivo della politica nazionale e di conoscere a fondo le particolarita' dello sviluppo capitalistico e della struttura del potere nei rispettivi paesi. Nell'Internazionale il rifiuto della "tattica di fronte unico" aveva condotto il PCd'I in un vicolo cieco: esso era schierato con la minoranza di sinistra del Komintern e Bordiga mirava a farne il centro propulsore di essa. L'Internazionale comunista non poteva fare altro che cercare di "spezzargli le reni" (Gramsci). D'altro canto, l'assoluta mancanza d'iniziativa della direzione bordighiana aveva ridotto il partito al ruolo di "frazione esterna" del PSI, senza alcuna prospettiva. Nella situazione creata dal fascismo tale condizione era insostenibile. Per contro, in una fase di "stabilizzazione relativa" del capitalismo il G. ora riconosceva nel "fronte unico" la sola tattica che consentisse al partito di perseguire una linea di massa e di sviluppare un'iniziativa politica. La revisione, quindi, andava portata a fondo, fino a mettere in discussione le modalita' della scissione di Livorno. Ripensata dal punto di vista internazionale, essa era consistita nel "distacco della maggioranza del proletariato italiano dall'Internazionale comunista" e aveva favorito "il piu' grande trionfo della reazione" (Togliatti, La formazione del gruppo dirigente..., p. 102). Dal punto di vista nazionale "fummo, senza volerlo, un aspetto della dissoluzione generale della societa' italiana" (ibid., p. 357).
D'altro canto, il centralismo del Komintern e l'inevitabile predominio in esso del gruppo dirigente russo facevano si' che la "tattica di fronte unico" avesse assunto caratteri astrattamente normativi, che non avevano aiutato i partiti comunisti a diventare fattori attivi della politica nazionale. Essi invece dovevano procedere a una "ricognizione nazionale" delle condizioni della rivoluzione proletaria e questo era un compito assolutamente autonomo di cui ciascun partito era responsabile. A tal fine il G. fissava innanzi tutto le differenze fra la Rivoluzione russa e la rivoluzione italiana, inserendole in una riflessione piu' ampia sulle differenze morfologiche fra Oriente e Occidente. Riprendendo il filo della sua riflessione sul nesso fra produzione e politica il 9 febbraio 1924, da Vienna - dove era giunto, proveniente da Mosca, nel dicembre 1923 -, scriveva a Togliatti e Terracini: "La determinazione, che in Russia era diretta e lanciava le masse nelle strade all'assalto rivoluzionario, nell'Europa centrale e occidentale si complica per tutte queste superstrutture politiche, create dal piu' grande sviluppo del capitalismo, rende piu' lenta e prudente l'azione della massa e domanda quindi al partito rivoluzionario tutta una strategia e una tattica ben piu' complessa e di lunga lena di quelle che furono necessarie ai bolscevichi nel periodo tra il marzo ed il novembre 1917" (ibid., p. 197). Era posto cosi' un tema che avrebbe avuto il piu' ampio sviluppo nei Quaderni, quello del passaggio dalla "guerra manovrata", che aveva avuto un'applicazione vittoriosa in Russia, alla "guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente".
Il mutamento di paradigma poneva al partito la necessita' di elaborare una propria visione della storia d'Italia e di studiare i modi in cui si era formata e operava l'egemonia della borghesia capitalistica. Naturalmente questo studio era indisgiungibile dallo sviluppo dell'azione politica. Il fascismo al potere non era ancora consolidato, ma procedeva velocemente nell'instaurazione - prima esperienza europea del dopoguerra - di un regime autoritario di nuovo tipo. Questo creava "un dilemma molto crudo e tagliente: quello della rivoluzione in permanenza e della impossibilita' non solo di cambiar forma allo Stato, ma semplicemente di mutar governo altro che con la forza armata" (ibid., pp. 152 s.). A tal fine il G. si proponeva di definire il campo di azione del partito attraverso lo studio della societa' italiana e individuava nel Mezzogiorno la parte del paese piu' duramente sacrificata dal fascismo, che pertanto sarebbe potuta diventare la sua "fossa" oppure "il maggior serbatoio e la piazza d'armi della reazione nazionale e internazionale" (ibid., p. 201).
