[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 346



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 346 del 12 dicembre 2023

In questo numero:
1. "Televideo Rai": Iran,la famiglia di Mahsa Amini non potra' ritirare il premio Sakharov
2. Sosteniamo Narges Mohammadi e la lotta delle donne in Iran. Chiediamo la liberazione dell'attivista Premio Nobel per la Pace e che siano accolte le sue richieste di rispetto dei diritti umani
3. One Billion Rising Italia: Una lettera
4. Una lettera aperta alla Presidente del Parlamento Europeo: "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier"
5. Perche' occorre scrivere ora a Biden per chiedere la liberazione di Leonard Peltier
6. Alcuni riferimenti utili
7. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
8. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani
9. Laura Colombo: E' ora di cambiare
10. Giorgia Basch: E' ora di cambiare
11. Clara Jourdan: Indipendenza e liberta'

1. NOTIZIE. "TELEVIDEO RAI": IRAN, LA FAMIGLIA DI MAHSA AMINI NON POTRA' RITIRARE IL PREMIO SAKHAROV
[Dal "Televideo Rai" riprendiamo e diffondiamo]

Le autorita' iraniane hanno impedito di partire per Parigi per ritirare il premio Sakharov ai genitori e al fratello della 22enne Mahsa Amini, la curda-iraniana morta l'anno scorso mentre era sotto la custodia della polizia morale per aver indossato il velo non correttamente. Il premio e' stato assegnato postumo alla giovane vittima.          
Lo ha dichiarato l'avvocato della famiglia in Francia. "Ai familiari e' stato vietato di salire sul volo per la Francia nonostante avessero il visto", ha detto. Sequestrati i loro passaporti.

2. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO NARGES MOHAMMADI E LA LOTTA DELLE DONNE IN IRAN. CHIEDIAMO LA LIBERAZIONE DELL'ATTIVISTA PREMIO NOBEL PER LA PACE E CHE SIANO ACCOLTE LE SUE RICHIESTE DI RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

Sosteniamo Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, detenuta in Iran per la sua lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani e per l'abolizione della pena di morte.
Sosteniamo la lotta nonviolenta delle donne in Iran per la dignita' umana di tutti gli esseri umani.
Sia liberata Narges Mohammadi e tutte le prigioniere e tutti i prigionieri di coscienza, tutte le detenute e tutti i detenuti politici, tutte le persone innocenti perseguitate e sequestrate, in Iran come ovunque.
Cessi l'oppressione delle donne in Iran come ovunque nel mondo, siano rispettati i diritti umani di tutti gli esseri umani.
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Chiediamo al Parlamento e al governo italiano di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e alla Commissione Europea di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
Chiediamo al Segretario Generale e all'Assemblea Generale dell'Onu di premere sul governo iraniano affinche' a Narges Mohammadi sia restituita la liberta' e le sue richieste di rispetto dei diritti umani siano accolte.
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Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona, a tutti i movimenti democratici, a tutte le istituzioni sollecite del bene comune e della dignita' umana, a tutti i mezzi d'informazione impegnati per la verita' e la giustizia, d'impegnarsi a sostegno di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
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Donna, vita, liberta'.

