[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 239



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 239 del 27 agosto 2023

In questo numero:
1. Dorella Cianci: Afghanistan, poesie d'amore negato
2. Carola Spadoni: Aziz Hazara, Kabul e i detriti della guerra
3. Esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
4. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
5. Una proposta per le elezioni europee del 2024: una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo
6. Ancora un appello per la liberazione di Leonard Peltier
7. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
8. Alcuni riferimenti utili
9. Tre tesi
10. Ripetiamo ancora una volta...
11. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
12. Solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani

1. L'ORA. DORELLA CIANCI: AFGHANISTAN, POESIE D'AMORE NEGATO
[Dal quotidiano "Il manifesto" riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista del 19 agosto 2023 dal titolo "Afghanistan, poesie d'amore negato" e il sommario "Il racconto. Gohar K. e il suo amore impossibile, una storia afgana"]

Alcuni anni fa la sociologa della comunicazione e traduttrice Anna Vanzan, esperta anche di Islam, scrisse, parlando di poetesse afghane rifugiate in Iran, un bellissimo saggio, in cui si legge: "La poesia e' stata sempre la piu' importante forma culturale in Afghanistan, rappresentando un modo per comunicare idee, inclusa la protesta socio-politica. Da tempo immemore l'Afghanistan ha ospitato tenzoni poetiche dove gli artisti potevano competere in eloquenza e cultura improvvisando liriche, composte secondo i canoni estetici e letterari dettati dai maestri della letteratura persiana. Data la struttura fortemente patriarcale della societa' afgana, non c'e' da meravigliarsi che la produzione poetica femminile sia inferiore - quantitativamente - a quella dei loro colleghi, nonostante le donne abbiano cominciato a poetare almeno fin dal X secolo, quando la figlia del governatore di Balkh, Rabi'a, componeva liriche in arabo e in persiano. Divenne famosa, tanto che le sue poesie venivano recitate pubblicamente nei circoli letterari: fu in una di queste occasioni che Rabi'a declamo' alcuni versi in cui confessava di amare uno schiavo di suo fratello. Questi, sentendo il nome della sua casata in relazione a quello di un servo, si infurio' a tal punto da ordinare che la sorella venisse condotta nell'hammam e le fossero tagliate le vene. Ma, prima di morire, Rabi'a scrisse, col proprio sangue, alcuni versi sulle pareti del bagno, sia in dedica al suo amato sia come atto d'accusa al fratello assassino". Questa storia ricorda tanto quella di Gohar K., innamorata, sin da adolescente, di Aman, la giovane figlia dei domestici di famiglia. Gohar e Aman, con pochi anni a divederle, ma entrambe straordinariamente belle, sono sempre state legate da un affetto profondo e segreto; un affetto non ostacolato, proprio perche' sconosciuto alle loro famiglie, con condizioni sociali ed economiche molto diverse. La storia di Gohar si complica proprio con il ritorno dei talebani nell'agosto del 2021. Abbiamo raccolto la sua testimonianza, come un ulteriore segmento da unire a tutte quelle tremende storie di violenza che le donne, da un certo momento in poi, hanno subito in Afghanistan. Qui di seguito il suo racconto.
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- Che cosa accadde da quel 15 agosto in poi nella sua vita?
- Quando gli americani hanno abbandonato in fretta, e quasi di nascosto, Kabul, in citta' e' tornato il regime di sospetto e terrore, che gia' i nostri genitori avevano conosciuto. Tutto il mondo l'ha raccontato. Questo non vuol dire certo che tutto il mondo l'ha compreso. Dal raccontare al comprendere davvero che cosa abbiamo vissuto e sentito nel nostro animo, c'e' di mezzo un oceano intero, quasi galassie direi. Occorreva tenere gli occhi aperti perfino coi vicini di casa, per evitare che riferissero al regine talebano atteggiamenti femminili "compromettenti" (compromettenti secondo i parametri violenti e patriarcali del nuovo potere instauratosi). Le donne avevano iniziato a sentire come impossibile e asfittica quella vita che si stava preparando a diventare la quotidianita'. Una donna poetessa - come sono io - che ama un'altra donna era da mettere a margine gia' negli anni precedenti, ma, dopo quel famigerato 2021, la condizione diventava pericolosa, anzi illegale. Era la legge a decidere per i miei sentimenti. Questo e' accaduto a me e ad Aman. Qualcuno ha visto del bene tra noi, dalle fessure, dagli angoli, e ha avvertito mio fratello e mio padre. Non siamo state semplicemente separate... Le nostre storie si sono completamente divise. La mia ricca famiglia mi ha mandata in viaggio studio a Londra (dove ora risiedo); la mia amata compagna, con pochissime risorse economiche, e' rimasta li', dopo aver espiato quella che, secondo i talebani, e' una colpa tremenda. I miei versi, da quel momento in poi, sono sempre per Aman e per tutte quelle donne violentate. Due uomini del regime gridavano che le avrebbero "insegnato a esser donna". Le avrebbero indicato "la via per essere una vera donna".