Quindi il G. si domandava se la parola d'ordine del "governo operaio e contadino", che il Komintern aveva lanciato come traduzione operativa della "tattica di fronte unico", ma che finora non aveva avuto determinazioni concrete, non dovesse essere adattata alla situazione italiana e riformulata in quella di "Repubblica federativa degli operai e dei contadini", prevedendo la "possibilita' di fare alcune concessioni di carattere politico a queste popolazioni" (ibid., p. 225).
A ogni modo, la questione meridionale doveva diventare il centro del programma del partito e, sia per conoscere meglio l'Italia, sia per dare plastica evidenza alla "funzione nazionale" che esso intendeva far assolvere alla classe operaia, nel gennaio 1924 il G. fondo' un nuovo quotidiano scegliendo come testata l'Unita' (sottotitolo, "giornale degli operai e dei contadini").
Per combattere il fascismo era necessario seguirne attentamente le crisi interne, gli spostamenti e le lotte che si sviluppavano fra le sue componenti, e saper trovare punti di contatto con le altre forze antifasciste. A tal fine, nel marzo 1924, il G. proponeva al partito di far propria la parola d'ordine dell'Assemblea costituente, sostenuta dal movimento politico diretto da Giovanni Amendola, e poneva il problema della lotta per la democrazia (ibid., pp. 245 s.). Naturalmente, essa rimaneva iscritta in una prospettiva rivoluzionaria, volta, cioe', a creare le condizioni della "dittatura del proletariato".
Adeguando la precedente interpretazione antigiacobina di questa formula alla situazione attuale, il G. prevedeva che, anche alla ripresa di una fase rivoluzionaria (che nel febbraio 1924 egli riteneva possibile a breve), il PCd'I sarebbe stato "ancora minoranza, che la maggioranza della classe operaia" avrebbe seguito i riformisti "e che i borghesi democratici liberali" avrebbero avuto "ancora da dire molte parole". Quindi, diversamente dalla Russia del 1917, in Italia la "rivoluzione in permanenza" sarebbe stata un periodo denso di "fasi intermedie", nel quale avrebbe avuto "il sopravvento quel partito che meglio [avesse] capito questo processo necessario di transizione" (ibid., pp. 200, 246).
Nelle elezioni del 6 aprile 1924 il G. fu eletto deputato nel Veneto e in maggio rientro' da Vienna in Italia. In agosto fu eletto segretario dal comitato centrale del partito, nel pieno della crisi Matteotti. Il suo maggior impegno fu quello di avviare, sulla linea del V congresso del Komintern (giugno 1924), la "bolscevizzazione" del partito, cioe' la sua riorganizzazione sulla base di cellule di fabbrica, e di costituire un organismo per la sua penetrazione fra i contadini. Al tempo stesso egli conduceva il partito a distinguersi dal blocco delle opposizioni aventiniane con la proposta che esse si costituissero in "antiparlamento" e lottassero per ottenere il disarmo delle camicie nere e abbattere il governo con la proclamazione di uno sciopero generale. Inoltre, il PCd'I proponeva di armare il proletariato e lanciava la parola d'ordine di un "governo operaio e contadino". L'Aventino si risolse in un fallimento, il PCd'I resto' isolato sulle sue posizioni e nel gennaio 1925 la crisi Matteotti si chiuse con il rafforzamento del regime.
Il maggior impegno del G. fu quindi quello di sconfiggere le posizioni bordighiane, che erano ancora molto radicate nel partito, di inserire i "terzini" che in agosto, Serrati per primo, vi erano confluiti e di preparare, in condizioni di quasi completa illegalita', il III congresso del PCd'I che si tenne a Lione nel gennaio 1926.