3. REPETITA IUVANT. ONE BILLION RISING ITALIA: UNA LETTERA
[Riceviamo e diffondiamo]

Care attiviste e cari attivisti,
Care compagne e cari compagni di viaggio,
testimoni coraggiose e coraggiosi della lotta alla violenza e agli abusi sul corpo delle donne,
Preziose amiche tutte e preziosi amici tutti di One Billion Rising,
scriviamo queste righe consapevoli del sentimento di sofferenza e di umana impotenza che tutte e tutti voi - che tutte noi - stiamo attraversando in questi mesi. Le notizie che arrivano dal mondo ci lasciano senza fiato.
Come se non bastasse, nel nostro Paese, continua inesorabile la conta delle donne cadute per mano di uomini criminali e violenti.
Eppure in tutto questo, o forse proprio per tutto questo, noi scegliamo di non restare in silenzio, di non tirarci indietro, e vi chiediamo di essere ancora con noi.
Nell'oscurita', facciamo splendere la nostra luce. Uniamo le nostre voci. Non sara' facile, ma non sara' impossibile.
La Campagna mondiale One Billion Rising e' nata proprio per questo: per essere una reale comunita', un appiglio nella tempesta, una rete in cui conoscersi, riconoscersi, trovarsi e forse per qualcuno - come e' stato per noi - persino salvarsi. Salvarsi dalla solitudine, dal silenzio, dall'isolamento, dalla violenza fisica e psicologica che troppo spesso ci vede come prede, ancor prima che ragazze, donne o bambine.
Febbraio non e' lontano, raduniamo le forze, raccogliamo le energie, prepariamoci a far sentire il nostro grido di pace e consapevolezza.
Vi invitiamo a incominciare ad organizzare e a coordinare a livello locale la vostra partecipazione a OBR2024: anche per questo, oggi vi chiediamo con gentile fermezza, di cercare di coinvolgere il piu' possibile il mondo della scuola nelle vostre comunita'.
Crediamo sia infatti particolarmente prezioso e vitale tornare a parlare nelle scuole di come la prevaricazione della violenza di genere porti odio, dolore, mancanza di rispetto, assenza di solidarieta'.
Vi alleghiamo una lettera che volendo potrete usare per contattare le scuole dei vostri territori.
Noi siamo a vostra disposizione per qualunque chiarimento e approfittiamo per anticiparvi che V (Eve Ensler) sara' in Italia per presentare il suo nuovo libro "Io sono un'esplosione" (ed. il Saggiatore) in questi due appuntamenti pubblici:
- Firenze, venerdi' 24 novembre ore 20.30 Teatro Niccolini , V presenta il suo nuovo libro con Serena Dandini
- Milano, domenica 26 novembre ore 11 Teatro Paolo Grassi con Maria Nadotti
Mai come oggi abbiamo bisogno di essere unite e uniti, di farci forza, per continuare a costruire insieme una strada di pace, di gentilezza, di consapevolezza e di profondo rispetto per tutte le donne del pianeta.
Un abbraccio a tutte e a tutti voi.
Con gratitudine.
Nicoletta Billi
3332432777
Luisa Garribba Rizzitelli
3454767246
Margherita Giuliodori Santicchia
3280199958
One Billion Rising Italia
obritalia at gmail.com
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Allegato: Modello di lettera da inviare alle scuole
PROPOSTA COINVOLGIMENTO PROGETTO GRATUITO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Oggetto:  Proposta di coinvolgimento del Vostro Istituto nella Campagna Mondiale One Billion Rising  contro la Violenza di Genere
Gentile Sig. o Sig.ra Dirigente Scolastica/o
Gentile Docente,
Ci rivolgiamo a tutti Voi - in ogni parte d'Italia, in ogni ambito e indirizzo disciplinare delle scuole di ogni ordine e grado - con accorata fiducia che tutti siano consapevoli che la situazione sulla violenza alle donne nel nostro paese ha assunto numeri drammatici ed inaccettabili per un Paese civile e democratico. La scia sofferenza e dolore sembra inarrestabile. Una donna uccisa in media in Italia ogni due giorni. Dati impressionanti su tutte le forme di violenza che coinvolgono ragazze e ragazzi sempre piu' giovani. Non possiamo restare ferme e fermi, dobbiamo combattere il rischio di assuefazione e rassegnazione.
In occasione del 25 novembre Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha speso parole ferme ed inequivocabili: "Un'azione efficace per sradicare la violenza contro le donne deve basarsi anzitutto sulla diffusione della prevenzione delle cause strutturali del fenomeno e su una cultura del rispetto che investa sulle generazioni piu' giovani, attraverso l'educazione all'eguaglianza, al rispetto reciproco, al rifiuto di ogni forma di sopraffazione". Parole che tracciano una strada di speranza e impegno da parte di tutti.
Crediamo fermamente che la Scuola Pubblica, nonostante le difficolta' che affronta ogni giorno, nonostante le battaglie e le sfide che e' costretta a fronteggiare spesso nel silenzio delle Istituzioni, abbia ancora un ruolo cruciale per radicare nelle nuove generazioni una cultura di profondo rispetto verso tutte le donne.
One Billion Rising e' una campagna Mondiale fondata nel 2012 dalla scrittrice e attivista americana Eve Ensler con l'obiettivo di fermare la violenza contro le donne. Aderiscono a questa campagna 128 paesi nei cinque continenti.
Per queste ragioni, proponiamo in modo accorato e amichevole, che il Vostro Istituto aderisca alla Campagna Mondiale ONE BILLION RISING diventando una "OneBillionRising School" nelle due modalita' che seguono:
1) PRIMA DEL 14 FEBBRAIO 2024
