[Nonviolenza] Telegrammi. 4898



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4898 del 17 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Luigi Bettazzi
2. Daniela Padoan: La nebbia nucleare
3. Pasquale Pugliese: Al vertice Nato di Vilnius e' finito il "neutralismo attivo" voluto da Olof Palme: niente di buono si prospetta all'orizzonte
4. Raniero La Valle: Il sonno della ragione
5. A Viterbo una settimana di incontri di studio su storia, culture e resistenza dei popoli nativi americani nell'ambito dell'iniziativa per la liberazione di Leonard Peltier
6. Una minima notizia su Leonard Peltier
7. Giuseppe Vacca: Antonio Gramsci (2002) (parte quarta e conclusiva)
8. Omero Dellistorti: Una bella foto
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. LUTTI. LUIGI BETTAZZI

E' deceduto Luigi Bettazzi, costruttore di pace.
Con gratitudine lo ricordiamo.

2. RIFLESSIONE. DANIELA PADOAN: LA NEBBIA NUCLEARE
[Riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La stampa" il 10 luglio 2023]

La notte del 4 luglio siamo andati a dormire con il sinistro annuncio di Mosca: "Kiev attacchera' la centrale nucleare di Zaporizhzhia" e la risposta ugualmente terrificante di Kiev: "Falso, sono stati i russi a piazzare gli ordigni per darci la colpa". Nonostante questo ci siamo addormentati. Il mattino dopo abbiamo constatato che il mondo c'era ancora. I tg non ci invitavano a barricarci in casa, i giornali davano scarso rilievo alla notizia perche', effettivamente, non era che una piccola notizia, una notizia marginale, un'ulteriore dissoluzione della nostra capacita' di allarme e reazione - etologica, prima ancora che politica - subito tacitata dal susseguirsi dei fatti del giorno. Eppure era stato il consigliere del direttore generale dell'agenzia russa Rosatom ad affermare che, nelle prime ore del 5 luglio, forze armate ucraine avrebbero sganciato munizioni con scorie radioattive sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ed era per voce dello Stato maggiore delle forze armate di Kiev che si accusava Mosca di aver posizionato oggetti simili a ordigni esplosivi sul tetto del terzo e quarto reattore con l'intenzione di simulare un bombardamento da parte dell'Ucraina, e si assicurava che l'esercito monitorava la situazione "pronto ad agire in qualsiasi circostanza".
Alla "nebbia della guerra" descritta dal generale prussiano von Clausewitz, fatta di informazioni "in gran parte contraddittorie, in parte ancor piu' grande menzognere, e quasi tutte incerte", oggi si aggiungono i quotidiani annunci di un'apocalisse atomica i cui colpevoli sarebbero, a turno, russi e ucraini: attori volontari o involontari di una progressiva erosione degli spazi di convivenza in un continente ormai quasi anestetizzato, dove tutto procede in una normalita' abnorme, segnata dai danni collaterali del conflitto: impoverimento, contrazione dei diritti, avanzata delle destre, costruzione dell'odio verso quelle ideali funzioni di sollievo dall'angoscia che sono gli "stranieri" in arrivo per mare o segregati in ghetti. Ma il portato forse piu' abnorme di questa erosione e' la perdita del tabu' atomico.
E d'altro canto era stato lo stesso vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo - quando l'insurrezione di Yevgeny Prigozin e la preoccupazione che l'arsenale nucleare russo potesse finire nelle mani della Wagner parevano gia' storia vecchia, nel susseguirsi quotidiano e velocemente immemore degli allarmi - ad affermare: "Notero' una cosa che i politici di ogni parte non amano ammettere: un'apocalisse nucleare non e' solo possibile, ma anche abbastanza probabile". Un'affermazione raggelante, abissale, che l'autore dichiarava invece "piuttosto banale: le armi nucleari sono gia' state utilizzate, il che significa che non ci sono tabu'". Medvedev sembrava citare, per quanto inconsapevolmente, una tra le lezioni piu' gravose che ci sono state lasciate da Primo Levi: l'abisso dei campi di sterminio e' stato "introdotto irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono e quindi sono possibili".