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- La "via per esser donna" era quello dello stupro?
- Si', ma dello stupro di gruppo, a cui spesso sono avvezzi i talebani. Non ho visto nulla, ho solo sentito dei racconti, perche' avevo gia' raggiunto Londra, per iniziare una comoda e confortevole vita universitaria. Eppure, ogni giorno che il cielo manda in Terra, ho pensato a quella barbarie sul corpo della piccola Aman, ai suoi diciassette anni, alla sua impreparazione a tutto. Se fosse successo a me, avrei sofferto meno... E non solo per via dei miei venticinque anni! Ho una diversa durezza, ho conosciuto gli uomini delle nostre parti e ho gia' addentato la loro crudelta'. Aman non ha conosciuto niente, se non qualche casto bacio e tanta poesia.
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- La vostra storia e' difficile da raccontare a parole, perche' mette insieme tanti aspetti tremendi: la storia che si e' incagliata nelle vie di Kabul, l'azzeramento dei diritti sulle donne, la violenza sugli omosessuali, l'incomprensione dell'attivita' poetica al femminile, l'imposizione dell'ignoranza. Il vostro dolore ci riguarda tutte. Vengono cosi' in mente i versi di un poeta afghano, residente in Italia, Basir Ahang "Da Kabul a Roma / da Tamerlano a Giulio Cesare / passando per terre che trasudano de Gobineau / Questo momento mi appartiene". Le vostre storie si intrecciano alle nostre vite e ci appartengono.
- Lei e' davvero sicura di questo? Il dramma delle afghane e' un articolo giornalistico ogni mese, per l'Occidente; per noi e' un racconto di torture, separazioni, mutilazioni, ignoranza. Non saremo mai sullo stesso piano. Le nostre storie non si intrecceranno mai. La mia vita sentimentale non apparterra' mai alla cultura inglese o europea; purtroppo, pero', non apparterra' piu' neanche alla cultura afghana. Negli anni '50 queste cose sono gia', in parte, accadute, ma le femministe del nostro popolo potevano almeno manifestare il dissenso. Oggi non c'e' dissenso in Afghanistan. Persino le donne iraniane possono piu' di noi! (Ovviamente correndo numerosi rischi). Noi non possiamo neanche correre il rischio. Oggi a Kabul non potra' mai esserci un'altra Meena Keshwar Kamal: sarebbe subito minacciata o condannata a morte. Meena, invece, negli anni '70, cioe' prima che le donne afghane ottenessero la liberta' di mostrarsi senza velo in pubblico, aveva protestato pubblicamente contro il cosiddetto "governo fantoccio russo". Era una femminista e attivista per i diritti delle donne. Ora la situazione e' ancor piu' grave: il mondo guarda solo alla Russia e all'Ucraina; la Cina pensa a come avvantaggiare i propri affari in concorrenza con gli Usa; l'Iran e il Cremlino stesso - pur senza una reale simpatia - si guardano bene dall'ostacolare il regime talebano. E' come se tutto il mondo abbia, in un certo senso, riconosciuto che l'autoritarismo e la violenza talebana siano il destino naturale di Kabul e di tutto l'intero Paese. I talebani, per quasi tutto il mondo, sono stati "normalizzati": non sono, invece, un fenomeno da baraccone con barbe lunghe. Sono ignoranti e crudeli e tanto piu' ignoranti e tanto piu' creduli. La poesia stesso e' un atto sovversivo.
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- E lei come vede la situazione da Londra?
- La mia poesia e' rinchiusa nel mio dolore e nella mia nostalgia. Io non vedo Londra e non vedo Kabul, non sento nel mio animo ne' l'Oriente ne' l'Occidente. Conosco solo la religione dei miei versi, che mi tengono in vita e consolano la mia situazione. Non posso tornare nel mio Paese, ma non ho alcuna curiosita' di vedere l'Europa ne', pur potendomi permettere economicamente dei viaggi, ho voglia di andare negli Stati Uniti. Dal tradimento americano e dall'ignavia di tutto l'Occidente dipende la violenza sulla mia piccola Aman, la fine del nostro amore, la nausea delle nostre vite. Non possono aiutarmi a dimenticare, non voglio dimenticare e la mia cultura non conosce ne' la misericordia ne' il perdono. Io sono figlia dei landay, dei piccoli componimenti poetici segnati dall'ardore della resistenza all'oppressione. La mia e' una poetica della resistenza; se qualcuno mi parla di perdono non fa altro che accrescere, in me, l'ansia della vendetta. Non posso non sentire il dolore delle donne; non posso mettere da parte quello che Aman ha subito sul proprio corpo, alla sua eta'.
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Versi