Sotto la guida e l'esperienza dei Docenti le classi possono intraprendere dei laboratori o delle attivita' didattiche al fine di promuovere la sensibilizzazione, la formazione, la riflessione e il confronto tra i ragazzi e le ragazze sul tema della violenza di genere.
Partendo - a titolo esemplificativo e di suggerimento - da queste domande
"Che cos'e' la violenza di genere per te?", "Cosa sono gli stereotipi e le discriminazioni?", "Perche' secondo te nel nostro Paese ogni due giorni una donna viene uccisa?", "Perche' la violenza contro le donne e' cosi' diffusa? Cosa la genera, cosa la alimenta?", "Cosa fanno i Centri Antiviolenza?", "Cosa e' il 1522?", "Cosa diresti ad un uomo che ha commesso un femminicidio?", "Come fermeresti questa spirale di violenza?", "Nella tua esperienza hai mai assistito a comportamenti violenti verso le donne?", "La violenza e' solo fisica o anche psicologica o verbale?", "Cosa bisognerebbe fare secondo te per fermare la violenza contro le donne?", "La violenza di genere e' qualcosa che ti riguarda?".
I docenti potranno scegliere di coinvolgere le classi, magari anche dividendole per gruppi, attraverso queste iniziative:
- Scrivere dei temi o dei racconti brevi
- Realizzare un podcast
- Dare vita ad una mostra fotografica
- Creare un fumetto
- Disegnare dei quadri e raccoglierli in un'esposizione
- Scrivere e realizzare un cortometraggio amatoriale tutti insieme
- Comporre una canzone o un rap
- Realizzare uno spot video di max 30 secondi
- Ideare uno spettacolo teatrale
- Fare un reportage (audio, video o solo testo) documentando esperienze a loro prossime
- Creare una presentazione power point
- Realizzare una serie di interviste per approfondire l'argomento
- Condurre delle ricerche interdisciplinari sul tema coinvolgendo piu' materie
Crediamo che sia cruciale stimolare i ragazzi e le ragazze al confronto sul tema della violenza.  Come introduzione al tema suggeriamo la lettura di un libro che vi sara' inviato gratuitamente, su richiesta. "I Monologhi della Vagina", scritto da Eve Ensler nel 1996 - tradotto in 35 lingue - e' il testo fondante che ha sdoganato tabu' e resistenze e che ancora oggi e' uno straordinario manifesto contro la violenza, un punto di riferimento fondamentale nella lotta quotidiana di tutte le donne del mondo.
Suggeriamo di promuovere un dibattito nelle classi a partire dal libro, ma ogni docente potra' in alternativa scegliere libri, testi teatrali, video che possano comunque raggiungere lo scopo.
2) IL GIORNO 14 FEBBRAIO 2024: REALIZZARE IL FLASH MOB
Il 14 febbraio 2024 - o in giorni in prossimita' di questa data - insieme ad altre migliaia di persone nel mondo, vi chiediamo di realizzare e documentare il vostro flash mob sulle note della canzone "Break the Chain" della quale la nostra organizzazione internazionale detiene i diritti e che vengono concessi gratuitamente a chi aderisce all'iniziativa. Questa canzone e' una esplosione di energia e forza che unisce uomini e donne, ragazzi e ragazze. Qui il link della canzone e il tutorial per imparare la coreografia:
Video Break The Chain 1 con sottotitoli in italiano
https://www.youtube.com/watch?v=XQgPTA5U86o
Tutorial della coreografia curata da Debbie Allen, lo storico volto di Saranno Famosi:
https://www.youtube.com/watch?v=mRU1xmBwUeA
Vi chiediamo per questo di:
- Lavorare ad una libera coreografia della canzone coinvolgendo le classi e i docenti sulle note di "Break the Chain" ballandola tutti insieme ovunque riteniate sia possibile farlo;
- Precedere l'esecuzione della coreografia con delle brevi letture o testimonianze a tema;
Documentare e riprendere con i cellulari le attivita' svolte, postarle sui social taggando #OBR #OBRItalia o inviando qualche scatto o video amatoriale alla mail del coordinamento nazionale obritalia at gmail.com
E' sicuramente gradita, ma non indispensabile, la capacita' di:
- Coinvolgere, la cittadinanza, i genitori, media e ogni soggetto interessato, perche' possa essere divulgato al massimo il significato della vostra iniziativa e partecipazione
- Diffondere sui propri social/siti dell'istituto le informazioni utilizzando gli hashtag dell'iniziativa
Ad ogni scuola che partecipera', regaleremo 2  t-shirt ufficiali One Billion Rising Italia
La violenza contro le donne riguarda tutti noi. Nessuno puo' chiamarsi fuori. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. Abbiamo un disperato bisogno della vostra collaborazione, della vostra energia, del vostro impegno e del vostro entusiasmo. Unitevi a noi. Sara' un cammino forse faticoso, a tratti difficile, ma certamente sorprendente e fertile per la vostra comunita' scolastica. Ce lo dice l'esperienza di questi ultimi dieci anni. I ragazzi e le ragazze hanno un infinito bisogno di essere guidati, di essere accompagnati e stimolati per permettere alla loro creativita', alla loro energia, ai loro pensieri e alle loro parole di sgorgare in tutta la loro unicita' e potenza. Insieme possiamo cambiare la cultura della violenza e del sopruso. Il futuro e' possibile.
Grazie per l'attenzione preziosa,
Cordialmente,
Attivista OBR
Xxxxxxxx xxxxxxxxxx
Mail per adesione: xxxxxxxxxxx
Per aderire mandate una mail a obritalia at gmail.com e verrete contattati da Margherita Santicchia del nostro Coordinamento.