Le "tesi di Lione" costituiscono un documento singolare nella letteratura dei partiti. Nella prima parte esse contengono un vero e proprio saggio, sia pure sintetico, sulla storia politica italiana dall'Unita' in poi e un abbozzo di analisi della "struttura della societa' italiana". La loro originalita' era nell'assunzione della questione meridionale come tema centrale del programma del partito. La "funzione nazionale" della classe operaia veniva quindi individuata nella capacita' di risolvere il problema del dualismo italiano, dando al paese quella solida unita' che la borghesia capitalistica non era riuscita a creare e avviando a soluzione il problema della sua debole competitivita' internazionale. La chiave di volta era indicata nell'alleanza fra gli operai del Nord e i contadini del Sud. Infatti, il G. rivendicava a merito del PCd'I l'aver compreso, diversamente dal partito socialista, che "i contadini meridionali [erano], dopo il proletariato industriale e agricolo del Nord, l'elemento sociale piu' rivoluzionario della societa' italiana" (La costruzione del partito comunista, p. 10). A questa conclusione egli giungeva sulla base di un'analisi dello sviluppo capitalistico italiano secondo la quale "economicamente e politicamente tutta la zona meridionale e delle isole funziona come un'immensa campagna di fronte all'Italia del Nord, che funziona come un'immensa citta'". Nell'Italia meridionale questo determinava "il formarsi e lo svilupparsi di determinati aspetti di una questione nazionale". Vale a dire, il Mezzogiorno fungeva da "colonia" interna del capitalismo italiano e, come nelle rivoluzioni anticoloniali, la liberazione dei contadini meridionali poteva raggiungersi soltanto attraverso un'alleanza con il proletariato industriale del Nord volta a determinare un mutamento delle classi dominanti e della classe dirigente.
Queste linee d'analisi scaturivano dall'approfondimento dell'indagine sul fascismo, che per un verso veniva considerato il continuatore del blocco protezionista e nordista che aveva dominato l'Italia dall'Unita' in poi, e per l'altro presentava significative novita'. Esse erano individuate nella base di massa del Partito nazionale fascista (PNF), costituita dalla piccola borghesia inquadrata per la prima volta in una formazione politica unitaria, e nella necessita' di procedere a una trasformazione autoritaria dello Stato, basata sulla identificazione di Stato, governo e partito unico.
Il 1926 segno' una ripresa della crisi economica e in Europa fu un anno di grandi sommovimenti operai, a cominciare dal lungo sciopero generale inglese. Questo indusse il G. a ipotizzare che il periodo della "stabilizzazione relativa" stesse per terminare. Tuttavia, anticipando un tema che avrebbe approfondito nei Quaderni, egli rifiutava l'idea che le crisi economiche potessero generare una situazione rivoluzionaria paragonabile a quella del 1917.
Nei paesi periferici dello sviluppo capitalistico, fra i quali vi era l'Italia, la capacita' di resistenza dello Stato era indebolita dalla presenza di "un largo strato di classi intermedie" capaci di influenzare politicamente e ideologicamente larghi strati del proletariato e soprattutto le masse contadine, ma a loro volta influenzabili da questi qualora si fossero mostrati capaci di "iniziativa storica". Dinanzi al riemergere della crisi economica si poneva quindi il problema di saldare lotta al fascismo e lotta al capitalismo elaborando obiettivi politici "intermedi" e creando nuove forme di organizzazione. Nelle tesi di Lione essi erano sintetizzati nella parola d'ordine: "Assemblea repubblicana sulla base di Comitati operai e contadini; controllo operaio sull'industria; terra ai contadini" (La costruzione..., p. 520). Si delineava cosi' una politica di alleanze molto ampia, con la quale pero' stridevano sia l'idea che il partito comunista dovesse essere il partito di "una sola classe" (il proletariato industriale), sia la sua contrapposizione a tutti gli altri partiti, anche di sinistra e di centro, considerati a vario titolo tutti "reazionari" e compromessi col fascismo. La "fase intermedia" doveva essere condotta in modo da disgregare le forze politiche alleate mostrandone i limiti e le incongruenze nella opposizione al fascismo. Rispetto alla complessa articolazione analitica delle forze sociali e della forze politiche, la previsione di poter sottrarre loro il consenso "smascherandone" i capi era quanto mai improbabile.
L'"egemonia del proletariato", categoria centrale nel dibattito interno al gruppo dirigente bolscevico fra 1923 e 1924, assunta dal G. per procedere alla bolscevizzazione del partito, esigeva ben altri approfondimenti. In particolare, andava approfondito il tema delle "superstrutture complesse" che facevano la principale differenza fra Oriente e Occidente, e fra gli stessi paesi capitalistici. Emergeva con forza "la quistione politica degli intellettuali" e non a caso, data la conformazione dello Stato italiano, il tema veniva affrontato per la prima volta nello scritto sulla questione meridionale. Elaborato nei mesi che precedettero immediatamente l'arresto del G. e rimasto incompiuto, esso fu pubblicato per la prima volta a Parigi, nel gennaio 1930, su Lo Stato operaio con il titolo redazionale Alcuni temi della quistione meridionale.