Il sole non sorge a Kabul
e non ci sono strade dei sogni verso Herat;
il sole non sorge a Kabul da quando
il fratello uccide la sorella
da quando la sorella mente alla madre
da quando la madre e' complice muta
della violenza barbuta.
L'autostrada per Teheran ha conosciuto
il nostro dolore, la ferita dei tuoi anni,
l'oltraggio della tua carne: non c'e' padre madre o dio
da quel momento
ma solo le urla del maiale sanguinante
o farfalle fracassate sulla polvere
con pietre appuntite.
Prova ad amare ancora,
Aman, scorda i miei occhi e avrai salva la vita.
Provo ad amare ancora,
scordo i tuoi occhi, e provo a salvare il mio futuro.
Ma non c'e' destino oltre i nostri nomi,
non c'e' radice oltre il tuo e il mio nome insieme.
Non vedo Londra e non vedi Kabul:
siamo come morte che camminano.
Se il bacio e' un peccato
Cos'e' mai la lapidazione per voi?
Se il mio bene unito a un altro bene
Non vi procura gioia,
cos'e' mai lo stupro per voi?
Se una mano in un'altra e' scandalo
Cos'e' mai l'ignoranza per voi?

2. AFGHANISTAN. CAROLA SPADONI: AZIZ HAZARA, KABUL E I DETRITI DELLA GUERRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" riprendiamo e diffondiamo la seguente intervista del 19 agosto 2023 dal titolo "Aziz Hazara, Kabul e i detriti della guerra" e il sommario "Incontro. L'artista si racconta: Sono cresciuto in una citta' e in un paesaggio occupati"]