4. REPETITA IUVANT. UNA LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: "PORTIAMO A COMPIMENTO L'INIZIATIVA DI DAVID SASSOLI PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER"

Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo, on. Roberta Metsola,
numerose personalita' della societa' civile e varie associazioni democratiche italiane hanno promosso l'appello "Portiamo a compimento l'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier".
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Qui di seguito il testo dell'appello.
Il 23 agosto 2021 David Sassoli, l'indimenticato Presidente del Parlamento Europeo che sarebbe deceduto pochi mesi dopo nel gennaio 2022, tenne una conferenza stampa in cui annuncio' il suo personale impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da quasi mezzo secolo prigioniero innocente.
L'iniziativa di David Sassoli si ricollegava idealmente a due precedenti importanti pronunciamenti del Parlamento Europeo, del 1994 e del 1999.
E si collegava anche al movimento che in Italia in quel momento riproponeva con forza l'esigenza e l'urgenza che Leonard Peltier venisse finalmente liberato.
In un suo tweet che accompagnava e sintetizzava la conferenza stampa del 23 agosto 2021 David Sassoli dichiarava, in italiano e in inglese:
"Inviero' una lettera alle autorita' statunitensi chiedendo clemenza per Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dell'American Indian Movement, in carcere da 45 anni.
Spero che le autorita' accolgano il mio invito. I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
"I will send a letter to the US authorities asking for clemency for Leonard Peltier. A human rights activist of the American Indian Movement, he has been imprisoned for 45 years.
I hope the authorities will take up my invitation. Human rights must be defended always, everywhere".
Lanciamo un appello a riprendere e portare a compimento quell'iniziativa di David Sassoli per la liberazione di Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
le saremmo assai grati se lei, che ha assunto l'incarico di Presidente del Parlamento Europeo succedendo all'on. Sassoli, volesse porsi a capo di questa iniziativa volta a richiedere al Presidente degli Stati Uniti d'America la concessione della grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
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Gentilissima Presidente del Parlamento Europeo,
sicuramente lei ricorda che il Parlamento Europeo gia' in passato ripetutamente si espresse in tal senso nel 1994 e nel 1999.
E sicuramente lei sa che una Commissione giuridica ad hoc dell'ONU, dopo aver accuratamente riesaminato tutti gli atti processuali, lo scorso anno ha concluso i suoi lavori chiedendo la liberazione di Leonard Peltier.
E sicuramente lei sa anche che nel corso del tempo la liberazione di Leonard Peltier e' stata richiesta da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, da prestigiose organizzazioni umanitarie come Amnesty International, da innumerevoli istituzioni democratiche, da milioni - letteralmente milioni - di esseri umani di ogni parte del mondo, tra cui anche il magistrato che nel 1976 sostenne l'accusa contro di lui e che da anni e' impegnato per la sua liberazione (da allora ad oggi peraltro e' stato definitivamente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" e le cosiddette "prove" contro Leonard Peltier erano false).
Come ha scritto nel suo appello l'indimenticato Presidente Sassoli, "I diritti umani vanno difesi sempre, ovunque".
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Ringraziandola fin d'ora per l'attenzione ed auspicando un suo intervento, voglia gradire distinti saluti.