Lo stesso vale per la distruzione nucleare, della quale Levi non si stanco' mai di parlare, fino al saggio breve pubblicato poco tempo prima di mettere fine alla propria esistenza, I padroni del destino. "E' lecito a un incompetente, inerme, ingenuo, ma non del tutto inesperto dei mali del mondo", scriveva con inarrivabile ironia, "dire qualche parola a titolo personale sulla questione delle questioni, quella della minaccia nucleare?". Uomini e donne non pensano al rischio atomico, o ci pensano poco, e meno di tutti ci pensano i giovani, anche a causa di un cauto ottimismo, argomentava, sviluppato "dal momento in cui la pila di Fermi ha cominciato a funzionare, dimostrandoci ad un tempo che l'umanita' potra' in futuro disporre di quantita' illimitate di energia, e che l'energia sviluppata dalla trasmutazione di pochi grammi di materia e' stata sufficiente a distruggere due citta' in pochi attimi e a creare una somma non misurabile di dolore umano".
In questa mistura letale di tracotanza e indifferenza, con immutata fede nella tecnosfera, camminiamo sul precipizio della minaccia atomica - un'atomica depotenziata, tattica, come se le parole potessero indebolire, ingannare la realta' di cio' che viene pronunciato con sempre maggiore frequenza. Abbiamo assorbito per anni la dottrina strategica militare nota come Mutual Assured Destruction (MAD, "pazzo", nella sapienza inconscia degli acronimi). Ci siamo lasciati rassicurare dalla Pax europaea garantita dalla costruzione dell'Unione, che nel 2012 venne insignita del Nobel per la Pace per aver "contribuito a trasformare la maggior parte dell'Europa da un continente di guerra in un continente di pace". Ma il potere nucleare e' l'antitesi della pace, della democrazia, della vita: e' un potere esclusivo, chiuso, segreto, che, senza assoggettarsi ad alcun controllo, ha la facolta' di concedere o revocare, in ultima istanza, la sopravvivenza a intere comunita' umane e agli ecosistemi che le ospitano. Nessun diritto, neppure quello all'autodifesa degli Stati "sovrani", precede il diritto alla sopravvivenza dell'umanita'. Questo vale per le armi nucleari e per il nucleare civile che, come scriveva Robert Jungk negli anni Settanta, in quella pietra miliare che e' Lo stato atomico, mettono in pericolo cittadini e democrazia, perche' "una catastrofe atomica puo' essere provocata da un difetto tecnico, dall'umana incapacita' o da un'azione malvagia". Con l'invasione di uno Stato che ha sul proprio territorio la centrale di Chernobyl, dove il 26 aprile 1986 e' avvenuto il piu' grande disastro nucleare della storia, sembra iniziata la realizzazione della profezia di Jungk: abbiamo tremato quando, nel febbraio 2022, dopo scontri violenti nell'area di esclusione di 30 km intorno all'impianto, il sarcofago del reattore 4 venne preso in consegna da reparti speciali dell'esercito russo. E poi quando, nella notte fra il 3 e il 4 marzo 2022, venne colpito e prese fuoco un edificio adiacente la centrale di Zaporizhzhia; e ancora, dall'agosto 2022, continui allarmi su blackout elettrici, fino alla "significativa discrepanza" denunciata dall'Aiea sui dati relativi al livello dell'acqua necessaria per raffreddare i reattori della centrale, messa in discussione dal crollo della diga idroelettrica di Kakhovka sul fiume Dnipro.
"L'atomo per la pace non si distingue dall'atomo per la guerra", scriveva Jungk: entrambi sono oggetto di rischi militari e di terrorismo, prevedono un governo autoritario e devono sottostare a rigide regole e segreti.
Nel 1957, nel discorso che tenne a Stoccolma per il conferimento del Nobel per la Letteratura, Albert Camus diede voce all'angoscia vissuta dalla propria generazione nell'abitare un pianeta che pareva sempre piu' assomigliare a una bomba innescata: "Questi uomini, nati all'inizio della prima guerra mondiale, che avevano vent'anni nel momento in cui si installavano a un tempo il potere hitleriano e i primi processi rivoluzionari, e che dovettero poi confrontarsi, per perfezionare la propria educazione, con la guerra di Spagna, la seconda guerra mondiale, l'universo concentrazionario, l'Europa della tortura e delle prigioni, devono oggi far crescere i loro figli e le loro opere in un mondo minacciato dalla distruzione nucleare".