Aziz Hazara e' un artista afghano trentenne il cui lavoro negli ultimi anni e' stato riconosciuto a livello internazionale ed ampiamente premiato. Il video e la fotografia sono i media principali, la guerra e le conseguenze, nel paesaggio con cui lui e' cresciuto, il tema che occupa tutti i suoi lavori.
A Berlino si e' da poco chiusa la sua personale Dress Code alla Psm Galerie mentre in Italia alla Ica di Milano c'e' stata la mostra dal titolo Condemnation. Attraverso le sue opere, l'artista rende evidente come la guerra in Afghanistan abbia consumato, contaminato e riconfigurato ogni aspetto dell'ambiente, trasformandolo in un terreno attivo per l'esercizio del potere e dell'influenza e al fine di impedire ogni tentativo di resistenza. Nella sua installazione fotografica su larga scala I am looking for you like a drone, my love (2021-2022) Hazara presenta una vista panoramica dell'enorme quantita' di materiale di scarto, inclusi rifiuti elettronici, tecnologia militare e altri rifiuti lasciati dall'occupazione americana dopo il loro ritiro dalla base aerea di Bagram fuori Kabul. Questa immagine travolgente fornisce una testimonianza della realta' dei detriti materiali della guerra, del tributo ambientale e della sua presenza contaminante per la vita locale.
Con Aziz ci siamo conosciuti pochi giorni prima della presa di Kabul nel 2021, quando entrambi eravamo artisti in residenza e vicini di studio al Kuenstlerhaus Bethanien di Berlino. Giorni di mezza estate, ferragosto in Italia, nei quali ci si aggiornava di continuo incrociando le notizie dalla Germania, dall'Italia e da quello che si riusciva a sapere da Kabul. Una presa diretta dove i confini della fortezza Europa, che insieme ai suoi alleati scappava da una terra priva di pace, sfruttata e martoriata, si ergevano in questa occasione sempre piu' massicci e obsoleti.
Ci siamo sentiti di recente, dopo i convenevoli aggiornamenti sulle rispettive famiglie Aziz mi ha spiegato che a Kabul le cose vanno relativamente meglio, dal periodo subito successivo alla fuga degli occidentali, e nel dettaglio mi ha indicato che la zona calda della guerriglia di sommossa si e' ormai spostata verso l'Asia centrale e attualmente e' nel nord dell'Afghanistan che la situazione e' piu' turbulenta.
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- Una prima cosa tengo a chiederti: come ti senti con l'idea di casa?
- Di sicuro la mia casa e' Kabul! Mi sento a mio agio in Europa occidentale ma non e' certo casa anche se ci vivo gia' da un po'. La cosa assurda e' che tante delle persone che conosco e che rendono Kabul "casa" sono in giro per l'Europa e l'Occidente, sono fuoriuscite e vivono altrove. Molti amici con cui sono cresciuto vivono a Marsiglia, a Parigi o Francoforte e ritrovarci in queste citta' restituisce una simultanea estraneita' e vicinanza. Sono andato a trovare un amico in un piccolo paesino austriaco lungo la frontiera con l'Italia e vederlo alla stazione ferroviaria nel mezzo dell'occidente mi e' parso stranissimo. Kabul e' una citta' il cui paesaggio e' - ed e' stato - in costante cambiamento e dislocamento e dalla quale la generazione precedente emigrava in Iran, Pakistan e comunque nell'area. In questi ultimi vent'anni, a causa della guerra, il dislocamento delle persone e l'emigrazione avviene su scala globale. Adesso ho tanti amici afghani che vivono anche in piccoli paesini in Italia.
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- Allo stato attuale delle cose Kabul sarebbe ancora casa?
- Ho gia' vissuto con l'occupazione talebana, come tante altre, sono cresciuto con la mia citta' e il suo paesaggio occupati. Le persone che vivono a Kabul sono abituate ad adottare stili di vita a seconda degli occupanti. Nel 2001 c'erano gli americani, gli inglesi e i tedeschi giusto? Il "dress code" era quindi jeans e maglietta, Caleb il mio vicino si era tagliato la barba e comprava jeans al mercato di seconda mano degli americani.