5. REPETITA IUVANT. PERCHE' OCCORRE SCRIVERE ORA A BIDEN PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Perche' tra un anno negli Stati Uniti d'America ci saranno le elezioni presidenziali.
Ed e' abitudine dei presidenti al termine del mandato di concedere la grazia ad alcune persone detenute.
Quindi e' in questi mesi che Biden decidera' in merito.
E quindi e' adesso che occorre persuaderlo a restituire la liberta' a Leonard Peltier.
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Di seguito le indicazioni dettagliate per scrivere alla Casa Bianca e una proposta di testo in inglese
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
- alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
- alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita'
- alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
- alla voce SECOND NAME: si puo' omettere la compilazione
- alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
- alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo' omettere la compilazione
- alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
- alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
- alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
- alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
- alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta' e il relativo codice di avviamento postale
- alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell'ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e' stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorita' affinche' conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d'ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.

6. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

7. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

8. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

9. RIFLESSIONE. LAURA COLOMBO: E' ORA DI CAMBIARE
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo la seguente Introduzione alla redazione aperta di Via Dogana Tre E' ora di cambiare, 3 dicembre 2023]

Il numero di Via Dogana 3 "E' ora di cambiare" e' quanto mai opportuno in questo momento storico, la mia vuole essere una breve introduzione che da' alcuni spunti di riflessione a partire dai recenti efferati casi di cronaca e dalla conseguente risonanza mediatica.
Per ragioni contingenti e personali, mi sono ritrovata in quest'ultima settimana a vedere alcuni dei cosiddetti talk show televisivi incentrati sul caso di femminicidio di Giulia Cecchettin, e la parola piu' diffusamente utilizzata e controversa era patriarcato. Sono rimasta molto colpita dall'approssimazione e superficialita' di quello che veniva narrato, e trovo che la stessa cosa succeda sui social e alla radio: vengono espresse posizioni che man mano si radicalizzano per contrapposizione, ma sono per lo piu' inaccurate. Invece ho trovato molto lucido e prezioso il contributo di Ida Dominijanni su Internazionale, dal titolo "Il campo di battaglia del patriarcato vacillante" (1), che tutte e tutti dovrebbero leggere, come pure un'intervista, sempre a Ida Dominijanni, pubblicata sull'Unita', e intitolata "Il patriarcato e' ferito, per questo e' piu' feroce" (2). In estrema sintesi, il punto che voglio sottolineare e' che si tratta di saper nominare quello che sta capitando per far ordine, e la parola giusta per il nostro imbrogliato presente e' post-patriarcato.
Il n. 23 della rivista cartacea Via Dogana aveva come titolo "La fine del patriarcato", e' uscita a settembre del 1995, e Luisa Muraro nell'articolo "Salti di gioia" scrive: "questi sono i tempi della fine del patriarcato, dopo quattromila anni di storia e chissa' quanti di preistoria. E' finita! E' finita! E' finita!". Ma cosa precisamente e' finito? E' stato interrotto il secolare destino prescritto per le donne, la legge e il desiderio maschile hanno smesso di essere riferimento e misura per le donne. In altri termini, le vite femminili sono diventate ricerca di senso in prima persona, le relazioni tra donne sono diventate visibili nello spazio pubblico. E' chiaro quindi che bisogna parlare di post-patriarcato, perche', se non e' finito il potere maschile e la sua ricerca da parte degli uomini, e' cessato l'assoggettamento delle donne, e' terminato il credito che le donne davano al sistema socio-simbolico rappresentato dal patriarcato. Ida Dominijanni efficacemente dice che nel patriarcato le "donne non c'era neanche bisogno di ammazzarle, perche' erano addomesticate". E continua dicendo "Adesso abbiamo un patriarcato ferito, ferito dalla liberta' femminile guadagnata, che quindi reagisce a questa liberta' in modo efferato".
Se poi pensiamo alle guerre in corso, il quadro della mascolinita' si tinge ancor piu' di fosco. Sui social spopolano i modelli piu' violenti e machisti, gli stupri e le violazioni dei corpi femminili sono armi trasversali di una guerra generalizzata.
Torno al femminicidio di Giulia Cecchettin, perche' ritengo sia paradigmatico di elementi retrivi e fatti del tutto nuovi. Nella narrazione piena di sproloqui sul patriarcato, una certa vulgata di destra lo rubrica a fatto legato alla criminalita', a un malessere individuale, un raptus e un gesto di follia. Elena Cecchettin, la sorella della vittima, ha creato una cesura nella narrazione della violenza sulle donne (3), mostrando chiaramente il problema sociale e politico dei femminicidi, ovvero il problema di un maschile che non sa stare alla misura della liberta' femminile, che non puo' sopportare l'indipendenza delle donne da desideri e imposizioni di un lui debole e in affanno, e cio' vale a tutte le latitudini e in tutti i sistemi sociali, quelli dove le donne non hanno diritti e quelli dove le donne sono piu' emancipate. Il punto nodale non e' quindi il patriarcato, inteso come sistema socio-simbolico di dominio dell'uomo sulla donna. La vera questione e' la cultura patriarcale, alimentata da guerra e violenza, che fissa l'identita' maschile in una tradizione anacronistica.