Il saggio ricapitolava l'elaborazione del decennio precedente e fissava alcune linee di un nuovo "programma di ricerca" che venne poi sviluppato nei Quaderni. Tutto lo scritto ruota attorno al ruolo degli intellettuali come figure di collegamento fra le masse, l'organizzazione dell'economia e dello Stato. Ma l'attenzione e' rivolta soprattutto al Mezzogiorno che nelle sue caratteristiche generali viene descritto come "una grande disgregazione sociale", dominata da un "blocco agrario" nel quale predominano i grandi proprietari terrieri. Lo strato intellettuale intermedio, che fornisce a tutta l'Italia il personale statale, proviene principalmente dalla piccole borghesia rurale e assolve il ruolo di subordinare le masse contadine al blocco agrario. Questo e' di natura stazionaria e, alleato alla borghesia industriale del Nord, le consente di dominare la vita economica e di governare il paese. Infatti, la piccola borghesia intellettuale assolve una funzione reazionaria nella faccia rivolta verso lo Stato, ma e' anche influenzata dalle pulsioni radicali che percorrono il mondo contadino e gli strati popolari poiche' e' legata a essi dalle sue funzioni professionali e politiche. I principali esponenti del "blocco intellettuale" sono G. Fortunato e B. Croce, i quali, percio', possono essere giudicati come "i reazionari piu' operosi della penisola". Poiche' la centralizzazione del blocco agrario avviene soprattutto "nel campo ideologico", essi rappresentano "le chiavi di volta del sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due piu' grandi figure della reazione italiana"; essi guidano spiritualmente la massa degli intellettuali intermedi e in tale veste hanno "compiuto una altissima funzione "nazionale" distaccando "gli intellettuali radicali del Mezzogiorno dalle masse contadine, facendoli partecipare alla cultura nazionale ed europea" e facendoli cosi' "assorbire dalla borghesia nazionale e quindi dal blocco agrario". Per disgregare quest'ultimo il proletariato, che "come classe e' povero di elementi organizzativi", deve formare "un proprio strato di intellettuali [...]. Ma e' anche importante e utile che nella massa degli intellettuali si determini una frattura di carattere organico" e si formi "una tendenza di sinistra, nel significato moderno della parola, cioe' orientata verso il proletariato rivoluzionario". Sotto questo profilo il G. considera emblematica la figura di P. Gobetti. Fondamentale sarebbe dunque "disgregare il blocco intellettuale che e' l'armatura flessibile ma resistentissima del blocco agrario" (ibid., pp. 150, 156-158). Veniva impostato cosi' un tema centrale del programma dei Quaderni: quello dell'"anti-Croce".
Nella primavera 1926 la lotta per il potere nel gruppo dirigente bolscevico raggiunse l'acme. In luglio, in una drammatica riunione del comitato centrale del partito comunista russo, si consumo' lo scontro decisivo fra il blocco delle opposizioni, guidato da L. D. Trockij, e la maggioranza del partito raccolta intorno a I. V. Stalin e a N. I. Bucharin. Fin dal 1925 nell'Internazionale comunista si era convenuto che le lotte di fazione del partito russo non venissero trasferite negli altri partiti comunisti e questi non ne venissero coinvolti. Ma nell'estate 1926 la maggioranza di Stalin e Bucharin rompeva questo accordo e chiedeva agli altri partiti di prendere posizione sulle "questioni russe". Da Mosca, dove dal febbraio 1926 rappresentava il PCd'I nell'esecutivo dell'Internazionale, Togliatti sollecito' il comitato centrale del partito italiano a pronunciarsi. Ma questo si limito' ad approvare a fine luglio la destituzione di G. E. Zinov'ev da presidente dell'Internazionale comunista in quanto era motivata da ragioni disciplinari, mentre si rifiuto' di prendere posizione sui contenuti dello scontro fra maggioranza e minoranza. Sempre piu' allarmato per il profilarsi di una rottura definitiva del gruppo dirigente bolscevico, l'ufficio politico del PCd'I scelse una forma di pronunciamento irrituale: incarico' il G. di scrivere una lettera al comitato centrale del partito comunista dell'URSS per esprimere, si', un'adesione alla linea della maggioranza, ma anche per manifestare la sua preoccupazione per quanto stava accadendo e invitare tutte le fazioni a evitare la rottura.
