[Disarmo] L’America bacchetta Kiev sulle scelte militari. Divergenze sempre più profonde sulla conduzione della guerra



Secondo gli alleati gli ucraini dovrebbero concentrare le brigate a sud riducendo l’impegno a Est per tagliare le linee di comunicazione che portano in Crimea

Questioni di strategia: gli alleati non condividono tutte le scelte militari di Kiev. E, come è avvenuto in passato, fanno trapelare il dissenso sui media. A ripetizione. Prima sulle pagine del Financial Times, ora sul New York Times. Il 10 agosto il Capo di Stato maggiore americano, generale Mark Milley, il suo collega britannico Tony Radakin e il comandante delle forze Usa in Europa, Christopher Cavoli, hanno avuto una teleconferenza con i vertici ucraini durante la quale hanno esercitato forti pressioni. L’Ucraina – è il suggerimento riportato dal quotidiano statunitense – deve concentrare le sue brigate a sud riducendo l’impegno a Est. Solo così può sperare di avanzare in modo più rapido verso il target primario, ossia il «taglio» delle linee di comunicazione che portano in Crimea.

Secondo la valutazione occidentale l’esercito di Zelensky ha «usato» male le unità a disposizione, ha insistito nel lanciare attacchi per riconquistare Bakhmout, non ha impiegato l’intero potenziale per imprimere una grande spallata. Questo ha portato a sacrifici inutili, con perdite che hanno costretto diverse rotazioni di soldati e con i rimpiazzi non sempre esperti. Gli ucraini hanno spiegato che le operazioni ad oriente servivano per evitare che gli invasori spostassero i loro Battaglioni nel teatro meridionale. Risposta degli Usa: l’obiettivo poteva essere conseguito con un contingente più ridotto. 

Mercoledì nuova reazione del presidente in persona. «Sanno quanti invasori ci sono ad Est? Duecentomila». Per il leader spostare le truppe farebbe proprio il gioco del Cremlino ed avvisa i partner stranieri: «Non rinunceremo mai a Kharkiv, al Donbass, a Pavlograd o al Dniepr». Messaggio dal significato anche politico rivolto a chi auspica compromessi. 


Il contrasto su Bakhmout è ricorrente.
 Il Pentagono aveva già espresso riserve quando il presidente Zelensky aveva ordinato di lottare fino all’ultimo per impedire la caduta della città. Sforzo oneroso concluso dal ritiro. La battaglia per la località, però, è ripresa non appena l’Ucraina ha potuto riorganizzare i ranghi con nuovo materiale ricevuto dalla coalizione ed ha lanciato un assalto riuscendo a riprendere molte zone. Scelta ritenuta in apparenza errata dall’Alleanza.

La seconda «contestazione» riguarda le tattiche. Nei primi giorni dell’offensiva Kiev ha tentato di eseguire manovre coordinate con molti mezzi – dai Leopard ai blindati – seguendo i consigli Nato e mettendo in pratica quanto imparato nel training accelerato. L’azione è stata rallentata dalle difese russe, trincee e postazioni attorniate da immensi campi minati. Conseguenza: mezzi distrutti, tanti morti. Gli ucraini, allora, sono tornati all’antico affidandosi ai plotoni «smontati»,trasportati dai corazzati il più vicino possibile alla prima linea per poi procedere a piedi e cercare di snidare il nemico. Opzione lenta per contenere i danni. Ma con i passi cauti – giustificabili – le dinamiche si sono allungate lasciando spazio a previsioni negative: la «finestra temporale» può chiudersi, le condizioni meteo dell’autunno-inverno saranno sfavorevoli. 

Alcuni osservatori ribattono con alcuni punti: 1. Si sono persi mesi per garantire altri equipaggiamenti mentre Mosca ha avuto la possibilità di costruire bastioni su bastioni e continua a farlo. 2. C’è differenza tra l’annuncio di aiuti e la loro effettiva consegna. 3. Troppo pochi i mezzi anti-mine. 4. Non sono stati dati i sistemi a lungo raggio che avrebbero permesso di bersagliare le artiglierie degli occupanti. 5. Solo ora è stato sbloccato il piano per i caccia F16 , velivoli che non saranno disponibili prima di sei mesi. 6. La prudenza diplomatica della Casa Bianca ha inciso: da un lato Biden ha approvato pacchetti giganteschi di assistenza, dall’altro, ha frenato per evitare l’escalation con Putin che, però, non ha avuto remore a devastare le città dell’Ucraina. 

L’esame di questa fase deve tener conto dell’altro «protagonista», la Russia. Ha imparato dai disastri iniziali, ha corretto – solo in parte – le impostazioni sbagliate, si è attestata al meglio sul territorio, ha usato con abilità le contromisure elettroniche, ha dato fondo al suo arsenale, ha «piantato» mine in ogni centimetro quadrato. Una minaccia, quest’ultima, ampiamente sottovalutata.


Fonte: Corriere della Sera