[Nonviolenza] Telegrammi. 4911



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4911 del 30 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Alberto Chiara: Monsignor Luigi Bettazzi, se ne va l'ultimo protagonista italiano del Concilio
2. Chiara Genisio: L'ultimo abbraccio a Luigi Bettazzi dalla "sua" Ivrea
3. Luca Kocci: Monsignor Luigi Bettazzi testimone del dialogo e della pace
4. Filippo Rizzi: Bettazzi, vescovo sui passi del Concilio. Voleva una Chiesa "serva e povera"
5. Associazione per il rinnovamento della sinistra: Bianca Pomeranzi, un modello e uno stile di cui abbiamo bisogno
6. Luigi Ciotti ricorda Antonio Vermigli
7. Una minima notizia su Leonard Peltier
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. LUTTI. ALBERTO CHIARA: MONSIGNOR LUIGI BETTAZZI, SE NE VA L'ULTIMO PROTAGONISTA ITALIANO DEL CONCILIO
[Dal sito di "Famiglia cristiana" riprendiamo e diffondiamo]

Il vescovo emerito di Ivrea ed ex presidente di Pax Christi Italia e' mancato dopo le 4 di domenica 16 luglio. Avrebbe compiuto 100 anni il 26 novembre prossimo. Dal 29 settembre 1963 partecipo' alla seconda sessione del Vaticano II come vescovo ausiliare di Bologna, al fianco del cardinale Giacomo Lercaro. Il suo impegno per la riforma della Chiesa e per il dialogo con il mondo (famoso il suo carteggio, tra il 1976 e il 1977, con Enrico Berlinguer) alla luce della Lumen Gentium e della Gaudium et spes. Il suo impegno per la pace. Qualche mese fa rilascio' lunghe interviste a Famiglia Cristiana e a Maria con te. Una sorta di bilancio. La figura e l'eredita'.
*
Era nato il 26 novembre 1923. Tra quattro mesi avrebbe dunque compiuto 100 anni. Profeta di pace, artefice della riforma della Chiesa (a partire dal rifiuto di certe forme di potere e di lusso e dalla scelta preferenziale dei poveri), monsignor Luigi Bettazzi e' morto poco dopo le 4 di domenica 16 luglio nella sua casa di Albiano d'Ivrea (Torino).
Luigi Bettazzi in realta' aveva visto la luce a Treviso, in Veneto, citta' dove lavorava il padre. Si trasferi' presto a Bologna, la citta' della mamma e li', Il 4 agosto 1946, fu ordinato sacerdote. Dal 29 settembre 1963 partecipo' ai lavori del Concilio Vaticano II: era stato appena nominato vescovo ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro. Dal 1966 al 1999 fu vescovo di Ivrea (Torino). Dal 1968 al 1985 fu presidente di Pax Christi Italia.
Divento' celebre per lo scambio di lettere col segretario del Partito comunista italiano, Enrico Berlinguer (ma si confronto' anche con altri, ad esempio con il segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini). La Lettera aperta di monsignor Luigi Bettazzi a Berlinguer, datata 6 luglio 1976, fu pubblicata sul settimanale diocesano di Ivrea Il risveglio popolare dell'8 luglio 1976 e riprodotta sulla rivista del Pci Rinascita il 14 ottobre 1977. Si parlava di fede e giustizia sociale, di come intendere la laicita'...