A Mosca Togliatti giudico' la lettera "inopportuna" e chiese al comitato direttivo del PCd'I di autorizzarlo a sospenderne l'inoltro in attesa dell'esecutivo allargato del Komintern che si sarebbe riunito in novembre per discutere le "questioni russe". Inoltre, annunciava l'invio di J. Humbert-Droz, delegato dell'esecutivo dell'Internazionale, alla riunione del comitato centrale del PCd'I, gia' convocata per i primi di novembre, perche' esso potesse ricevere tutte le informazioni necessarie per pronunciarsi.
Il comitato direttivo autorizzo' Togliatti a sospendere l'inoltro della lettera, ma il G. rimase fermo sulle sue posizioni. Il primo novembre, alla presenza di Humbert-Droz, il comitato centrale si riunì clandestinamente in una localita' della Valpolcevera, nei pressi di Genova, e aderi' alle richieste della maggioranza del partito bolscevico. Ma il G. non pote' partecipare alla riunione perche', riconosciuto dalla polizia mentre vi si recava, rientro' a Roma, dove l'8 novembre venne arrestato.
Ai vertici del partito sovietico la sua lettera aveva creato il sospetto che il PCd'I potesse passare sulle posizioni di Trockij e da allora quella lettera fu il pretesto di recriminazioni e di accuse di "oscillazioni" reiterate piu' volte dal Komintern contro il PCd'I fra 1929 e 1938. Il sospetto nasceva dalle motivazioni che il G. aveva addotto a sostegno dell'appello a non rompere l'unita' del partito: egli ravvisava il rischio che, dividendosi irreparabilmente il "vecchio nucleo bolscevico", venisse meno il centro dirigente dell'Internazionale e l'intero "partito mondiale dei lavoratori" si disgregasse. Quindi, sebbene dichiarasse di condividere le posizioni della maggioranza e rivolgesse le sue critiche all'opposizione, sul punto cruciale che riguardava le sorti della rivoluzione mondiale il G. poneva sullo stesso piano le responsabilita' della minoranza e della maggioranza.
In realta' il sostegno dato alle posizioni della maggioranza non poteva nascondere piu' di tanto l'avversione del G. per la linea del "socialismo in un solo paese", che anche le opposizioni russe contrastavano. L'opposizione del G., pero', aveva motivazioni sue proprie: come si e' detto, nel corso del 1926 egli era giunto a mettere in discussione il concetto di "stabilizzazione relativa" sul quale il gruppo staliniano basava le sue scelte. Il carteggio fra il centro del PCd'I e Togliatti, dal mese di marzo in poi, documenta come, nell'"analisi di fase" e nel modo di concepire la "stabilizzazione relativa", si fossero generate differenze significative anche fra lui e il G., fissate poi nel carteggio dell'ottobre.
Dopo un breve periodo di confino a Ustica, dove insieme con Bordiga diede vita a una scuola per i confinati politici, fu deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato e avviato alle carceri milanesi di S. Vittore (ove rimase dal 7 febbraio 1927 all'11 maggio 1928); il processo inizio' a Roma il 28 maggio e, il 4 giugno 1928, il G. venne condannato a oltre venti anni di carcere. In luglio fu assegnato al reclusorio di Turi, in provincia di Bari, ove rimase fino al 19 novembre 1933 per essere poi ricoverato, dal 7 dicembre, in stato di detenzione, nella clinica del dottor G. Cusumano a Formia. Vi rimase fino al 24 agosto 1935, dal 25 ottobre 1934 in liberta' condizionata. Quindi fu trasferito alla clinica Quisisana di Roma, dove, appena riacquistata la piena liberta', la sera del 25 aprile 1937 venne colto da emorragia cerebrale.
Il G. mori' a Roma il 27 aprile 1937.
Per sua volonta' il corpo venne cremato e vi provvide il fratello Carlo; le ceneri vennero inumate al cimitero acattolico di Roma, dove si trovano tuttora.