Il movimento MeToo ha fatto un lavoro importante mostrando in quale misura l'atteggiamento maschile che avanza soverchianti pretese, incurante del desiderio di lei, permei la nostra cultura. Ma questo non basta: smascherare, svelare, denunciare non e' abbastanza per attuare una modificazione del sistema. Pensiamo alla frase agghiacciante pronunciata dall'assassino durante l'interrogatorio, cosi' come la riportano i media: "Non accettavo che non fosse piu' mia", la quintessenza di una cultura del possesso e del dominio. E qui si innesta anche il discorso del neoliberismo, inteso come quella forma specifica di biopolitica dove la dimensione sociale, politica ed economica implodono in un sistema che e' tutt'altro che repressivo, al contrario, e' un sistema che produce, incrementa e risignifica la liberta' degli esseri umani secondo il codice del mercato. Se per le donne la questione cruciale e' l'assimilazione della liberta' femminile da parte del neoliberismo, e per approfondire questo accenno rimando al libro curato da Stefania Tarantino e Tristana Dini Femminismo e neoliberismo (4), per gli uomini il punto critico e' l'evaporazione del padre e della sua Legge, ovvero la sparizione dell'interdizione a favore dell'ingiunzione al godimento, del godimento immediato dell'altra ridotta a oggetto. A questo proposito, scrive Ida Dominijanni: "Se il possesso di una donna diventa cosi' irrinunciabile e il suo diniego cosi' insopportabile, le ragioni vanno ricercate anche nell'economia psichica propria dell'impero della merce e del mercato, che non genera mostri devianti ma figli disciplinati e conformi, perfettamente assoggettati alle sue norme: 'i nostri bravi ragazzi', insospettabili fino a un attimo prima di estrarre un coltello dallo zaino".
In questo quadro, tuttavia, abbiamo visto sorgere un grande desiderio di politica delle giovani donne, non solo nelle manifestazioni del 25 novembre, ma anche in un fiorire di iniziative di collettivi e gruppi di giovanissime, in cui si mette in parola l'esperienza, si fanno circolare idee, si condividono gesti di discontinuita'. Ne voglio citare una, il lavoro fatto da ragazze e ragazzi della redazione de L'Urlo, la rivista mensile del Liceo classico Manzoni di Milano. In occasione del 25 novembre, hanno lavorato al progetto Morgana, producendo un podcast con le testimonianze raccolte tra le ragazze della scuola (5) e realizzando interviste ai professori della scuola, sulla scorta della discontinuita' che il caso di Giulia Cecchettin sta evidenziando. Martina Ghanbari, che frequenta il secondo anno, ha svolto le interviste, redatte poi in un fascicolo che e' stato distribuito a tutti gli e le studenti della scuola. Riporto due passaggi dignificativi:
"Quale messaggio vorrebbe trasmettere ai propri studenti?
Professor Sivelli: [...] Se sono maschio, docente o studente che sia, e mi conosco sia dal punto di vista morale sia nei rapporti col genere femminile, mi ritengo di conseguenza esonerato da questo discorso perche' tanto "io non sono cosi', lo so". Non dovremmo mai considerarci immuni. Solo se siamo costantemente minacciati, solo se pensiamo che puo' accadere anche a noi, solo se facciamo tutti un continuo lavoro di introspezione, si puo' pensare a un cambiamento. Non lasciate che gli eventi vi vengano messi davanti agli occhi, sentiteli come problemi vostri, che incombono anche sulla vostra identita' di maschio".
E' notevole il passaggio dalla ferma certezza del proprio fondamento morale, che dispensa da qualsiasi implicazione e mette l'uomo nella consueta posizione giudicante, a una inedita vulnerabilita', che domanda la presa di coscienza in prima persona, per tutti e ciascuno.
"Hai mai assistito a episodi di violenza? Come hai reagito?
Professor Morelli: [...] Quello di cui mi sono stupito e' che persone che io reputavo civili, educate, rispettose delle regole del prossimo, dei rapporti, tendenzialmente anche abbastanza consapevoli dal punto di vista sociale (6), hanno poi manifestato atteggiamenti inaspettati e inesplicabili nei confronti della propria compagna o della propria partner: di non accettazione, di rifiuto e di incapacita' di accettare l'esito di una relazione amorosa che non mi sarei mai aspettato da loro. Stiamo parlando di violenza verbale e, nella peggiore delle ipotesi, di stalking, che sono manifestazioni odiose del proprio modo di essere. Tutto e' concentrato in quel sottobosco di relazioni tossiche che rendono ancora piu' grave il problema di cui parliamo. Parliamo della normalita', non stiamo parlando di un ragazzo che uccide una ragazza".
Lo stupore iniziale lascia il posto alla consapevolezza che si tratta di una violenza endemica e strutturale alla "normalita'" dei rapporti tra i sessi.
C'e' un filo di speranza, se la percezione che sia ora di cambiare diventa moneta corrente tra gli uomini e se questo dolore collettivo riesce a essere un efficace agente di cambiamento.
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Note
1. www.libreriadelledonne.it/puntodivista/dallastampa/il-campo-di-battaglia-del-patriarcato-vacillante/
2. hwww.unita.it/2023/11/22/il-patriarcato-e-ferito-per-questo-e-piu-feroce-parla-ida-dominijanni/
3. La stampa straniera, in particolare spagnola, ha registrato questo cambiamento, come esempio voglio citare un articolo di El Pais dal titolo significativo "El asesinato machista que puede cambiar Italia" (qui la versione in inglese: english.elpais.com/international/2023-11-28/the-femicide-case-that-can-change-italy.html). Del resto, la Spagna lavora da tempo sia politicamente che culturalmente contro la piaga dei femminicidi, particolarmente cruenta nella penisola Iberica. Ricordo il film del 2003 "Ti do i miei occhi", della regista Iciar Bollain, un vero manifesto femminista, intendendo il femminismo come la presa di coscienza di una donna e la messa in gioco della sua liberta', a partire dalle relazioni con altre donne.
4. Dini T.; Tarantino S. (a cura di), Femminismo e neoliberalismo. Liberta' femminile versus imprenditoria di se' e precarieta', 2014, Natan Edizioni
5. Si puo' vedere su YouTube all'indirizzo www.youtube.com/watch?v=1z_NrjVpUDo
6. Qui il professore ha fatto il ritratto perfetto dell'uomo progressista e "di sinistra".