"Le sembrera' forse singolare", scrisse Bettazzi, "tanto piu' dopo le ripetute dichiarazioni dei vescovi italiani, che uno di loro scriva una lettera, sia pure aperta, al Segretario di un partito, come il Suo, che professa esplicitamente l'ideologia marxista, evidentemente inconciliabile con la fede cristiana. Eppure mi sembra che anche questa lettera non si discosti dalla comune preoccupazione per un avvenire dell'Italia piu' cristiano e piu' umano... E' per amore di dialogo che ora mi rivolgo a Lei, e in Lei a tutti coloro che hanno responsabilita' nel Suo partito, e in generale a tutti coloro che vi hanno dato adesione, soprattutto col voto... Mi scusi questa lettera, che molti giudicheranno ingenua, e non pochi contraddittoria con la mia qualifica di vescovo. Eppure mi sembra legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perche' si realizzi la giustizia e cresca una piu' autentica solidarieta' tra gli uomini. Il "Vangelo", che il vescovo e' chiamato ad annunciare, non costituisce un'alternativa, tanto meno una contrapposizione alla "liberazione" dell'uomo, ma ne dovrebbe costituire l'ispirazione e l'anima. Gesu' stesso, quando si presento' ai suoi contemporanei, lo fece con le parole dell'antico profeta, affermando di essere "mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in liberta' gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore".
"Lei", rispose Enrico Berlinguer in una missiva datata 7 ottobre 1977, "ha sollevato problemi la cui soluzione positiva e' molto importante per l'avvenire della societa' e dell'Italia, per una serena convivenza fra tutti i nostri concittadini, non credenti e credenti, oltre che, in particolare, per lo sviluppo di quel dialogo, per amore del quale ha pensato di rivolgersi a me, come lei dice, in quanto segretario del Partito comunista italiano" (tra chi pubblica integralmente i testi segnaliamo Aggiornamenti sociali).
Grazie alla sua testimonianza e al suo insegnamento monsignor Luigi Bettazzi fu riferimento per molti cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici che intendevano (e intendono) vivere la fede in fedelta' al Vangelo e ai documenti conciliari. A chi gli chiedeva quale fosse il piu' bello rispondeva: "Forse e' la Costituzione Dei Verbum, che ha rimesso la Parola di Dio nelle mani e nel cuore di tutti i battezzati". Quello più attuato? "Probabilmente la Costituzione Sacrosanctum Concilium, che ripropone la liturgia come preghiera di tutto il popolo di Dio. Anche se oltre l'uso delle lingue volgari, non si e' fatto molto per superare il clericalismo, la prevalenza cioe' del clero (e non solo nella liturgia); e oggi c'e' una spinta per il ritorno all'antico con il pretesto che e' piu' mistico". Il piu' importante, se possibile? "Antipatico dover scegliere", rispondeva Bettazzi, "ma direi la Costituzione Gaudium et spes, che cambia prospettiva. Non piu' Chiesa giudice severa e cittadella assediata, ma aperta a leggere i segni dei tempi, compagna di strada dell'uomo. Magari fossimo capaci di attualizzarne fino in fondo lettera e spirito".
Per monsignor Bettazzi rimaneva e rimane ancora molto da fare: "La rivoluzione copernicana contenuta nella Gaudium et spes (non l'umanita' per la Chiesa, ma la Chiesa per l'umanita') e quella della Lumen gentium (non i fedeli per la gerarchia, ma la gerarchia per i fedeli) stentano ad affermarsi". Concilio Vaticano III? "No. Credo semmai che vada attuato pienamente il Vaticano II. Non vorrei che un Vaticano III finisse con l'essere programmato per chiudere le aperture fin qui fatte".
Nel dicembre 1992 partecipo' alla prima Marcia per la pace nei Balcani, entrando con 500 militanti del mondo pacifista nella Sarajevo assediata e bombardata accanto al suo confratello vescovo, don Tonino Bello, gia' gravemente malato.
Le sue condizioni di salute si sono aggravate nei giorni scorsi. Sabato 15 luglio, l'attuale vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Cerrato, aveva invitato alla preghiera: "Accompagniamo monsignor Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno. La nostra preghiera lo sostenga". Il funerale di monsignor Luigi Bettazzi si tiene martedi' 18 luglio alle 15,30, in Duomo, a Ivrea.
Nei mesi scorsi, in occasione dei 60 anni dell'apertura del Concilio Vaticano II e dei 30 anni della Marcia a Sarajevo rilascio' lunghe interviste a Famiglia Cristiana e a Maria con te.