Infatti e' qui che siamo cresciuti, cittadini inermi, ciechi, cui e' stato inoculato il veleno della relativizzazione, ingaggiati in un gioco mortale di cui non siamo nemmeno comparse. La paura nucleare e' nuova, nella storia umana, scriveva Primo Levi in Eclissi dei profeti, e' "strana e informe: e' troppo vasta per essere razionalmente accettata. Non ci pesa addosso come sarebbe da aspettarsi: ha assunto la forma di un oscuro disagio, dovuto alla novita' della nostra condizione, alla quale non siamo preparati".

3. L'ORA. PASQUALE PUGLIESE: AL VERTICE NATO DI VILNIUS E' FINITO IL "NEUTRALISMO ATTIVO" VOLUTO DA OLOF PALME: NIENTE DI BUONO SI PROSPETTA ALL'ORIZZONTE
[Riceviamo e diffondiamo]

Il vertice Nato di Vilnius, mentre non ha sciolto tutti i nodi per il famigerato ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza atlantica, che trasformerebbe la guerra in Ucraina hic et nunc in una guerra mondiale nucleare, ha sancito due risultati nefasti: l'ulteriore aumento delle spese militari dell'Alleanza (come ha evidenziato Francesco Vignarca su "il manifesto" del 12 luglio, L'unica intesa e' sull'aumento delle spese militari) e l'ufficializzazione del prossimo ingresso della Svezia nell'Alleanza, dopo aver accettato le condizioni poste dalla Turchia sulla pelle dei kurdi, che non potranno piu' avere in quel paese asilo politico in fuga dalla repressione turca, alla quale saranno riconsegnati. Al di la' dell'incredibile doppio standard del sottostare ai diktat di un "dittatore" (Draghi dixit) amico, come Erdogan, che opprime un popolo per fare la guerra ad un altro dittatore, come Putin, che fa lo stesso ma e' nemico, l'ingresso della Svezia nella NATO mette definitivamente - e pericolosamente - la pietra tombale sul sogno di Olof Palme del "neutralismo attivo" tra i blocchi contrapposti.
Era la visione di un socialista che, dopo la piu' volte evocata Conferenza di Helsinki del 1975, trasformava il tradizionale neutralismo della Svezia in "attivo" come azione positiva e propositiva per il disarmo, il dialogo, la cooperazione internazionale, senza risparmiare puntuali critiche agli opposti militarismi, statunitense e sovietico. Operando, al contempo, per costruire ponti tra l'Est e l'Ovest per un'Europa unita nel nome della pace, e tra il Nord e il Sud del mondo per un pianeta giusto nel nome dell'uguaglianza, al punto da costruire nel 1980 la Commissione internazionale per la sicurezza e il disarmo, che prendera' il nome di "Commissione Palme", impegnata strenuamente contro il riarmo nucleare dell'Europa degli anni '80 (si veda su questo Aldo Garzia, Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo, 2007). Sulle strade dei costruttori di pace degli anni '70 e '80 del secolo scorso, Olof Palme incontrera', tra gli altri, il comunista italiano Enrico Berlinguer, il quale - pur non chiedendone l'uscita dalla Nato - configura per il nostro Paese un ruolo di presenza critica e autonoma, capace, a sua volta, di fare da ponte tra mondi diversi, in un'ottica di disarmo e cooperazione europea ed internazionale, cosi' come lui fa con il Partito Comunista Italiano, posizionandolo decisamente all'interno del movimento pacifista (si veda su questo Enrico Berlinguer, La pace al primo posto. Scritti e discorsi di politica internazionale (1992-1984), a cura di Alexander Hobel, 2023).
Olof Palme, scomodo a molti, sara' ucciso da primo ministro in carica il 28 febbraio 1986. Al contrario di Berlinguer, morto due anni prima, avrebbe fatto appena in tempo a vedere l'elezione di Michail Gorbacev al vertice dell'Unione Sovietica, che avrebbe messo in pratica elementi concreti di una visione internazionale non molto dissimile da quella promossa da Palme (e Berlinguer): moratoria unilaterale sui test delle armi nucleari nel luglio del 1985 e poi ritiro unilaterale di 50.000 soldati dall'Europa orientale, smobilitazione di 500.000 truppe sovietiche, ritiro militare dall'Afghanistan nel 1989, non ingerenza nell'autodeterminazione dei popoli dei paesi dell'ex Patto di Varsavia, fino a consentire l'abbattimento del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania. Ossia la visione e la costruzione di un nuovo ordine globale fondato sulla cooperazione e l'interdipendenza egualitaria e pacifica per un'Europa unita dall'Atlantico agli Urali. Senza muri, alleanze militari contrapposte e corse agli armamenti.