10. RIFLESSIONE. GIORGIA BASCH: E' ORA DI cambiare
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo la seguente Introduzione alla redazione aperta di Via Dogana Tre E' ora di cambiare, 3 dicembre 2023]

Nei giorni scorsi, durante le manifestazioni che si sono tenute nelle piazze d'Italia contro la violenza sulle donne, una frase e' spiccata su tutte: "Siamo marea". Marea sono state le oltre 500.000 persone che hanno partecipato a Roma il 25 novembre, e migliaia di altre in diversi luoghi pubblici del Paese, come qui a Milano, dove si sono riunite 30.000 persone. Marea sono le tantissime voci che si sono sollevate con rabbia nelle strade, ma anche sui media tradizionali e nelle fitte comunita' virtuali sui social.
Ma andiamo alla radice di questa parola che sta identificando un fenomeno che mai come in questo momento ho sentito cosi' potente, quello che chiamiamo cambio di civilta'. Marea e' il movimento delle acque del mare che periodicamente due volte nelle ventiquattro ore del giorno gonfiano, montano e si espandono sulle rive. Dunque marea implica un moto, sempre destinato a ritornare.
Quando si parla di femminismo all'interno della storia, si parla di ondate. La suddivisione cronologica della storiografia femminista in termini di ondate non ha trovato un riscontro unanime, ma come scrive la storica francese Christine Bard, "Un'ondata puo' essere ricoperta da un'altra senza scomparire" (1). Pur con le differenze e le frammentazioni all'interno del movimento che conosciamo, le giovani femministe che abbiamo visto nelle piazze in questi giorni mai come in questo momento sembrano unite da un obiettivo e una forza comune, la liberta' femminile, abbracciando pienamente l'eredita' delle "storiche" e prolungando, o forse dovremmo dire ridando vita da un nuovo punto di vista alle lotte condotte negli anni '70.
I fatti recenti smentiscono l'idea del post-femminismo che circolava tra noi giovani donne solo qualche anno fa, nella convinzione che la liberta' e' stata raggiunta una volta per tutte. In queste settimane si e' detto anche che il patriarcato e' ancora qui, e' stato chiamato a gran voce da donne arrabbiate, donne ferite, donne che ne hanno abbastanza. E' un patriarcato eroso, un fantasma del patriarcato che si nasconde nelle relazioni personali e nei luoghi di lavoro, un patriarcato che, marea dopo marea, ha un volto nuovo che abbiamo appena compreso: quello dell'uomo-vittima. L'uomo che non si riconosce piu'. L'uomo che non sa piu' come prenderci. L'uomo che si sente in competizione con le donne. L'uomo che collabora fintanto che a farla da padrone e' lui. Dall'ego-soggettivismo superomista alla prigione a cielo aperto della "citta' delle donne". Dal furore alla disfatta. Povero uomo.
Come ci dicono le piazze recenti, tutti gli uomini sono responsabili. Io penso sia importante ribadire che tutti gli uomini sono responsabili delle azioni e dei comportamenti che condurranno da questo momento in avanti, singolarmente e collettivamente, perche' qualcosa ora e' davvero cambiato e bisogna guardare avanti per costruire un disegno comune. La dimensione collettiva sembra darci una prospettiva futura in questo momento, in cui la dimensione soggettiva e' spesso associata a quella individuale nel senso di individualista, di solitaria, egoriferita, come la dimensione digitale dei nostri profili, come la solitudine che ognuna di noi sente quando si tratta di affrontare i problemi veri, solitudine che forse sentono anche gli uomini, frutto di un'impotenza generazionale.
Eppure credo che e' proprio nella dimensione soggettiva, intima e personale che il cambiamento potra' avvenire. Certo cosa significa "personale", che sentiamo nello slogan femminista "il personale e' politico", nell'epoca in cui la dimensione pubblica e privata si articola attraverso degli account? Forse bisognerebbe partire proprio da qui, cosa e' personale per noi? Quell'io singolare proprio mio di Patrizia Cavalli, titolo di una sua raccolta del '92, in cui riaffiora ora la poesia "Dentro il tuo mare viaggiava la mia nave dentro quel mare mi sono immersa e nacqui. Mi colpisce la novita' della stagione e il corpo che si accorge di aver freddo".
Personale e' forse partire da se', come abbiamo imparato a fare qui in Libreria, per scoprirsi sole e incomplete senza il se' dell'altra e dell'altro, personale e' vuoto senza lo sguardo di chi ci guarda fuori da noi. Noi donne questo lo sappiamo, e il nuovo bisogno di ricreare comunita' reali e virtuali che siano uno spazio di parola alternativo ci racconta proprio questo. In queste settimane anche qui a Milano sono nati nuovi spazi di condivisione anche in luoghi che non sono deputati a incontri femministi. Questi momenti di autocoscienza in alcuni casi hanno scosso molte ragazze, hanno preso coscienza della violenza subita da parte degli uomini negli ultimi anni, violenza fisica, verbale, emotiva, economica. Questo ha generato anche atteggiamenti di chiusura verso gli uomini, di inevitabile diffidenza, perche' il nemico potrebbe essere tra noi, a casa, al bar o in ufficio. Al netto della positivita' che questa forte risposta sta generando nello scuotere le coscienze, questa chiusura e alcune forme di nascente separatismo e radicalizzazione da parte delle donne mi preoccupano. Perche' l'autorita' femminile continui a circolare sempre di piu' abbiamo bisogno di farla sentire agli uomini anche e soprattutto con nuove forme di mediazione, che partano dalla dimensione relazionale.
Le relazioni di potere contro cui combattiamo ogni giorno sono la radice di molti dei problemi che viviamo in prima persona. Sono relazioni, non corpi astratti a cui diamo il nome di "societa'", come se in qualche modo fosse compito sempre di altri. Queste relazioni si basano sull'idea patriarcale di controllo, controllo dell'uomo rispetto al margine di azione di una donna, ma a volte anche di donne rispetto ad altre donne. Controllo viene dalla parola francese controle ovvero contro registro, il che ci riporta alla vigilanza, a un occhio burocratico, cio' che appunta lo sguardo. Dello sguardo molto ci ha detto Irigaray, e del potere maschile di guardare, del male gaze, sentiamo il peso in ogni momento. Lo sguardo maschile appunta cio' che facciamo quando ci vestiamo in un certo modo, quando ci mostriamo sui social, quando esprimiamo la nostra sessualita', mentre lavoriamo. Lo sguardo maschile ruba. Lo sguardo quantifica il nostro potere di scambio in quanto merce-corpo pensante e brillante nell'economia liberista.
E' interessante in questo senso quanto ha detto nella conferenza del progetto Elles a Paris Photo lo scorso novembre la curatrice Nathalie Herschdorfer: che forse non dovremmo piu' parlare di female gaze in opposizione e in risposta allo sguardo maschile, ma che abbiamo bisogno di altre parole. Di parole nuove per dire di noi, e per parlare con gli uomini. Fintanto che le nostre parole non saranno diverse per raccontare cosa vogliamo e come lo vogliamo non assisteremo alla svolta che intravediamo.
Mi piacerebbe che la nostra sacrosanta rabbia, che in questi giorni ha usato anche parole bellicose, si facesse innanzitutto produttiva, produttiva di un cambiamento che e' qui nelle nostre mani e che dobbiamo cercare di attualizzare mostrando agli uomini che un dialogo e' possibile. Che si puo' imparare con noi, ora. Che il mansplaining manifesto o meno e' finito. Che il nostro approccio alle emozioni puo' rendere le loro e le nostre relazioni migliori. Che nuove pratiche nel mondo del lavoro e del fare arte sono a beneficio di tutti. Che anche per gli uomini e' arrivato il momento di partire da se' e di chiedersi con noi: quando ci sentiamo davvero libere e liberi?
Anch'io come tutte le donne ho avuto a che fare con atteggiamenti violenti da parte di uomini, nelle relazioni e nel lavoro. Si e' trattata di violenza psicologica e a volte economica. Ma non voglio dire che l'ho subita, perche' non e' stato cosi': ho capito, ho reagito, ho lottato. Ho creato uno spazio mio di lavoro e di vita in cui i vecchi metodi basati sulla sopraffazione non valgono piu'. Ancora oggi mi devo interfacciare con uomini che cercano di sminuirmi, che fingono di non vedermi anche se guardano, che cercano di togliere valore alle mie idee perche' tutto si basa sul principio che vali solo se dai, se produci, e se ti tolgono quello non vali piu' nulla neanche tu. E invece prima ancora di dare, ci sono. Esserci basta. Starci. Riversarsi nel mondo come marea, senza contenersi. Il nostro pensiero e il nostro sentire non sono disgiunti da noi e hanno valore nello scambio, non nella valutazione. Agli uomini dico, questa sono io, e non ci sara' nessun diritto, nessuna legge, nessuna simmetria a farmi sentire amata. Ci sara' la complicita' dello sguardo congiunto, ci sara' l'ascolto della nostra differenza.
*
Note
1. Christine Bard, Une histoire feministe est-elle possible? La transmission universitaire, entre libertes et contraintes, Les cahiers du CEDREF, 2005.