2. LUTTI. CHIARA GENISIO: L'ULTIMO ABBRACCIO A LUIGI BETTAZZI DALLA "SUA" IVREA
[Dal sito di "Avvenire" riprendiamo e diffondiamo]

Il Vangelo aperto sulla bara ornata con la bandiera della pace. Due segni potenti nella vita di Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea morto a 99 anni, ultimo protagonista italiano del Concilio Vaticano II.
Sono giunti in tantissimi oggi pomeriggio ad Ivrea per i funerali. Il rito in Duomo e' iniziato con la lettura da parte di Edoardo Cerrato, attuale vescovo della diocesi eporediese, del messaggio inviato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin a nome del Papa, in cui Bettazzi e' stato ricordato come "grande appassionato del Vangelo", che "si e' distinto per la vicinanza ai poveri diventando profeta di giustizia e di pace in tempi particolari della storia della Chiesa ma anche un uomo di dialogo e punto di riferimento per numerosi esponenti della vita pubblica e politica del nostro Paese".
In mattinata era arrivato anche il messaggio del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, impegnato nella missione di pace a Washington: "Mi dispiace non potere essere presente. Non mi e' possibile solo a causa di un impegno per la pace. Sono sicuro che monsignor Bettazzi, assetato di pace e giustizia e di convinta nonviolenza, mi avrebbe raccomandato di fare tutto "l'impossibile"".
Il racconto, con riferimenti personali, della vita e le opere di Bettazzi e' continuato nelle parole del cardinale Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari, che fu suo successore alla guida della diocesi di Ivrea nel 1999. Nell'omelia ha rimarcato il valore per Bettazzi delle sue radici nelle Chiese di Treviso e Bologna, l'incontro con Charles de Foucauld e il deserto, il forte legame con la montagna e le sue "scalate piu' ardue", quelle del suo impegno per la giustizia e la pace. E poi un lungo elenco di santi e di persone importanti per Bettazzi: da Giovanni Paolo II a Helder Camara, da Oscar Romero ad Anastasio Ballestrero, da Tonino Bello a Luigi Pistoni.
Alla celebrazione hanno partecipato i porporati canavesani, Giuseppe Bertello e Tarcisio Bertone, e una ventina di vescovi della Conferenza episcopale piemontese guidati dal presidente Franco Lovignana, vescovo di Aosta. Nelle prime file numerosi amministratori locali con la fascia tricolore a rendere omaggio ad un vescovo che ha costruito ponti di pace, come ha rimarcato il sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore. Un lungo applauso ha accompagnato le parole di saluto commosso del vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi. Uno dei nipoti di Bettazzi nel ringraziare i partecipanti al funerale ha assicurato: "Ora il cardinale Zuppi nella sua missione di pace ha di fianco don Luigi".

3. LUTTI. LUCA KOCCI: MONSIGNOR LUIGI BETTAZZI TESTIMONE DEL DIALOGO E DELLA PACE
[Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo e diffondiamo]

Ha partecipato al Concilio Vaticano II sostenendo la linea di aggiornamento che spingeva la Chiesa a innovarsi e aprirsi al mondo moderno. E' stato fra i protagonisti del dialogo fra cattolici e comunisti nel nome del comune impegno per la solidarieta' e la giustizia fra gli esseri umani. Si e' schierato sempre per la pace, condannando la corsa agli armamenti e tutte le guerre, comprese quelle "per la democrazia" portate avanti dai Paesi occidentali.
Sono state queste le principali direttrici dell'azione pastorale e sociale di monsignor Luigi Bettazzi, gia' vescovo di Ivrea e presidente di Pax Christi, morto all'alba del 16 luglio nella sua residenza ad Albiano d'Ivrea, quattro mesi prima di raggiungere il traguardo dei cento anni, che avrebbe compiuto il prossimo 26 novembre. Con lui se ne va l'ultimo vescovo italiano che partecipo' al Concilio. Soprattutto se ne va il testimone di una Chiesa evangelica, schierata con gli oppressi, aperta ai "lontani", pacifista e nonviolenta, che non sara' facile rimpiazzare.