"Grande e' il pericolo che incombe sull'umanita'. Ma quest'ultima dispone di ingenti forze per scongiurare la catastrofe e aprire la strada che conduce ad una civilta' senza armi nucleari. La coalizione della pace, che sta accumulando le forze e che unisce gli sforzi del movimento dei non allineati, del gruppo dei "Sei", di tutti i paesi, partiti politici e organizzazioni sociali amanti della pace, ci da' motivo di speranza e di ottimismo. E' arrivato il momento di azioni decisive e improrogabili". Avrebbe scritto Michail Gorbacev - tra le altre cose - insieme al presidente indiano Rajiv Gandhi, nella Dichiarazione di New Delhi sulla nonviolenza in occasione della visita in India il 27 novembre 1986, che ne anticipava le azioni successive.
Ma le cose sono andate molto diversamente da come Palme, Berlinguer, Gorbacev e milioni di donne e uomini costruttori di pace avevano immaginato: la Nato non solo non si e' sciolta, come il Patto di Varsavia, ma si e' espansa ad Est paese dopo paese (e spende in armi piu' di quattro volte di Russia e Cina messe insieme); gli USA dal 1991 in avanti hanno esportato la guerra ovunque sul pianeta; la Russia si e' consegnata all'autocrazia nazionalista; le spese militari mondiali si moltiplicano; la guerra dilaga ed e' tornata anche in Europa, per la seconda volta, con un nuovo pericoloso confronto armato internazionale tra Russia e Nato sul territorio ucraino. E con l'ingresso acritico nell'Alleanza atlantica anche della Svezia, e la fine definitiva del "neutralismo attivo", niente di buono si prospetta all'orizzonte per l'Europa. Mentre le armi nucleari distendono minacciosamente, di nuovo, la loro ombra sull'umanita'.

4. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: IL SONNO DELLA RAGIONE
[Dalla newsletter di "Costituente Terra" n. 125 del 12 luglio 2023 (e-mail: notizieda at costituenteterra.com, sito:www.costituenteterra.it ) riprendiamo e diffondiamo]

Cari amici,
Si e' tenuto a Vilnius il vertice della NATO, che ha accolto la Finlandia e dato il benvenuto alla Svezia nell'Alleanza. Alla Russia sono state dettate condizioni di resa, fin sulla soglia, che si e' stati pero' ben attenti a non oltrepassare, di una dichiarazione di guerra. All'Ucraina, cui si assegna il compito di  sconfiggere la Russia, sono stati promessi ponti d'oro per la completa integrazione nella NATO, giunta peraltro gia' alla conclamata "interoperabillita'" tra le relative Forze Armate, inclusa una perenne fornitura di armi, beffardamente definite "non letali". Tutto cio' con la spensierata idea che non si rischi in tal modo la guerra mondiale.
Come interpretazione autentica di queste decisioni vale cio' che, andando a Vilnius, il presidente Biden ha detto In un'intervista alla CNN, in cui ha fornito un quadro di come concepisca la NATO, cosi' contraddittorio da renderla assurda.
Biden ha detto che, finche' c'e' la guerra, l'Ucraina non puo' entrare nella NATO, perche' cio' significherebbe entrare tutti in guerra con la Russia, e anzi, con l'Ucraina nella NATO "se la guerra e' in corso, allora siamo tutti in guerra con la Russia".
Questa e' una cosa che tutti sapevano, ma che nessuno aveva osato dire in modo cosi' perentorio, e ora dopo un anno e mezzo di guerra da' clamorosamente ragione a Putin che proprio per questo l'ha fatta, per non trovarsi in guerra con gli Stati Uniti e tutto "l'Occidente allargato" una volta che la NATO fosse giunta ad inglobare l'Ucraina. E' chiaro infatti che una guerra di tale natura avrebbe segnato la fine della Russia, e messo a rischio l'America. Dunque Putin ha fatto un favore anche a Biden, che ricambia, come fosse anche lui un "putiniano", dicendo che l'Ucraina "non e' pronta" a questo ingresso, "perche' ci sono altri requisiti che devono essere soddisfatti inclusa la democratizzazione" (Putin piu' brutalmente l'ha chiamata "denazificazione"), che e' l'altra ragione dell'invasione. Da qui l'ira di Zelensky, lasciato da solo ad officiare il sacrificio.