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- Certo, in Italia in Campania vicino alla base Nato di Gaeta c'e' stato per decadi un famoso mercato americano, poi divenuto vintage, che riforniva mezzo paese...
- Caleb adottando questo stile occidentale divento' poi il preside di una scuola. Dopo aver comunque combattuto ed aver organizzato un presidio vicino casa con barba e abito. Adesso molti cittadini afghani delle citta' hanno fatto crescere di nuovo le barbe, usano abiti lunghi e non piu' jeans e t-shirt.
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- Il paesaggio in termini architettonici e di natura come e' cambiato?
- Durante l'invasione sovietica si viveva in costruzioni sovietiche che sono poi state sostituite da quelle occidentali e americane e intere generazioni sono cresciute o con un paesaggio e certe condizioni architettoniche o con un altro, a seconda delle occupazioni. Adesso adolescenti cresciuti nei campi di rifugiati a maggioranza talebana sono di nuovo a Kabul mentre noi ne siamo di nuovo fuori. A Berlino c'e' un mix di diverse generazioni, gli afghani evacuati dai sovietici e quelli evacuati dagli americani e le loro conversazioni su Kabul sono assurde, memorie di architetture differenti e contrastanti, che spesso si contraddicono.
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- Come fosse una storia vivente della guerra fredda e delle sue conseguenze nei paesi occupati...
- Kabul e' una citta' per tutti, appena ci entri la senti tua, a prescindere dalle origini e dall'etnia. Ma questa sensazione non dura mai abbastanza. Vivendoci, dopo una dozzina di anni al massimo, tutto cambia e il sentimento di appartenenza anche. Si volatilizza. Se cresci a Roma o a Berlino puoi sentire queste citta' tue per decadi e anche un'intera vita, con Kabul neanche un albero o una patata possono durare per tutta la loro esistenza in citta'.
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- Certo. Immagino che le montagne e i loro mondezzai che hai incluso in uno dei tuoi lavori ("Coming Home" 2022, ndr) hanno piu' possibilita' di rimanere e durare nel territorio che le persone.
- C'e' un carro armato sovietico a ovest di Kabul che si sta fondendo con la montagna. Da anni lentamente va sempre piu' a fondo, mi ricordo che 15 anni fa era sulla superficie, adesso e' rimasta fuori solo la parte superiore. Accanto, hanno costruito una moschea che si staglia nel cielo: un'immagine e' indicativa e assurda allo stesso tempo.
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- In "Bushka Bazi" (2023), una nuova installazione sonora multicanale, usi delle taniche di plastica gialla come altoparlanti. Ognuna riproduce registrazioni dei paesaggi sonori di Kabul raccolti nell'ultimo decennio. Puoi raccontare qualcosa al riguardo?
- Tempo fa ero seduto in studio guardando a Kabul da Kotti (la zona di Kreuzberg a Berlino culla di dissidenze, soggettivazioni e questioni urbane forgiata da palazzoni popolari ad anfiteatro che affacciano sulla metro Kottbusser Tor, ndr) e pensavo alla performativita' degli oggetti (una delle preoccupazioni del mio lavoro), e quale fosse l'oggetto che ha in comune varie occupazioni di guerra dell'Afghanistan: le bushka gialle! Sono state protagoniste negli anni di guerra, come nell'economia degli aiuti, per trasportare acqua, o durante il covid per portare riso e legumi ai cittadini in zone isolate, sono state usate dai talebani come ordigni rudimentali. Durante la "Guerra al Terrore" gli occidentali arrivarono con risorse militari ingenti e ipertecnologiche; da parte della popolazione afghana la guerra e' stata combattuta con le bushka! L'ultimo strike americano di quella guerra fu verso un deposito dei contenitori gialli alle porte di Kabul pensando di colpire una base dell'Isis, proprio perche' c'erano cosi' tante. Sono un oggetto che rappresenta una collettivita', ogni afghano ne ha trasportato almeno una negli ultimi 40 anni.