Nato a treviso nel 1923 in una famiglia antifascista (il padre militava nel Partito popolare di Sturzo), Bettazzi si trasferisce a Bologna (citta' della madre), dove nel 1946 viene ordinato prete. Studia teologia alla Pontificia universita' Gregoriana di Roma e filosofia nella laica Alma mater di Bologna, segue gli universitari cattolici della Fuci. Nel 1963 Paolo VI lo consacra vescovo e lo nomina ausiliare a Bologna. Qui sara' il piu' stretto collaboratore del cardinale Giacomo Lercaro, fra i leader della maggioranza progressista al Concilio e arcivescovo della citta' emiliana fino al 1968, quando verra' incoraggiato alle dimissioni dopo una severa omelia contro i bombardamenti Usa in Vietnam.
Bettazzi partecipa a tre sessioni del Concilio. Pochi giorni prima della conclusione dell'assise, si ritrova, unico italiano, fra la quarantina di vescovi del gruppo della "Chiesa dei poveri", nelle catacombe di Domitilla per firmare il "Patto delle catacombe", un elenco di impegni individuali di poverta' da mettere in pratica nel proprio ministero: la rinuncia ad abiti sfarzosi, a titoli onorifici, a conti in banca, ad abitazioni lussuose. "Paolo VI non gradiva che al Concilio si parlasse della Chiesa dei poveri (il tema era stato lanciato da Giovanni XXIII, n.d.r), perche' temeva che il dibattito finisse in politica e che, in epoca di guerra fredda, si facesse un favore a Mosca e si danneggiasse l'Occidente capitalista", spiego' Bettazzi in un'intervista al manifesto (14 novembre 2015). "E cosi' prendemmo noi l'iniziativa firmando il Patto, che poi ciascuno ha cercato di applicare nella propria diocesi".
Nel 1966, finito il Concilio, Bettazzi viene nominato vescovo di Ivrea, cittadina operaia, sede dell'Olivetti, alternativa "umanista" alla Fiat degli Agnelli. E due anni dopo, nel 1968, e' anche scelto come presidente nazionale di Pax Christi. Dalla periferica Ivrea - dove restera' come vescovo fino alle dimissioni per raggiunti limiti di eta', nel 1999 - Bettazzi diventa punto di riferimento per quell'area del cattolicesimo sociale e del dialogo che guarda a sinistra e si impegna per la pace.
Nel luglio 1976 scrive una lettera pubblica al segretario del Pci Berlinguer (dopo aver gia' scritto a Zaccagnini e prima di scrivere a Craxi), sulla laicita' della politica e sulla necessita' del dialogo "perche' si realizzi la giustizia e cresca una piu' autentica solidarieta' tra gli uomini". Berlinguer gli rispondera' nel 1977, accogliendo l'invito al dialogo e rilanciando la collaborazione. Ma Wojtyla, eletto papa l'anno successivo, non sara' molto d'accordo e bacchettera' Bettazzi (non sara' ne' la prima ne' l'ultima volta), ribadendo la propria fobia anticomunista: "Si fa presto a scrivere una lettera a Berlinguer, quando non si e' vissuto sotto i comunisti".
Alla guida di Pax Christi, Bettazzi e' presente a tutte le battaglie del movimento pacifista: l'obiezione fiscale alle spese militari, l'obiezione di coscienza al servizio militare, le campagne per il disarmo, le manifestazioni contro tutte le guerre. Nel dicembre 1992 e' insieme a don Tonino Bello (a cui nel 1985 lascia la guida del movimento) a Sarajevo per marciare per la pace sotto le bombe. E ancora pochi mesi fa interviene contro la guerra e l'aggressione di Putin all'Ucraina ("e' follia") ma anche contro le provocazioni della Nato ("non solo non l'abbiamo abolita, ma l'abbiamo allargata e la stavamo portando all'Ucraina").