Nello stesso tempo Biden, ribadendo che, finita la guerra, le porte della NATO saranno "aperte" all'Ucraina, ha istituito la condizione per la quale questa guerra non deve finire mai, perche' se la guerra venisse meno la Russia di nuovo rischierebbe la fine, e dunque finche' la NATO e' NATO, e l'Ucraina confina con la Russia, mai piu' potra' esserci pace in Europa. Se questa e' la pena inflitta all'Ucraina, il fine pena non arrivera' mai.
Il fatto e' che Biden, mentre vuole la guerra in Ucraina senza fine, tant'e' che ora le manda perfino le bombe a grappolo ed intende continuare a fornirle "armi e sicurezza come gli USA insieme agli alleati fanno per Israele" non vuole affatto entrare in guerra con la Russia perche' sa benissimo che questa sarebbe la fine anche per gli Stati Uniti; e se c'e' una costante della politica dell'America attraverso tutti i suoi presidenti e nel passaggio da un'epoca all'altra, dalle guerre mondiali del Novecento alla guerra fredda alla guerra "a pezzi" di oggi, e' che la guerra contro la Russia in nessun modo si deve fare, Cuba docet. E tuttavia l'attuale programmazione americana, espressa nei documenti scritti della Casa Bianca e del Pentagono dell'ottobre scorso, contempla che entro il decennio la Russia deve essere messa fuori gioco per poi passare alla sfida finale con la Cina.
Mettendo insieme tutti i postulati di questo teorema, ne viene fuori il seguente risultato: la Russia deve essere debellata ma non con la guerra a campo largo, l'Ucraina deve continuare a combattere a questo scopo in nome e per conto altrui, perche' non fa problema la sua fine: sempre del resto il sacrificio della vittima e' stato considerato salvifico (per gli altri); la NATO, e' fatta per la guerra e a tal fine armata fino ai denti e fonte di spese militari e profitti infiniti distolti da altri necessari e nobili scopi, ma l'unica cosa che non puo' fare e' la guerra; e se con la Russia gli Stati Uniti non possono ne' vogliono fare la guerra, tanto meno la faranno entro il decennio contro la Cina, nonostante la "sfida culminante" annunciata oggi a tutte lettere contro di lei. E il mondo, e noi? Noi e il mondo dovremmo stare a guardare tranne che questo meccano fatto di contraddizioni, perversita' e algoritmi non imploda, per imprevedibili e percio' incontrollabili eventi, e tutto finisca nell'Armageddon.
Per questa ragione glielo dobbiamo dire all'America, che la sua politica e' completamente sbagliata. Glielo dobbiamo dire se le siamo alleati, se siamo la civilta' e perfino la religione che l'abbiamo data alla luce. Possiamo anche ammettere che il suo movente non sia quello di voler dominare il mondo come un unico Impero, ma sia  l'ossessione della sua sicurezza in un mondo giudicato come pericoloso e cattivo, da dover tenere percio' sotto scacco, nella memoria storica manichea dei Padri pellegrini e del West. Ma dobbiamo dire all'America che ci sono piu' cose in cielo e in terra che non nell'"American heritage", che ci sono altri modi di stare al mondo che armarsi fino ai denti e schierarsi nella lotta tra il Bene e il Male. Dobbiamo dire all'America: "no, non cosi'", se le siamo amici, o se siamo addirittura disposti ad accettarne la leadership, ma per fare migliore il mondo, non per distruggerlo.
Nel sito pubblichiamo un discorso di Robert Kennedy Jr., in cui ha ammonito il suo Paese che ogni Impero si dissolve se sparge il suo esercito in mezzo mondo, un'analisi sul "sonno della ragione" dell'ex ambasciatore Carnelos, e una poesia di Erri De Luca sul pasto dei pesci nel Mediterraneo.
Con i piu' cordiali saluti,
Costituente Terra (Raniero La Valle)

5. INCONTRI. A VITERBO UNA SETTIMANA DI INCONTRI DI STUDIO SU STORIA, CULTURE E RESISTENZA DEI POPOLI NATIVI AMERICANI NELL'AMBITO DELL'INIZIATIVA PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Da lunedi' 10 luglio a sabato 15 luglio 2023 si e' svolta a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", una settimana di incontri di studio su storia, culture e resistenza dei popoli nativi americani nell'ambito dell'iniziativa per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.