11. RIFLESSIONE. CLARA JOURDAN: INDIPENDENZA E LIBERTA'
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo]

In un recente articolo, Donne e lavoro, l'Italia resta indietro. Senza indipendenza non c'e' liberta', (La Stampa, 27 novembre 2023) Elsa Fornero afferma giustamente l'importanza dell'indipendenza per essere libere. Di quale indipendenza parla? "La liberta' non si conquista senza l'indipendenza economica e questa a sua volta si ottiene con il lavoro", il lavoro retribuito intende. Ma qui si pone un problema, anzi due.
Collegare la liberta' al lavoro retribuito e' vero fino a un certo punto, lo smentisce la vita di quelle donne che dovendo sommare il lavoro retribuito a quello domestico non hanno piu' tempo e forze per nient'altro. Alla faccia della liberta' conquistata. Allora per capire la realta' bisogna smettere di chiamare lavoro solo quello retribuito. Lavoro e' "tutto il lavoro necessario per vivere", come e' stato scritto (Immagina che il lavoro, Sottosopra 2009). Tutto il lavoro necessario per vivere e' quello che fanno gran parte delle donne, e considerarlo tale da' senso a un modo femminile di intendere e praticare il lavoro, un modo prezioso e indispensabile per mantenere in vita l'umanita' e che potrebbe diventare un insegnamento per tutti, specialmente in tempi in cui la guerra mostra i terribili limiti delle concezioni maschili della realta'. Un grande lavoro quello femminile, si', ma la liberta'?
Veniamo al secondo problema. Per una liberta' non ricalcata sui modi storicamente maschili occorre scostarsi dall'idea di indipendenza solo come indipendenza economica. E' un fatto che ieri come oggi anche donne che hanno un lavoro retribuito o un altro reddito proprio continuano a dipendere da uomini, non solo mariti affettuosi o maltrattanti, ma datori di lavoro, compagni di partito ecc. Prima che l'indipendenza economica, dunque, per la liberta' delle donne e' necessaria l'indipendenza simbolica. In molte l'hanno sperimentata nel femminismo, tutte facendo conto sulle relazioni con altre donne. Cosa vuol dire concretamente indipendenza simbolica? Innanzitutto, non svalorizzare quello che desiderano e fanno le donne se diverso da quello che desiderano e fanno gli uomini, come invece leggo piu' avanti nell'articolo: "la parita', pero', non e' ancora raggiunta nelle discipline piu' scientifiche, non per inadeguatezza ma per sottili 'consigli' a seguire percorsi di studi piu' 'adatti alle donne', secondo pregiudizi diffusi". Ho insegnato per tanti anni in un istituto tecnico turistico e linguistico, frequentato per il 95% da ragazze. Ragazze sottilmente consigliate? Eppure studiavano con interesse e piacere le lingue, la storia dell'arte, la filosofia... Forse il pregiudizio e' in chi disprezza le scelte femminili quando non coincidono con quelle maschili. E riguardo alla scienza, ormai studiata e praticata da innumerevoli donne, viene anche il sospetto che l'esigenza di una totale parita' di impegno scientifico femminile sia in funzione dell'attuale sistema economico ("l'Italia resta indietro"), piu' che della liberta' delle donne.
Non dubito che quello che Fornero scrive venga dalla sua esperienza personale di pregiudizi, discriminazioni, umiliazioni... La capisco e so che queste cose fanno parte della nostra storia. Ma partire da se' non vuol dire assolutizzare la propria esperienza, fermarsi li' nell'interpretazione del mondo per tutte. C'e' sempre altro. Per esempio, io che sono della stessa generazione dell'ex ministra ho avuto anch'io un consiglio "sbagliato" ma di segno opposto: il mio professore di matematica mi consiglio' ingegneria, non scienze politiche come volevo e ho fatto. E sono diventata femminista per un desiderio di liberta' femminile, non di parita' con gli uomini. Come moltissime altre non ho "reclamato l'uguaglianza", anche se questa e' stata la risposta formale delle istituzioni politiche.
Non mi dilungo, cio' che dico e' stato detto e scritto molte volte e da molte donne negli ultimi sessant'anni. Ma l'interpretazione corrente resta quella stereotipata espressa dall'articolo di Fornero: parita', parita', parita'! Mi domando se non sia un modo, forse inconsapevole, per rassicurare gli uomini che restano al centro dei nostri pensieri, per fargli credere che quello che vogliamo si misura con i loro traguardi economici e politici, per dirgli che non hanno nulla da temere dalla liberta' delle donne. Affinche' smettano di ucciderci? Finora non e' servito.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 346 del 12 dicembre 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che negli anni Ottanta ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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