(Parte seconda - segue)

3. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
*
Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
*
Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
*
Donna, vita, liberta'.

4. APPELLI. KAIROS PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Come tutti sanno, quest'anno si vota per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America.
E come tutti sanno il presidente uscente in scadenza di mandato e' solito concedere la grazia ad alcuni detenuti.
Ci sono molte ragioni per ritenere che Biden potrebbe finalmente decidere la liberazione di Leonard Peltier.
Viceversa, se le elezioni fossero vinte dalla destra suprematista di cui Trump e' palese espressione, per i prossimi quattro anni ben difficilmente si potrebbe sperare in un provvedimento di grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
E' quindi questo il momento di esercitare la massima pressione nonviolenta per contribuire a persuadere l'attuale presidente statunitense a concedere la grazia all'illustre attivista nativo americano da 48 anni detenuto innocente.
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Segnaliamo alcune circostanze favorevoli.
La prima: il Comitato nazionale del partito democratico statunitense all'unanimita' ha deliberato una risoluzione che chiede la liberazione di Leonard Peltier: il che significa che l'intero partito democratico, di cui Biden e' espressione, chiede al Presidente la grazia per Leonard Peltier.
La seconda: alcuni mesi fa decine di parlamentari statunitensi, sia democratici che repubblicani, hanno chiesto la liberazione di Leonard Peltier, segnalando cosi' che anche nel Congresso vi e' una crescente convinzione che Leonard Peltier debba essere liberato e che quindi il Presidente dovrebbe concedere la grazia.
La terza: a livello internazionale va poi ricordato che la Commissione giuridica costituita ad hoc dall'Onu per riesaminare l'intera vicenda giudiziaria di Leonard Peltier ha concluso i suoi lavori chiedendone la liberazione.
Ne' c'e' bisogno di ricordare che nel corso di cinque decadi milioni di persone hanno chiesto di liberare Peltier (e tra loro figure prestigiose come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, il Dalai Lama e papa Francesco), cosi' come numerose istituzioni di tutto il mondo (e tra esse, reiteratamente fin dagli anni '90, il Parlamento Europeo), ed innumerevoli associazioni democratiche, umanitarie, in difesa dei diritti umani (prima fra tutte Amnesty International).
Vi sono insomma tutte le condizioni affinche' il Presidente degli Stati Uniti prenda la storica decisione di liberare Leonard Peltier.
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Certo, i presidenti che in passato sembrava avessero preso in seria considerazione l'ipotesi - Clinton prima, Obama poi - rinunciarono infine, verosimilmente perche' intimiditi dai settori piu' oltranzisti e razzisti (ed usi al ricatto) dell'Fbi; ma ormai, come e' noto, anche dall'interno dell'Fbi si sono levate voci che richiedono la liberazione di Leonard Peltier denunciandone la persecuzione ed attestando che fin dall'inizio era perfettamente noto che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro di lui erano del tutto false e fabbricate ad hoc mentendo e sapendo di mentire.
Biden potrebbe quindi risolversi a un atto di verita' e di giustizia atteso ormai da decenni. E non solo per ragioni ideali ma anche per motivi meramente utilitari: e' ovvio che la liberazione di Peltier potrebbe persuadere al voto per il presidente uscente quell'ampia parte dell'opinione pubblica americana che nel corso di quasi mezzo secolo ha preso coscienza della sesquipedale ingiustizia e colossale assurdita' della detenzione di Leonard Peltier, e che quindi apprezzerebbe il provvedimento di grazia come una sia pur parziale, e certo assai tardiva, riparazione dovuta.
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A tutto cio' si aggiunga che con l'avanzare dell'eta' le condizioni di salute di Leonard Peltier si sono fatte sempre piu' precarie, come e' stato recentemente evidenziato da un drammatico appello promosso dal comitato di solidarieta' che direttamente lo sostiene.
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Stando cosi' le cose occorre in questi mesi estendere ed intensificare l'impegno per la liberazione del nostro fratello e compagno di lotte in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della Madre Terra.
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Cosa si puo' dunque fare?