La mattina di lunedi' 10 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di Jean Pictet, L'epopea dei pellerossa, Mursia, Milano 1992, 2008, pp. 704 + 32 pp. di inserto fotografico (segnaliamo che di questa opera esiste anche un'altra traduzione italiana con diverso titolo: Jean Pictet, La grande storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 2000, 2 voll. per complessive pp. XII + 832).
La mattina di martedi' 11 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di Raffaele D'Aniello, Dizionario degli indiani d'America, Newton Compton, Roma 1999, 2007, pp. 622.
La mattina di mercoledi' 12 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di Nelcya Delanoe, Joelle Rostkowski, La presence indienne aux Etats-Unis. Anthologie d'un defi a' l'oubli, L'Harmattan, Paris 2015, pp. 252.
La mattina di giovedi' 13 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di Elise Marienstras, La resistance indienne aux Etats-Unis, Gallimard-Julliard, Paris 1980, 2014, 2020, pp. 252 (+ un inserto fotografico di 16 pp.).
La mattina di venerdi' 14 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di Claude Fohlen, Gli indiani d'America. La questione indiana negli Usa e in Canada, Datanews, Roma 1999, pp. 112, e sul libro di Philippe Jacquin, Storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 1977, pp. 208.
La mattina di sabato 15 luglio 2023 si e' svolto un incontro di studio sul libro di William W. Newcomb jr., Gli indiani del Nord-America, Il Bagatto, Roma 1985, pp. 268, e sul libro di Dean Snow, Gli Indiani d'America: archeologia e civilta', Newton Compton, Roma 1979, pp. 222 (con un inserto fotografico di 48 pp.).
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Gli incontri si sono svolti nell'ambito dell'iniziativa affinche' il Presidente degli Stati Uniti d'America conceda finalmente la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Le persone partecipanti al ciclo di incontri di studio rinnovano l'invito a scrivere al Presidente Biden per chiedere che Leonard Peltier torni libero.
I messaggi (anche molto semplici, come ad esempio: "Free Leonard Peltier") possono essere inviati attraverso la seguente pagina web della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una sintetica esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".

6. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

7. REPETITA IUVANT. GIUSEPPE VACCA: ANTONIO GRAMSCI (2002) (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA)
[Dal sito www.treccani.it riproponiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Opere. Le principali edizioni degli scritti e delle lettere del G. (tutte, salvo diversa indicazioni pubblicate a Torino presso Einaudi) sono le seguenti.
Gli scritti politici sono stati editi in due serie successive. Nella prima comparvero: L'Ordine nuovo 1919-1920, 1954; Scritti giovanili 1914-1918, 1958; Sotto la Mole 1916-1920, 1960; Socialismo e fascismo. L'Ordine nuovo 1921-1922, 1966; La costruzione del partito comunista 1923-1926, 1971. La seconda serie comprende: Cronache torinesi 1913-1917, a cura di S. Caprioglio, 1980; La Citta' futura 1917-1918, a cura di S. Caprioglio, 1982; Il nostro Marx 1918-1919, a cura di S. Caprioglio, 1984; L'Ordine nuovo 1919-1920, a cura di V. Gerratana - A.A. Santucci, 1987.
I quaderni del carcere furono dapprima pubblicati in edizione tematica (Il materialismo storico e la filosofia di B. Croce, 1948; Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, 1949; Il Risorgimento, 1949; Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, 1949; Letteratura e vita nazionale, 1950; Passato e presente, 1951), quindi nell'edizione critica dell'Istituto Gramsci: Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, I-IV, 1975.
La corrispondenza dal carcere ebbe una prima edizione in Lettere dal carcere, 1947. Nuove acquisizioni (2000 pagine di G., a cura di G. Ferrata - N. Gallo, I-II, Milano 1964) e nuovi criteri furono alla base di una successiva edizione delle Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio - E. Fubini, 1965. Alcune nuove acquisizioni in Lettere dal carcere, I-II, a cura di A. A. Santucci, Roma 1987, e in Lettere dal carcere, I-II, a cura di A.A. Santucci, Palermo 1996.