3. REPETITA IUVANT. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

Alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
e per opportuna conoscenza:
al Presidente della Repubblica
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica
alla Presidente del Consiglio dei Ministri
a tutte le ministre e i ministri, a tutti i senatori e le senatrici, a tutte le deputate e i deputati, agli ed alle europarlamentari elette ed eletti in Italia
a numerosi pubblici ufficiali cui incombe, ricevendo tale notitia criminis, di promuovere l'azione giudiziaria
ai mezzi d'informazione
a numerose persone di volonta' buona, associazioni democratiche, istituzioni fedeli alla legalita' costituzionale
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Oggetto: esposto relativo alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana da parte del governo italiano.
Egregi signori,
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l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana e' inequivocabile. Esso recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
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Il governo italiano ha violato l'articolo 11 della Costituzione in quanto:
a) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la fornitura di armi che la guerra alimentano;
b) fa partecipare l'Italia alla guerra in corso in Ucraina attraverso la propria aviazione militare che raccoglie informazioni e le invia all'esercito ucraino sul campo di battaglia (cfr. il servizio giornalistico apparso sul sito dell'autorevole agenzia giornalistica Ansa col titolo "La guerra dei top gun italiani", che fin dall'incipit esplicitamente afferma che "i nostri piloti, tra loro anche una donna, a bordo dei caccia catturano dati importanti che in poco tempo finiscono sui cellulari dei soldati ucraini sul campo di battaglia");
c) ostacola effettualmente ogni realistica ipotesi di "cessate il fuoco" ed ogni concreto impegno di pace sostenendo esplicitamente la tesi che la guerra deve concludersi non con un negoziato ma con la "vittoria" di una delle parti in conflitto (cfr. la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei Ministri "scommettiamo sulla vittoria ucraina" riportata da numerosi mezzi d'informazione);
d) sostiene l'azione provocatrice ed eversiva della Nato che da decenni opera nell'Europa dell'est per destabilizzare gli equilibri regionali e suscitare conflitti (azione divenuta finanche esplicitamente terrorista e stragista durante la guerra di distruzione della Jugoslavia nel 1999).
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In flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione, il governo italiano arma e quindi alimenta la guerra, partecipa alla guerra e quindi alle stragi di cui ogni guerra sempre e solo consiste, e con cio' espone altresi' anche il nostro paese a subire le conseguenze della guerra, e - last, but not least - contribuisce all'escalation verso una guerra mondiale e nucleare che puo' metter fine all'intera civilta' umana.
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Egregi signori,
con il presente esposto si richiede il piu' tempestivo intervento per far cessare l'azione incostituzionale, folle e criminale del governo italiano.
Distinti saluti,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, primo agosto 2023

4. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. REPETITA IUVANT. UNA PROPOSTA PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024: UNA LISTA NONVIOLENTA PER LA PACE E CONTRO IL RAZZISMO

Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
La politica dell'Unione Europea e' oggi caratterizzata da due orrori.
Il primo: la persecuzione dei migranti: col sostegno alle dittature che li imprigionano in condizioni disumane; con l'appalto ai poteri mafiosi in regime di monopolio della mobilita' per chi e' in fuga da guerre, dittature, fame e miseria; con la reclusione nei lager sia nei paesi di transito che in Europa; con la strage degli innocenti nel Mediterraneo; con lo schiavismo e l'apartheid in Europa. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
Il secondo: il sostegno alla prosecuzione della guerra in Ucraina che ogni giorno provoca altre stragi: con l'incessante fornitura di armi si alimenta la guerra e s'impedisce l'avvio di trattative di pace, e si contribuisce cosi' sia alla prosecuzione dello sterminio della popolazione ucraina vittima della guerra, sia all'escalation verso una guerra atomica che puo' mettere fine all'intera umanita'. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni politiche europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
I vertici dell'Unione Europea si sono peraltro ormai completamente prostituiti alla Nato, l'organizzazione terrorista e stragista che per conto del governo razzista e imperialista degli Stati Uniti d'America opera, dalla fine della Guerra fredda e con sempre maggiore intensita' ed accelerazione, per destabilizzare, asservire o distruggere non solo singole parti del continente europeo ma l'Europa intera. Abolire la Nato e' palesemente l'urgenza delle urgenze per dare all'Europa un futuro di pace.
Il Parlamento Europeo potrebbe e dovrebbe operare per la pace e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della biosfera, ma attualmente e' anch'esso complice della furia razzista e della furia bellica che si e' incistata nei governi dei paesi europei e nei vertici di tutte le istituzioni politiche europee.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
E l'Italia rischia di essere rappresentata unicamente da partiti fascisti, razzisti e bellicisti.
Esplicitamente fascista, razzista, bellicista ed ecocida e' tutta l'area governativa italiana.
Razzista si e' dimostrato il partito grillino, che durante la prima esperienza di governo ha condiviso e sostenuto la scellerata politica di brutale persecuzione dei migranti da parte del capo leghista che di quel governo era vicepresidente, ministro e magna pars.
Tragicamente bellicista e' il Pd (e quindi di fatto anche coloro che ad esso subalterni con esso si alleano e che pertanto al di la' del velame dei vaniloquenti proclami portano voti al partito della guerra in cambio di qualche scranno e prebenda).
Questa la triste e trista situazione.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Che fare, quindi?
Io credo che occorra costruire una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo.
Nonviolenta: che cioe' faccia della scelta della nonviolenza la discriminante fondamentale. La nonviolenza essendo l'unica lotta nitida e intransigente, concreta e coerente, contro tutte le violenze e le oppressioni; la nonviolenza essendo il fondamentale strumento teorico e pratico a disposizione della lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la salvaguardia dell'intero mondo vivente.
Per la pace: e quindi per il disarmo integrale e l'integrale smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle societa', delle culture.
Contro il razzismo: e quindi per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, poiche' siamo una sola famiglia umana in un unico mondo vivente.
E dire lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo significa dire una lista femminista ed ecologista, socialista e libertaria, delle classi sociali sfruttate e rapinate, delle oppresse e degli oppressi.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Se vogliamo aprire una riflessione comune e autentica, democratica e partecipata, fra tutte le persone e le esperienze disposte a riconoscersi in una prospettiva nonviolenta, femminista, ecologista, socialista e libertaria, per portare nel Parlamento Europeo la voce delle oppresse e degli oppressi e la lotta per la pace, l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera, il momento e' adesso.
Prenda la parola ogni persona ed ogni esperienza interessata.
Si promuovano ovunque possibile incontri di riflessione.