Partecipa al dibattito pubblico, con posizioni sempre libere ed evangeliche, contestando i "principi non negoziabili" di Ratzinger e Ruini ("l'unico valore non negoziabile e' la solidarieta'"): favorevole alle unioni civili quando ai tempi di Prodi si chiamavano Dico, contrario alle condanne ecclesiastiche dell'omosessualita' ("l'omosessualita' e' una condizione naturale che va riconosciuta"), aperto alle famiglie arcobaleno ("il bene del bambino su tutto").
I "tratti essenziali" di Bettazzi sono stati "la capacita' di leggere la storia e di portare il messaggio di pace", ce li lascia "come eredita' preziosa per camminare al fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo", il pensiero dell'arcivescovo di Bologna e presidente della Cei cardinale Matteo Zuppi che, a proposito di pace, da ieri si trova a Washington per incontrare le autorita' Usa nell'ambito della missione vaticana per la pace in Ucraina.

4. LUTTI. FILIPPO RIZZI: BETTAZZI, VESCOVO SUI PASSI DEL cONCILIO. VOLEVA UNA CHIESA "SERVA E POVERA"
[Dal sito di "Avvenire" riprendiamo e diffondiamo]

Un padre conciliare che ha sempre visto nel Vaticano II "piu' pastorale che dogmatico", il compimento di molti dei suoi "sogni" giovanili e il migliore strumento di annuncio della fede ai lontani. Ma anche un'assemblea che per i suoi contenuti e intenti programmatici ha ancora molto da dire con il suo "gia' e non ancora" al futuro della Chiesa.
Si puo' condensare in questa immagine il rapporto con il Concilio del vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, morto alla soglia dei 100 anni (era nato il 23 novembre 1923) la scorsa domenica mattina ad Albiano di Ivrea. Con Bettazzi, come e' stato scritto in questi giorni, scompare l'ultimo padre conciliare italiano (era il vescovo ausiliare del carismatico cardinale di Bologna Giacomo Lercaro): partecipo' a 40 anni alla seconda sessione nel 1963 e solo il 4 ottobre di quello stesso anno fu consacrato presule nella Basilica di San Petronio a Bologna.
Gli ultimi superstiti tra i pastori di quella storica assise (composte da circa 2.500 vescovi) voluta da Giovanni XXIII e conclusa da Paolo VI sono oramai solo quattro: il messicano Jose' de Jesus Sahagun de la Parra, 101 anni (primo gennaio 1922) e ultimo testimone della sessione di apertura nell'11 ottobre 1962; Victorinus Youn Kong-hi, della Corea del Sud, 98 anni (8 novembre 1924); l'indiano Alphonsus Matthias, 95 anni (22 giugno 1928); e il cardinale nigeriano Francis Arinze, 90 anni (primo novembre 1932).
Ma Bettazzi e' stato, fino a domenica scorsa, soprattutto l'ultimo testimone della firma del "Patto delle Catacombe" il 16 novembre 1965, pochi giorni prima della conclusione del Vaticano II, l'8 dicembre dello stesso anno. A quello storico incontro avvenuto alle Catacombe di Domitilla a Roma, dopo una solenne celebrazione eucaristica, erano presenti figure carismatiche come Helder Pessoa Camara e Jose' Maria Pires.
Successivamente, al Patto aderirono molti altri padri conciliari dei diversi continenti che condividevano la sfida di una "vita di poverta'" e il desiderio di una Chiesa "serva e povera", come aveva suggerito Giovanni XXIII.
"L'impegno, denominato "il Patto delle Catacombe", fu poi firmato da centinaia di vescovi e fu affidato a Lercaro, che lo porto' a Paolo VI - ha raccontato lo stesso Bettazzi alcuni anni fa - insieme al risultato delle sue consultazioni che, fra l'altro, suggerivano la soppressione dell'esercito pontificio e un distacco dai legami tradizionali con l'aristocrazia romana, mentre indicavano, come primo indice di poverta', nel mondo attuale, la trasparenza dei bilanci".