Suggeriremmo le seguenti iniziative:
1. scrivere direttamente a Biden, attraverso lo spazio dedicato nel sito della Casa Bianca: https://www.whitehouse.gov/contact/
2. scrivere al comitato che direttamente sostiene Leonard Peltier (attraverso il sito: https://www.freeleonardpeltiernow.org/) e, avendone la possibilita', effettuare una donazione;
3. diffondere l'informazione sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier: scrivendo ai mezzi d'informazione, utilizzando le risorse di internet, promuovendo iniziative locali e non solo;
4. sollecitare prese di posizione pubbliche da parte di associazioni ed istituzioni;
5. in particolare promuovere presso gli enti locali la presentazione ed approvazione di mozioni o ordini del giorno di solidarieta' con Leonard Peltier;
6. costruire una rete solidale che si colleghi ai comitati gia' esistenti (benemeriti, pur con tutti i loro limiti) ma che si estenda molto oltre coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, associazioni, movimenti, istituzioni.
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Facciamo sentire alla Casa Bianca la corale richiesta di ogni persona di volonta' buona, di ogni associazione democratica, di ogni istituto orientato al bene comune.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un uomo innocente.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un generoso difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un nativo americano che continua la lotta di Toro Seduto e di Cavallo Pazzo per la liberta' del suo popolo e di tutti i popoli oppressi.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un uomo coraggioso che continua la lotta di Mohandas Gandhi e di Nelson Mandela per la verita' e la giustizia, per la dignita' umana, per il bene comune dell'umanita'.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato il nostro fratello Leonard Peltier.
Contro tutte le stragi e le uccisioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Per il rispetto e la difesa dell'intero mondo vivente.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.
*
Il comitato viterbese per la liberazione di Leonard Peltier
Viterbo, 17 marzo 2024
Segnaliamo alcuni  materiali di documentazione in lingua italiana disponibili nella rete telematica:
https://sites.google.com/view/viterboperleonardpeltier/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2021/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperpeltier2022/home-page
https://sites.google.com/view/vetrallaperleonardpeltier2023/home-page
https://sites.google.com/view/vetralla-per-peltier-2024/home-page

5. REPETITA IUVANT. DALL'AMERICA UN APPELLO URGENTE PER LEONARD PELTIER, LA CUI SALUTE E LA CUI STESSA VITA SONO IN GRAVE PERICOLO

Dal sito https://www.freeleonardpeltiernow.org/ riprendiamo e diffondiamo il seguente appello urgente.
La salute e la vita stessa di Leonard Peltier sono in grave pericolo.
Gli siano garantite condizioni e cure adeguate.
Gli sia restituita la liberta'.
* * *
THE LEONARD PELTIER AD HOC COMMITTEE: URGENT CALL TO ACTION
Dear Relatives,
Leonard Peltier is still in need of urgent medical care. Your efforts, along with the strong advocacy of Leonard's legal team and the Ad Hoc Committee, got the attention of the Federal Bureau of Prisons (BOP). However, BOP personnel informed Leonard that he will need to wait at least 8-10 months to see an eye specialist. This is unacceptable.
The BOP has deprived Leonard of necessary medical care for decades and in doing so has sentenced Leonard to Death by Incarceration. Locked down for 22 hours a day in maximum security prison USP Coleman I, Leonard, who is almost 80 years old, suffers from multiple severe health conditions. Leonard's current conditions include kidney disease, heart condition, diabetes, high blood pressure, bone spurs, a degenerative joint disease, and painful injuries to his jaw - all of which require immediate and ongoing medical care. Leonard is in constant pain from arthritis in his hip and shoulder, has an enlarged prostate, and an aortic aneurysm. Leonard uses a walker and has only a few infected teeth left, presenting not only pain but also a choking hazard. This dangerous cocktail of neglect puts Leonard in serious risk of harm and amounts to Death by Incarceration.
Leonard has requested and been denied a wheelchair.
Our physician expert believes that not only is the BOP failing to address Leonard's medical care properly but cannot meet Leonard's medical needs at USP Coleman I. Our Legal team is working to ensure Leonard receives health care as required by the 8th Amendment and is transferred to an appropriate facility pending his release.
We do not want our vulnerable elder to be in pain and go without proper care, and we don't want him to die in prison! We need you to stand united with us for Leonard. Act now. Enough is enough.
Please call and email the following officials and tell them Leonard Peltier needs immediate medical treatment, transfer to a medical facility, and RELEASE. Sample script below.