6. REPETITA IUVANT. ANCORA UN APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni e' in prigione, condannato a vita per un crimine che non ha commesso.
Che non abbia commesso il crimine per cui e' stato condannato e' da molti anni cosa notoria.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" contro di lui erano del tutto false.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "prove" contro di lui erano del tutto false.
Lo stesso pubblico ministero che lo fece condannare ha successivamente chiesto la sua liberazione.
E la sua liberazione hanno chiesto milioni di persone, tra cui personalita' come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, associazioni umanitarie come Amnesty International, istituzioni come il Parlamento Europeo, la commissione giuridica ad hoc dell'Onu.
Ma Leonard Peltier e' ancora detenuto in un carcere di massima sicurezza, anche se il mondo intero sa che e' un innocente perseguitato, sa che e' un eroe dell'umanita'.
Dal carcere Leonard Peltier ha continuato a lottare per il suo popolo, per l'umanita' intera, per la Madre Terra: con la testimonianza, con la poesia, con la pittura, con opere di bene.
Ora e' vecchio e gravemente malato. Il 12 settembre compira' 79 anni.
E' assurdo che sia ancora in carcere.
E' orribile che sia ancora in carcere.
E' uno scandalo e una vergogna per l'intera umanita' che sia ancora in carcere.
*
Ancora una volta chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni esperienza d'impegno per il bene comune, ad ogni umano istituto che voglia essere fedele al compito di difendere la vita, la dignita' e i diritti degli esseri umani, di far sentire la propria voce, di chiedere ancora una volta che Leonard Peltier sia liberato.
Chiediamo ad ogni persona senziente e pensante, ad ogni esperienza della societa' civile, ad ogni istituzione democratica, di esprimere pubblicamente la richiesta che sia liberato Leonard Peltier.
Chiediamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere che conceda finalmente la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Messaggi a tal fine possono essere inviati attraverso la pagina ad hoc del sito della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
*
Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo ancora una volta due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una sintetica esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".

7. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
*
ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

8. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

9. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

10. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

11. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

12. REPETITA IUVANT. SOLIDALI CON LE DONNE IRANIANE NELLA LOTTA NONVIOLENTA PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Siamo solidali con le donne iraniane nella lotta nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessi la repressione del movimento democratico e nonviolento delle donne - e degli uomini postisi alla loro sequela - che si riconosce nel motto "Donna, vita, liberta'", che siano liberate e liberati tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici, che cessi la violenza maschilista di stato, e che siano riconosciuti, rispettati e difesi tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nessuna autorita' e' legittima se non rispetta la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 239 del 27 agosto 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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