E' significativo ancora oggi tornare con la mente al primo intervento di Bettazzi sulla "collegialita' episcopale" nell'Aula di San Pietro durante la seconda sessione del Vaticano II nel 1963. L'intervento di Bettazzi fu salutato con stima e vivo apprezzamento e per questo annotato nei suoi diari (Quaderni del Concilio, Jaca Book, 2009) da un teologo del rango di Henri de Lubac.
E fu lo stesso giovane ausiliare di Lercaro a rievocare il senso del suo contributo: "Preparato dal centro bolognese di don Giuseppe Dossetti e dal professor Giuseppe Alberigo, voleva dimostrare che la collegialita' era nella prassi della Chiesa romana; il cardinale Giacomo Lercaro, per cui era stato preparato, per vari motivi, non era stato in grado di farlo. Lo rielaborai e lo esposi in assemblea concludendo che la parola "collegio" contestata da alcuni, perche' presso i romani indicava un'assemblea di uguali, era invece usata nella liturgia di san Mattia, inserito nel "collegio degli apostoli"".
Bettazzi ha lasciato la sua "impronta" indiretta su testi conciliari come il documento sui laici Apostolicam Actuositatem e la Costituzione pastorale sul mondo contemporaneo, la Gaudium et spes. Quest'ultimo testo rappresento' per il giovane presule un'autentica bussola di orientamento per la sua futura vita di pastore nel post-Concilio soprattutto durante il suo lungo governo della diocesi di Ivrea dal 1966 al 1999 e per i suoi 17 anni alla guida di Pax Christi (1968-1985).
E' giusto ricordare che Bettazzi fu uno dei motori, a conclusione del Concilio Vaticano II nel 1965, per l'avvio della causa di canonizzazione del "suo" papa Giovanni XXIII. A testimoniarlo sono le annotazioni del grande teologo domenicano francese Yves Marie Congar nel volume da poco ripubblicato dalla San Paolo Diari del Concilio, 1960-1966.
Come certamente singolare e' stata la sua amicizia intrattenuta con il venerabile vescovo don Tonino Bello. "Lo indicai - racconto' a chi scrive - come mio successore per la sua attenzione ai poveri e agli ultimi alla guida di Pax Christi al cardinale presidente della Cei di allora, Anastasio Alberto Ballestrero. E la proposta fu accettata".
Un rapporto di stima e di confronto soprattutto teologico fu quello che Bettazzi intrattenne con il cardinale Giacomo Biffi, conosciuto a Parigi nel lontano 1951, di cui rammentava spesso l'"esemplare omelia" tenuta ai funerali di don Giuseppe Dossetti a Bologna nel 1996. "Pur nelle diversita' di vedute ecclesiali - confidava - ci siamo voluti bene e gradi' molto la mia ultima visita prima della sua morte nel 2015. Ci salutammo e benedicemmo da amici".
Un ultimo spezzone significativo e originale della lunga vita di Bettazzi, originario di Treviso, ma da sempre figlio della Chiesa di Bologna, era il poter presiedere, ogni anno, finche' le forze l'hanno sostenuto, la Messa ogni 4 agosto ("Quasi sempre la prima Eucaristia mattutina", raccontano i frati predicatori) nella Basilica patriarcale di San Domenico.
Qui infatti venne ordinato prete il 4 agosto 1946 dall'allora cardinale di Bologna, Giovanni Battista Rocca di Corneliano. E qui torno' per i suoi 75 anni di Messa nel 2021 con l'attuale cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi. "Il mio essere qui a Bologna ogni anno - amava ripetere - e' per ringraziare il Signore di essere sacerdote per sempre".

5. LUTTI. ASSOCIAZIONE PER IL RINNOVAMENTO DELLA SINISTRA: BIANCA POMERANZI, UN MODELLO E UNO STILE DI CUI ABBIAMO BISOGNO
[Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo e diffondiamo]

La notizia della scomparsa di Bianca Maria Pomeranzi - cosi' all'anagrafe di Arezzo dove nacque il 14 giugno del 1950 - e' stata una botta crudele. Si', sapevamo che non stava benissimo ed era impegnata nelle cure, ma non sembrava che potesse esserci un distacco dalle cose terrene cosi' imminente.