*
Senator Cory Booker
D.C. Office: (202) 224-3224
Newark, NJ: (973) 639-8700
https://www.booker.senate.gov/contact/write-to-cory
*
Sen. Richard Durbin
DC Office: 202-224-2152
Chicago Office: 312-353-4952
https://www.durbin.senate.gov/contact/email
*
Sen. Alex Padilla
DC Office: 202-224-3553
Los Angeles Office: 310-231-4494
https://www.padilla.senate.gov/contact/contact-form/
*
US Rep. Maxwell Frost
DC Office: 202-225-2176
Orlando Office: 321-388-9808
https://frost.house.gov/address_authentication?form=/contact
 *
(Any contacts you may have.)
*
Sample script
"Hello, I'm calling about immediate medical care needed for Leonard Peltier, a 79 year-old federal prisoner. His prisoner number is 89637-132, and he's in USP Coleman 1.
We need [name of Senator or Representative]'s assistance.
1)   First, Leonard must see an eye specialist without further delay. His loss of vision poses serious risk of him falling, and he depends on other prisoners to perform basic life activities.
2) Second, Leonard is in constant pain and has multiple severe health conditions requiring immediate and ongoing medical care.
I am asking (Sen/Rep) to request an immediate transfer for Leonard Peltier to the Federal Medical Prison Facility in Rochester Minnesota (FCI Rochester) where he can get treatment for all of his medical conditions.
I also urge the Sen/Rep to advocate for elder Leonard Peltier's release so he can receive healthcare outside of prison and be with loved ones and community. Immediate release is proper and humane given his advanced age and medical conditions.  Thank You."
(You can use your own words, but please, speak out for Leonard.)
*
Contacts:
Senator Cory Booker
D.C. Office Phone: (202) 224-3224
Newark, N.J. Phone: (973) 639-8700
https://www.booker.senate.gov/contact/write-to-cory
*
Sen. Richard Durbin
DC Office: 202-224-2152
Chicago Office: 312-353-4952
https://www.durbin.senate.gov/contact/email
*
Sen. Alex Padilla
DC Office: 202-224-3553
Los Angeles Office: 310-231-4494
https://www.padilla.senate.gov/contact/contact-form/
*
US Rep. Maxwell Frost
DC Office: 202-225-2176
Orlando Office: 321-388-9808
https://frost.house.gov/address_authentication?form=/contact
*
(Any contacts you may have.)
*
If you can, please donate to support our legal and medical efforts.
* * *
Anche in Italia si estenda e si intensifichi l'impegno per la liberazione di Leonard Peltier.
E' questo l'anno (quello in cui si svolgono le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America) in cui abitualmente i presidenti statunitensi uscenti concedono la grazia ad alcuni detenuti.
Facciamo sentire alla Casa Bianca la corale richiesta di ogni persona di volonta' buona, di ogni associazione democratica, di ogni istituto orientato al bene comune.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un uomo innocente.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un generoso difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un nativo americano che continua la lotta di Toro Seduto e di Cavallo Pazzo per la liberta' del suo popolo e di tutti i popoli oppressi.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato un uomo coraggioso che continua la lotta di Mohandas Gandhi e di Nelson Mandela per la verita' e la giustizia, per la dignita' umana, per il bene comune dell'umanita'.
Dopo 48 anni di ingiusta ed assurda detenzione sia liberato il nostro fratello Leonard Peltier.
Contro tutte le stragi e le uccisioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Per il rispetto e la difesa dell'intero mondo vivente.
Free Leonard Peltier.
Mitakuye Oyasin.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Elisa Ghidini, La guerra del Nagorno Karabakh, Rcs, Milano 2024, pp. 160, euro 5,99.
- Paolo Morando, Il sequestro e la morte di Aldo Moro, Rcs, Milano 2024, pp. 160, euro 5,99.
*
Riedizioni
- Primo Levi, Io che vi parlo. Conversazione con Giovanni Tesio, Einaudi, Torino 2016, Gedi, Torino 2024, pp. IV + 252, euro 9,90.
*
Letterature
- Ettore Lo Gatto, Storia della letteratura russa, 1942, Sansoni, Firenze 1992, pp. XVIII + 950.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 5146 del 21 marzo 2024
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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