Altri carteggi o carteggi parziali in P. Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano nel 1923-1924, in Annali dell'Istituto G. Feltrinelli, III (1960), pp. 388-529, poi in Id., La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano nel 1923-1924, Roma 1962, e, con prefaz. di P. Spriano, ibid. 1984; Forse rimarrai lontana. Lettere a Iulca 1922-1937, a cura di M. Paulesu Quercioli, Roma 1987; Lettere 1908-1926, a cura di A.A. Santucci, 1990; A. Gramsci - T. Schucht, Lettere 1926-1935, a cura di A. Natoli - C. Daniele, 1997; G. a Roma, Togliatti a Mosca. Il carteggio del 1926, a cura di C. Daniele, con un saggio di G. Vacca, 1999.
Le principali edizioni straniere delle lettere e degli scritti sono: Lettres de prison, a cura di H. Albani - Ch. Depuyper - G. Saro, Paris 1971; Selections from the prison notebooks, a cura di Q. Hoare - G. Nowell-Smith, London 1971; Cartas desde la carcel, a cura di E. Benitez, Madrid 1972; Briefe aus dem Kerker, Frankfurt a.M. 1972; Ecrits politiques, a cura di R. Paris, I-III, Paris 1974-80; Escritos politicos 1917-1933, a cura di J.C. Portantiero, Mexico 1977; Selections from political writings, a cura di Q. Hoare, I-II, London-New York 1977-78; Cahiers de prison, a cura di R. Paris, I-V, Paris 1978-96; Cuadernos de la carcel, I-IV, ed. critica dell'Ist. Gramsci a cura di V. Gerratana, Mexico 1981-86; Selections from cultural writings, a cura di D. Forgacs - G. Nowell-Smith, London 1985; Prison letters, a cura di H. Henderson, Edinburgh 1988; Gefaengnis Hefte, Hamburg 1991-98; Briefwechsel mit Giulia Schucht, Frankfurt a.M. 1985; Prison notebooks, I-II, a cura di J. Buttigieg, New York 1992-96; Letters from prison, a cura di F. Rosengarten, I-II, New York 1994; Further selections from the prison notebooks, a cura di D. Boothman, London 1995.
Fonti e bibliografia: Di peculiare importanza per la storia della ricezione e della fortuna del pensiero del G. nella cultura italiana e internazionale sono gli atti dei convegni, organizzati con cadenza decennale dall'Istituto poi Fondazione Istituto Gramsci: Studi gramsciani. Atti del Convegno… 1958, I-II, Roma 1958; G. e la cultura contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani... Cagliari... aprile 1967, a cura di P. Rossi, I-II, Roma 1969; Politica e storia in G. Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, Firenze... 1977, a cura di F. Ferri, I-II, Roma 1977; G. e il Novecento. Atti del Convegno internazionale per il LX anniversario della morte di G., Cagliari, ... 1997, a cura di G. Vacca, I-II, Roma 1999.
La bibliografia internazionale gramsciana e' un "work in progress" del quale sono stati pubblicati i primi due volumi: Bibliografia gramsciana 1922-1988, a cura di J. M. Cammett, Roma 1991; Bibliografia gramsciana. Supplement updated to 1993, a cura di J.M. Cammett - M.L. Righi, Roma 1995.
Di seguito viene indicata la bibliografia utilizzata per la ricostruzione della vita e del pensiero del G. proposta in questa voce: E. Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1943. Quindici anni dopo. 1945-1960, I-II, Bari 1966, ad ind.; P. Togliatti, G., a cura di E. Ragionieri, Roma 1967; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I-V, Torino 1967-75, ad indices; G. Nardone, Il pensiero di G., Bari 1971; F. De Felice, Serrati, Bordiga, G., e il problema della rivoluzione in Italia. 1919-1920, Bari 1972; M.L. Salvadori, G. e il problema storico della democrazia, Torino 1972; L. Paggi, A. G. e il moderno principe, I, Nella crisi del socialismo italiano, Roma 1972; E.H. Carr - E. Davies, Le origini della pianificazione sovietica, Torino 1972, ad ind.; E. Garin, Gli intellettuali italiani del XX secolo, Roma 1974, ad ind.; L. Paggi, La teoria generale del marxismo in G., in Annali dell'Istituto G. Feltrinelli, 1974, pp. 1319-1370; A. Agosti, La Terza Internazionale. Storia documentaria, I-III, Roma 1974-79, passim; J.M. Cammett, A. G. e le origini del comunismo italiano, Milano 1974; Il Rinascimento: storia