Ancora recentemente Bianca aveva accettato di buon grado la proposta di far parte del nuovo direttivo dell'Associazione per il rinnovamento della sinistra, previsto dallo Statuto che ne ridefinisce i caratteri con l'entrata nel Terzo settore. Anzi, nella veste ricoperta sempre con grande impegno di vicepresidente dell'Ars, ha voluto contribuire con lucidita' e apertura mentale all'ingresso nel gruppo dirigente di forze piu' giovani. E proprio a lei con naturale condivisione si era pensato come garanzia dell'intreccio proficuo tra le culture di sinistra nobili e antiche, e la ricerca rabdomantica delle domande e dei desideri di una societa' impoverita avvolta da un prepotente pensiero unico. Aveva, insomma, offerto la sua esperienza ricca e variegata per l'obiettivo di transitare - come comunita' nata nel 1998 su impulso di Aldo Tortorella e Giuseppe Chiarante, in un'altra eta' politica - nei contemporanei paradigmi del capitalismo e nel gorgo dei conflitti dei nativi digitali. E Aldo Tortorella ha espresso molta riconoscenza per una figura assai stimata.
Bianca era assai moderna nell'approccio alla sfera politica e nell'analisi della situazione. Non si piegava al facile e opportunista senso comune se non era convinta. Tuttavia, senza alzare la voce e con educata compostezza. Interpretava il senso profondo della superiore sintesi di un'educazione femminista.
Del resto, va ricordato che abbiamo perso una straordinaria protagonista del movimento delle donne, convinta anticipatrice della rottura degli stereotipi di genere. Anzi. Bianca e' stata una donna assai coraggiosa, perche' con le idee e la pratica di vita ha contribuito alla crescita e allo sviluppo delle culture Lgbtq+. E' stata attiva nelle Nazioni Unite nell'apposito Comitato dedicato all'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, rappresentandolo alla Conferenza di Pechino del 1995.
Inoltre, e' stata dirigente della Cooperazione italiana presso il Ministero degli Esteri, entrando poi nel consiglio di amministrazione di Oxfam, l'organizzazione che si batte contro le disuguaglianze e le poverta'. Rossa ed esperta.
Non a caso Bianca ha in ogni riunione toccato i temi internazionali, con riflessioni mai banali o d'occasione. Buona, ma non buonista era capace di polemica, non assoggettandosi a tentazioni massimaliste di comodo. La realta', ci ricordava in tante discussioni, va letta e affrontata, non edulcorata o elusa. Quanto ci manchera' quello stile autorevole e composto, una traccia di un modello di sinistra riformista capace di pensare globalmente e di inverarsi nelle lotte.
Tuttavia, Bianca con umilta' dava una mano con un genuino spirito attivista quando le si chiedeva di scrivere un articolo, di organizzare una riunione, di andare ad un convegno.
Abbiamo letto con commozione i ricordi di amiche e compagne che ne hanno condiviso l'attivita' presso la Casa internazionale delle donne o pure nelle fasi precedenti (i collettivi di via Pompeo Magno e del Governo Vecchio, a Roma). Giustamente e' emerso il dolore personale e quello pubblico, per le qualita' non facilmente riproducibili di una rappresentante naturale del piu' importante movimento carsico degli ultimi decenni.
Bianca ci ha fatto capire che il mondo travagliato dalle crisi e dalla guerra puo' essere - forse - salvato solo dalle donne.
L'Ars sta preparando un seminario sull'Europa, anche in vista della prossima scadenza elettorale. Bianca sarebbe stata la relatrice. Ora non e' piu' possibile. Ma a lei lo dedicheremo, con uno specifico ricordo.
Ci stringiamo alla carissima compagna di Bianca, Maria Rosa Cutrufelli, a noi sempre vicina.