di un dibattito, a cura di M. Ciliberto, Firenze 1975, ad ind.; C. Buci-Glucksmann, G. e lo Stato. Per una teoria materialistica della filosofia, Roma 1976; G. Nardone, L'umano in G. Evento politico e comprensione dell'evento politico, Bari 1977; P. Spriano, G. e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino 1977; A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Milano 1978; F. De Felice, Introduzione ad A. Gramsci, Americanismo e Fordismo. Quaderno 22, Torino 1978; M. Ciliberto, Come lavorava G. (Varianti vichiane), in Id., Filosofia e politica nel Novecento italiano. Da Labriola a "Societa'", Bari 1982, pp. 263-313; G. Francioni, L'officina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei "Quaderni del carcere", Napoli 1984; L. Paggi, Le strategie del potere in G. Tra fascismo e socialismo in un solo paese 1923-1926, Roma 1984; V. Gerratana, G. Problemi di metodo, Roma 1987; P. Spriano, G. in carcere e il partito, Roma 1988; A. Natoli, Antigone e il prigioniero, Roma 1990; G. Vacca, G. e Togliatti, Roma 1991; N. Bobbio, Saggi su G., Milano 1991; C. Natoli, G. in carcere: le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale (1932-1933), in Studi storici, XXXVI (1995), pp. 295-352; Id., Le campagne per la liberazione di G., il PCd'I e l'Internazionale (1934), ibid., XL (1999), pp. 77-156; G. Vacca, Sraffa come fonte di notizie per la biografia di G., ibid., pp. 5-37; Id., Appuntamenti con G. Introduzione allo studio dei Quaderni del carcere, Roma 1999; Id., in G. a Roma, Togliatti a Mosca. Il carteggio del 1926, pp. 3-149; P. Togliatti, Scritti su G., a cura di G. Liguori, Roma 2001.

8. NUOVI RACCONTI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: UNA BELLA FOTO

- Ha visto?
- Prego?
- Guardi, guardi.
- Cosa?
- Il mio telefonino, no? Lo vede? E' mio figlio.
- E' un bel ragazzo, congratulazioni.
- E questa e' mia moglie.
- Una bella signora, congratulazioni, congratulazioni.
- Aspetti un attimo, adesso le faccio vedere anche... Un momento solo. Ecco, mia madre e mio padre.
- Perbacco, ancora cosi' giovani?
- Beh, la fotografia e' di qualche anno fa. Ma ne ho anche altre piu' recenti. Aspetti, eh. Un attimo soltanto... Ecco, guardi.
- Questa e' una fotografia recente?
- Si'.
- Ma sono ancora proprio giovanili, congratulazioni, congratulazioni vivissime.
- Aspetti che le faccio vedere anche la casa.
- Ma no, grazie, lei e' molto gentile, ma...
- E che ci vuole? Le ho tutte qui nel telefonino le foto. Che ci vuole?
- Va bene.
- Ecco, questa e' la casa. Niente male, eh?
- Una bella casa, una signora casa. congratulazioni, davvero.
- Le faccio vedere anche la casa dei miei, guardi.
- Anche questa e' una bella casa.
- Aspetti, guardi anche il salotto.
- Non occorre...
- Ma no, guardi, guardi. Ha notato il tavolo e le sedie? Che ne dice, eh?
- Eh si', sono proprio bei mobili, mobili di pregio.
- E' vero, eh?
- Si', si'.
- E guardi, guardi qua.
- Cos'e'?
- Il giardino, no?
- Ah, certo, il giardino. Un bel giardino, poffarbacco.
- E vede qui in fondo, vede?
- Non bene, in verita'.
- Un attimo che adesso ingrandisco.
- Ma cosa sono?
- Ingrandisco ancora, aspetti.
- Ma... ma...
- Si', sono proprio i cadaveri di mia madre, di mio padre, di mia moglie e di mio figlio.
- Ma... sono morti?
- Si', li ho uccisi io.
- Lei?
- Non altri.
- Ma perche'?
- Non lo so, ma mi dica se non e' una bella foto, eh?

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Georges May, Rousseau, Seuil, Paris 1961, 1994, pp. 208.
- Jean Starobinski, Montesquieu, Seuil, Paris 1953, 1989, pp. 192.
*
Riedizioni
- Georges Simenon, Il borgomastro di Furnes, Adelphi, Milano 1994, Gedi, Torino 2023, pp. 208, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- Georges Simenon, I superstiti del Telemaque, Adelphi, Milano 2020, Gedi, Torino 2023, pp. 188, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4898 del 17 luglio 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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