Franco Astengo, Franco Argada, Roberto Bertoni, Felice Besostri, Maria Luisa Boccia, Sergio Caserta, Nunzia Catena, Nicola D'Angelo, Piero Di Siena, Nino Ferraiuolo, Milena Fiore, Mattia Gambilonghi, Alfonso Gianni, Alfiero Grandi, Alberto Leiss, Guido Liguori, Michele Mezza, Cesare Salvi, Sacha Tolomeo, Aldo Tortorella, Vincenzo Vita

6. LUTTI. LUIGI CIOTTI RICORDA ANTONIO VERMIGLI
[Dal sito del Gruppo Abele riprendiamo e diffondiamo]

Ci conoscevamo da una vita, quella vita che lui ha speso in buona parte al servizio degli altri.
Antonio Vermigli era un viaggiatore, sempre in movimento. E ad ogni viaggio la sua meta, prima dei luoghi, erano le persone: si metteva in cammino per andare a trovare i suoi tanti vecchi amici, o per conoscerne di nuovi. Perche' era appassionato della gente, vicina e lontana, dei saperi, dei costumi, delle risorse che ogni popolo ha e dai quali si puo' imparare cosi' tanto, se ci si mette in ascolto come lui era capace di fare.
Amava le persone, Antonio, in particolare le piu' povere e umili. E le persone amavano lui, perche' era impossibile non voler bene a quell'uomo cosi' autentico, cosi' gentile.
Con la Rete Radie' Resh, associazione di ispirazione cristiana per la solidarieta' internazionale, ha alimentato progetti a favore delle popolazioni oppresse di tutto il mondo, e in particolare in America Latina. Collaborando tante volte col Gruppo Abele e con Libera, e invitandoci sempre alla Marcia per la Giustizia che ogni anno organizzava a Quarrata, il suo paese d'origine in Toscana. Fatichiamo a credere che la prossima volta lui non ci sara' a marciare al nostro fianco. E che non lo vedremo piu' arrivare carico di vettovaglie di ogni tipo, per le nostre comunita' e i nostri eventi, animato da una generosita' senza confronto e dal piacere genuino di condividere.
Era un uomo di gambe e di braccia forti, Antonio, per raggiungere chiunque avesse bisogno di una mano, e dargliela. Era uomo di sincerita' profonda e di intelligenza concreta. Doti che lo rendevano caro agli ultimi ma anche ascoltato da persone in vista, che ne riconoscevano il carisma, l'estro, la creativita'. Era una persona che non nascondeva le sue fragilita' e contraddizioni, e proprio per questo era pronto ad accogliere quelle degli altri.
Ci manchera' moltissimo. Porteremo con noi l'esempio della sua instancabile lotta per la pace, per la giustizia, per i diritti non solo proclamati.
Abbracciamo con affetto il caro Tommaso, Adele, Rosella, Eliana, le sorelle e tutti gli altri familiari, con la promessa di continuare insieme cio' che lui ha iniziato.
Buon viaggio, Antonio. Come tante volte ci siamo detti, la morte non e' l'ultima parola, e' la penultima. L'ultima e' la vita, una vita nuova. Non ti cercheremo tra i morti, ma tra i vivi, tra le persone che hai amato.
Che Dio ci benedica e ti accompagni.

7. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- In viaggio con Philippe Daverio, Trieste e l'epopea della borghesia ottocentesca, Rcs, Milano 2023, pp. 64, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- In viaggio con Philippe Daverio, Verso la modernita': dall'art nouveau alla Secessione, Rcs, Milano 2023, pp. 64, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Giovanna Borradori, Filosofia del terrore. Dialoghi con Juergen Habermas e Jacques Derrida, Laterza, Roma-Bari 2003, pp. XIV + 220.
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Classici
- Louise Labe', Oeuvres completes. Sonnets, Elegies, Debat de Folie et d'Amour, Garnier Flammarion, Paris 1986, pp. 288.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4911 del 30 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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